Beato Giacomo da Varazze

Beato Giacomo da Varazze
Nome: Beato Giacomo da Varazze
Titolo: Arcivescovo di Genova
Nome di battesimo: Jacopo De Fazio
Nascita: 1226 circa, Varazze, Savona
Morte: 1298, Genova
Ricorrenza: 13 luglio
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Beatificazione:
1816, Roma, papa Pio VII


Giacomo nacque nel paese di Varagine (l'attuale Varazze) vicino a Genova nel 1230 circa, e all'età di quattordici anni si unì ai domenicani, diventando successivamente famoso in tutta la Lombardia come influente predicatore. Insegnò teologia e Scrittura in molte case dell'ordine, divenne priore a Genova, e nel 1267 provinciale per la Lombardia, incarico che svolse per diciannove anni. La sua fama fu tale che nel 1286 il capitolo della cattedrale di Genova lo scelse come vescovo, ma egli rifiutò l'incarico.

Due anni dopo, papa Nicolò IV (1288-1292), gli affidò il compito di annullare l'interdetto e altre censure imposte alla città, poiché quest'ultima aveva sostenuto la rivolta siciliana contro Napoli, e nel 1292 fu di nuovo scelto come vescovo. Questa volta la sua riluttanza fu vinta, ed egli fu consacrato vescovo a Roma. I suoi sei anni a capo della sede furono in gran parte scevri di risultati, inoltre non riuscì a portare la pace tra il partito dei guelfi (favorevole al papa) e quello dei ghibellini (che sosteneva l'imperatore), le cui dispute dividevano la città. D'altro canto, fece donazioni a molti ospedali e monasteri e restaurò le chiese danneggiate o abbandonate durante le sommosse civili. Era generoso con i poveri e s'impegnò a correggere la disciplina del clero. Morì nel 1298, e il culto, nato subito dopo la morte, fu approvato nel 1816.

La fama di Giacomo non poggia sui risultati conseguiti durante il suo alto ufficio, ma sul suo capolavoro letterario, la Legenda Sanctorum o, com'è meglio conosciuta, la Legenda aurea, cui talvolta si fa riferimento come Lombardica Historia, scritta da Giacomo tra il 1255 e il 1266, che comprende per la maggior parte le vite dei santi, con brevi brani sulle festività principali dell'anno liturgico della Chiesa. Questa «narrativa coinvolgente, piena di aneddoti e di etimologie curiose» (O.D.C.C.) divenne la raccolta di vite di santi più popolare e più importante del Medio Evo (sono state conservate un migliaio di copie manoscritte del solo testo latino): Giacomo raggiunse il suo fine di scrivere un «libro che il popolo avrebbe letto e il cui messaggio d'amore per Dio e di odio per il peccato non poteva essere frainteso» (B.T.A.). Offrì sei ragioni per la venerazione dei santi, incluso l'onore che tale venerazione recava a Dio, poiché chiunque onori i santi onora colui che, in modo particolare, li ha fatti santi. Inoltre aggiunse: «I loro corpi, essendo stati templi dello Spirito Santo, erano fonte di potere, urna di alabastro dell'ornamento spirituale da cui sgorga il potere di guarigione» (Duffy). L'avvento della stampa incrementò la diffusione del libro: la prima edizione stampata della versione latina comparve a Basilea nel 1470, seguita da versioni in tedesco, italiano, francese e cecoslovacco nei successivi dieci anni; la prima traduzione inglese fu stampata da Caxton nel 1483, e vi furono edizioni successive che includevano altri santi. Nessun altro libro fu ristampato più spesso tra il 1470 e il 1530, anno in cui era stato pubblicato più di un centinaio di versioni differenti, giustificando l'affermazione che fu sicuramente il primo best-seller stampato.

I suoi fini, tuttavia, non erano così diretti come implicherebbero i riferimenti sopra citati. Il libro non era destinato ai laici, ma avrebbe dovuto essere usato dal clero come fonte per le omelie, e Giacomo lo scrisse traendo spunto dalle precedenti raccolte; da questo punto di vista, vi è ben poco di originale, anche se, a ogni modo, non prese semplicemente in prestito del materiale, ma lo modificò e semplificò secondo un criterio molto selettivo, per conferire importanza a una visione particolare della vita spirituale, in sintonia con un più esteso cambiamento d'atteggiamenti in atto nella Chiesa, dimostrato dalle canonizzazioni dopo il 1270 circa.

