Vitale ed Agricola subirono il martirio nella persecuzione di Diocleziano e Massimiano. S. Agricola, gentiluomo della città di Bologna, faceva pubblicamente professione della religione e pietà cristiana in mezzo ai pagani, ma era sì grande la sua virtù e la bontà del suo cuore, che lo portava a fare del bene a tutti, da conciliarsi la stima e l'amore degli stessi infedeli. Egli ammaestrò nella religione un suo schiavo al quale aveva donato la libertà, di nome Vitale; e questi, riconoscendo nel suo padrone la persona di Cristo, lo serviva con la più grande fedeltà. Così, servendo entrambi Iddio loro comune Signore, in spirito e verità, si aiutavano scambievolmente nella pratica delle opere buone e si animavano a camminare per la strada dei precetti evangelici.
Vitale fu il primo a confessare la fede di Gesù Cristo e precedette il suo padrone nella gloria del martirio, come se, al dire di S. Ambrogio, fosse andato avanti a preparargli il posto in Paradiso. Catturato e condotto innanzi al tiranno, non volle in alcun modo bruciare l'incenso davanti agli idoli; fu pertanto messo alla tortura, e non vi fu membro del suo corpo che non ne restasse piagato. Tuttavia, egli si mantenne sempre forte e costante nel confessare il nome di Gesù Cristo, il quale si degnò di confortarlo con la sua grazia e, per il ministero di un Angelo, gli mostrò la corona che gli stava già preparando. Prima di spirare, fece questa orazione: «Signore mio Gesù Cristo, mio Salvatore e mio Dio, comandate che il mio spirito venga a voi come io desidero, e riceva la corona che il Vostro Angelo mi ha mostrato». Così dicendo, se ne volò al Cielo.
I persecutori speravano di aver atterrito Agricola col supplizio del suo servo e credevano di poterlo facilmente piegare ai loro voleri, cioè di rinnegare Cristo e adorare le divinità dell'impero; per questo differirono di alcuni giorni il suo interrogatorio. Nel frattempo, con una amorevolezza peggiore, come dice S. Ambrogio, del più raffinato odio, andavano esortando Agricola a obbedire agli editti imperiali. Così avrebbe salvato la vita, il suo onore innanzi al mondo e i suoi beni. Ma i loro calcoli erano del tutto errati; il santo, invece di sentirsi atterrito e scosso nella sua fede, aveva, attirato dall'esempio di Vitale, maggior fervore nella pratica della religione di Cristo e provava una santa impazienza di riunirsi al suo fedele servo in Paradiso. Se ne accorsero subito all'inizio del processo, quando Agricola, professando ad alta voce la sua incrollabile fede in Cristo, dichiarò apertamente che nessuna forza e prepotenza di tiranni l'avrebbe piegato ad adorare le false divinità, che non erano altro che immagini di satana. I magistrati e il popolo, udendolo parlare così con tanta fermezza, montarono su tutte le furie: fu condannato a morire crocifisso e il suo corpo venne forato da una quantità così grande di chiodi che in esso vi erano più parti piagate che illese. Ciò avvenne circa nell'anno 304. I due martiri furono sepolti a Bologna nel luogo dove si sotterravano gli ebrei.
S. Ambrogio, nel 393, si recò a Bologna per sottrarsi alle armi del tiranno Eugenio. Racconta S. Paolo nella vita di questo Santo che Dio rivelò il sepolcro dei martiri Vitale ed Agricola al Vescovo. Ma quale Vescovo? Quello locale o quello di Milano, il quale dice di essere stato semplicemente invitato alla festa? Dal testo del biografo di S. Ambrogio non risulta chiaro. Ad ogni modo, l'intervento del santo Vescovo milanese contribuì certamente a dare maggiore celebrità a quella traslazione di martiri. S. Ambrogio stesso prese un po' di sangue che rimaneva ancora in fondo alla tomba, insieme alla croce e ai chiodi, che erano stati gli strumenti del martirio di Agricola. Essendosi poi recato a Firenze per la consacrazione di una chiesa che aveva fatto costruire Giuliana, vedova di Fiorenza, vi depose subito alcune reliquie dei due Santi bolognesi nuovamente scoperti.
Roma inizialmente celebrava S. Vitale il 29 di aprile, giorno indicato pure nel Gerominiano: Bononiae Vitalis. L'odierna festa di entrambi i martiri manca quindi negli antichi Sacramentari ed è stata introdotta solo più tardi nella liturgia romana, quando cioè Vitale venne sdoppiato e, contro la testimonianza di S. Pietro Crisologo, fu ottenuto un Vitale a Ravenna e un altro martirizzato insieme con Agricola anche nella rivale Bologna.