Roberto Bellarmino nacque a Montepulciano il 4 ottobre 1542 da Cinzia Cervini, sorella di papa Marcello II, e da Vincenzo Bellarmino. Fin da bambino mostrò un forte attaccamento alle cose di Dio, evitando i giochi infantili. Ripeteva ai fratellini le prediche udite e spiegava ai contadini i primi elementi del catechismo. Dopo aver ricevuto con grande fervore la Prima Comunione, iniziò a comunicarsi ogni domenica, cosa insolita per quel tempo, edificando tutti con il suo esempio.
Durante gli studi rivelò subito un’ingegnosa acutezza e una straordinaria sete di sapere. Suo padre desiderava farne un gentiluomo e gli fece studiare anche musica e canto. Tuttavia, Roberto sostituiva con testi sacri i versi profani e dichiarava: «La mia voce non si presta a cantare cose che non siano pure». Mentre cresceva in virtù e in sapere, il padre nutriva grandi speranze mondane su di lui, ma Roberto, preoccupato della salvezza dell’anima, dopo un anno di lotta con la famiglia, ottenne di entrare nella Compagnia di Gesù.
Dopo il noviziato (1560-1561), si trasferì al Collegio Romano per studiare filosofia. Nonostante un grave esaurimento fisico e forti dolori di testa, con pazienza e docilità riuscì ad eccellere, classificandosi primo della sua classe. Successivamente fu insegnante a Firenze e a Mondovì. Nel 1567 si spostò a Padova per studiare teologia, predicando anche a Venezia e a Genova. Pochi anni dopo fu inviato a Lovanio come professore e nel 1570 fu ordinato sacerdote dal vescovo Cornelius Jansenius, celebrando lì la sua prima Messa.
Nel Collegio Romano papa Gregorio XIII istituì una cattedra polemica per difendere la fede cattolica contro gli avversari. Bellarmino ne fu il primo titolare e la sua monumentale opera, le Controversie, gli valse l’appellativo di “Martello degli eretici”. Oltre a ciò, si distinse per la diffusione del Catechismo, che egli stesso insegnava sia ai familiari sia al popolo, nonostante la dignità raggiunta.
Bellarmino fu padre spirituale di San Luigi Gonzaga, ebbe rapporti con San Bernardino Realino e fu provinciale dei Gesuiti a Napoli. La sua fama di santità e di dottrina crebbe così tanto che Clemente VIII, contro il suo volere, lo fece cardinale e arcivescovo di Capua. In questa diocesi esercitò il ministero con grande carità, in particolare verso i poveri, mostrando umiltà e dedizione pastorale.
Nel 1621, lasciato l’appartamento cardinalizio, si ritirò nel noviziato di Sant’Andrea al Quirinale a Roma. Qui si preparò santamente alla morte, recitando con grande pietà e fede il Credo. Morì il 17 settembre 1621, confortato dalla benedizione di Gregorio XV, presentandosi al tribunale divino con la candida stola battesimale intatta.
Per sua volontà fu sepolto inizialmente nella cassa comune dei confratelli gesuiti, senza monumenti particolari.
Un anno dopo la morte, nel 1622, il suo corpo fu riesumato per essere collocato in un monumento più decoroso commissionato da amici e sostenitori, nella chiesa del Gesù a Roma.
Oggi le sue spoglie si trovano nella chiesa di Sant’Ignazio in Campo Marzio a Roma, in un altare laterale, sotto una teca in un altare dedicato a lui stesso.
San Roberto fu anche un prolifico scrittore, autore di 31 opere. Tra le più importanti si ricordano: Le Controversie, il Catechismo, Le ascensioni spirituali della mente in Dio e l’Arte del ben morire. Per la sua dottrina e la sua opera, Pio XI lo proclamò Dottore della Chiesa.
PRATICA. Ci siano di guida queste parole del Santo: « Procura di non mandar nessun povero scontento: se ho poco, dò poco, se avrò di più, darò di più... ».