Aumentarono le canonizzazioni dei monaci, segno dell'allontanamento dal concetto che vivere nel mondo e svolgere un apostolato di carità attivo fossero unici segni di santità, e si conferì una maggior importanza all'erudizione, alla contemplazione, alla mistica, e al sovrannaturale. Una delle loro caratteristiche più comuni è quella di essere "santi dalla nascita", meno "ordinari", con il risultato interessante che vi furono meno penitenti. Papa Innocenzo IV (1243-1254) aveva dichiarato che per la canonizzazione un individuo doveva aver condotto necessariamente una vita virtuosa continua e ininterrotta. La Legenda aurea non era la migliore raccolta medievale delle vite dei santi, e non è facile capire perché divenne la più usata e diffusa, ma sembra che i predicatori la trovassero «eccezionalmente utile» nel xlv e xv secolo (Reames), forse perché il clero regolare era considerato superiore ai laici (e, naturalmente, al clero secolare) e scelse solo quelle parti che si adattavano al nuovo pensiero.

L'opera non era storica, né critica e fu criticata aspramente da umanisti e riformatori successivi, per la credulità che incoraggiava nelle menti dei fedeli (secondo loro rappresentava molti elementi errati nella religione medievale). La sua popolarità diminuì nel xvt secolo, a causa degli attacchi dei protestanti (il vescovo Jewell la usò come prova della sua accusa che i sacerdoti cattolici predicavano «bugie e favole appassionate»), ma alcuni studiosi cattolici del xv e xvi secolo avevano già adottato un approccio critico e volevano sbarazzarsi delle componenti ovviamente superstiziose: Niccolò Cusano, per esempio, nel 1455 proibì al suo clero di insegnare tali aspetti contenuti nella Legenda aurea dei SS. Biagio, Barbara, Caterina, Dorotea e Margherita di Antiochia, poiché contenevano la promessa che gli atti di devozione ai santi in questione avrebbero magicamente garantito la liberazione dalla sofferenza, come la malattia, la povertà, e persino la dannazione (Reames). Non sorprende che alcuni popoli nel successivo Medio Evo, quando la sua fama era al massimo livello, preferirono la più sobria Imitazione di Cristo. La domanda più importante, che questi primi critici cattolici si posero, era se un'opera particolare potesse essere edificante per i suoi lettori, non se era storicamente vera nel nostro senso moderno.

Sono stati fatti alcuni tentativi moderni di riabilitare la Legenda aurea, in base a una linea simile; è stata difesa persino dallo studioso bollandista Delehaye, che ha affermato che si trattava di un'opera di devozione, perciò da non giudicare secondo le norme della critica storica: «La leggenda, come tutta la poesia, può contenere maggiore verità della storia». Ammise che spesso gli faceva nascere un sorriso sulle labbra «ma un sorriso condiscendente e amichevole, che non altera affatto il riscontro religioso suscitato dalla descrizione della bontà e degli atti eroici dei santi» (citato in Reames). Senza negare i meriti letterari e le pie intenzioni del suo autore, a ogni modo, ci si può chiedere quanto sia saggio permettere che le testimonianze sulla "devozione" giustifichino il fatto di rappresentare come verità ciò che è chiaramente incredibile e persino ridicolo.

Giacomo scrisse anche un certo numero di altre opere, tra cui: il Chronicon Genuense, una storia di Genova fino al 1296 e ancora pregiata per i suoi dettagli locali; un insieme di omelie per l'anno liturgico della Chiesa; un Defensorium contra Impugnantes Fratres Praedicatores (una difesa contro coloro che attaccano i domenicani), e una Summa Virtutum et Vitiorum Guillelmi Peraldi (una summa delle virtù e dei vizi nell'insegnamento di Guglielmo Peraldi, un domenicano morto nel 1250 circa). Scrisse anche una serie di omelie sulla Madonna, disposte secondo i suoi titoli e attributi; gli si attribuirono alcune traduzioni della Bibbia in italiano, ma è sorprendente che, nel caso l'abbia veramente fatto, non ci sia pervenuta nessuna copia.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Genova, beato Giacomo da Varazze, vescovo, dell’Ordine dei Predicatori, che per promuovere la vita cristiana nel popolo presentò nei suoi scritti esempi numerosi di virtù.

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