Santa Caterina Fieschi Adorno da Genova

Santa Caterina Fieschi Adorno da Genova
Nome: Santa Caterina Fieschi Adorno da Genova
Titolo: Vedova
Nome di battesimo: Caterina Fieschi Adorno
Nascita: 1447, Genova
Morte: 15 settembre 1510, Genova
Ricorrenza: 15 settembre
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Patrono di:
Lorsica
Beatificazione:
6 aprile 1675, Roma, papa Clemente X
Canonizzazione:
23 aprile 1737, Roma, papa Clemente XII


Caterina Fieschi nacque a Genova nel 1447, quinta e ultima figlia di Giacomo, che secondo alcune fonti, .mori prima della sua nascita, e della moglie, Francesca di Negro. I Fieschi erano una delle grandi famiglie guelfe di Liguria, importanti nella Chiesa e nello Stato a partire dal mi secolo. Sinibaldo Fieschi regnò in modo energico, anche se non sempre edificante, dal 1243 al 1254, con il nome di Innocenzo TV, e vent'anni dopo, suo nipote Ottobono diventò papa per un mese con il nome di Adriano V (t 1276).

La famiglia raggiunse l'apice del potere nel xv secolo, quando un membro, Roberto dei Fieschi, fu eletto cardinale, e il padre di Caterina, che discendeva da un fratello di Innocenzo IV, fu eletto viceré di Napoli per conto di Renato d'Angiò.

Molti dettagli che i primi biografi di Caterina offrono della sua infanzia possono essere probabilmente considerati convenzionali, dati i tentativi a posteriori di migliorare la sua immagine. Assieme ai tre fratelli e alla sorella, ricevette una conveniente educazione religiosa e umanistica, tipica della classe cui apparteneva.

Sembra tuttavia certo che dall'età di tredici anni desiderasse molto entrare nella vita religiosa; sua sorella, Limbania, era già canonichessa del Laterano, e giacché il cappellano del convento era suo confessore, Caterina tentò di persuaderlo a lasciare entrare anche lei. Dopo aver consultato le monache, egli le annunciò che era troppo giovane e le chiese di aspettare; poi accaddero alcuni eventi che fecero volgere la sua vita in una direzione differente.

In mancanza del padre, che a quel tempo era certamente già deceduto, gli altri uomini della famiglia si preoccuparono di pensare alla vita futura; così il 13 gennaio 1463, non ancora sedicenne, Caterina sposò Giuliano Adorno: non si trattava di una scelta personale, ma di un accordo politico.

La famiglia ghibellina degli Adorno, vedendo diminuire le proprie ricchezze, pensò di poterne salvare una parte alleandosi con i potenti Fieschi. Questi si mostrarono favorevoli all'unione, e così Caterina divenne la vittima sacrificale. Non tutti i santi che si dice si sposarono per obbedienza, quando invece avrebbero voluto entrare in monastero, furono in realtà costretti al matrimonio, ma indubbiamente non fu il caso di Caterina.

In passato, gli agiografi hanno avuto la tendenza a denigrare il coniuge dei loro soggetti per mettere in risalto le virtù di questi ultimi, ma anche accettando questo, a livello personale, non si può affermare che il matrimonio di Caterina e Giuliano non fosse difficile. Caterina era bella, molto intelligente, sensibile e profondamente devota; aveva anche ciò che il suo biografo più favorevole, Friedrich von Hiigel, descrisse come «una faticosa veemenza» (in altre parole, molto intensa), ma non il senso dell'umorismo. Giuliano non dovrebbe essere considerato interamente responsabile del fallimento nel comprenderla e apprezzarla, dato che non è facile vivere con persone cui manca il buonumore; inoltre il matrimonio era un accordo politico sia per lui che per lei, e, come dimostrarono gli eventi successivi, il primo ne trasse dei vantaggi.

Egli non ottenne da lei altro che una doverosa sottomissione, alla quale ogni moglie allora era tenuta: indisciplinato, rabbioso di carattere e disordinatamente amante del piacere, le era spesso infedele, come ammise lui stesso, e nei primi cinque anni non fu quasi mai a casa. Abbandonata a se stessa, Caterina comprensibilmente fu colpita dalla depressione, e nei successivi cinque anni, seguendo il consiglio di parenti e amici, tentò di distrarsi prendendo maggiormente parte alle attività sociali e ricreative.

Grazie alla sua bellezza, cultura, e conversazione intelligente, era brillante quando si trovava in compagnia, cosa di cui in seguito si pentì: chiunque l'ascoltasse in seguito, concludeva che il suo precedente comportamento doveva essere stato terribile, ma in questo periodo anche il minimo peccato veniale le sembrava spaventoso. In ogni caso, nessuno dei suoi tentativi contribuì ad alleviare la depressione, ma sembra che in questi dieci anni abbia continuato a osservare la religione. Il 20 marzo 1473, stava pregando in una chiesa sulla costa fuori Genova, dedicata a S. Benedetto (21 mar., al tempo, ora 11 lug.), al quale chiese di «pregare Dio di farmi ammalare e stare in letto per tre mesi» e quando ottenne una risposta a questo grido d'aiuto, anche se in un modo che non si aspettava: due giorni dopo, quando s'inginocchiò davanti al cappellano del convento di sua sorella per la benedizione, fu sopraffatta dalla sensazione di essere amata da Dio, e si accorse di esserne indegna. Il giorno della festa dell'Annunciazione (25 mar.), dopo aver reso una totale e sincera confessione, ricevette la comunione con fervore, per la prima volta dopo tanti anni. Il cambiamento fu totale, e subito dopo si comunicò ogni giorno, fino alla fine della vita, cosa abbastanza rara per i laici e soggetta a critiche; per questo motivo invidiava i sacerdoti.

Fu all'incirca in questo periodo, dopo dieci anni di matrimonio, che il comportamento dissoluto di Giuliano lo portò sull'orlo della rovina finanziaria e personale. Le preghiere di Caterina lo spinsero a riflettere e a riformare il suo stile di vita, fino al punto di diventare terziario francescano. Con lei si trasferì dal loro palazzo in una casetta in un quartiere di Genova molto più povero del necessario, dove vissero insieme, come fratello e sorella, dedicando le loro energie all'assistenza dei malati dell'ospedale di Pammatone, in cui lavorava anche Tommasina Fieschi, una delle cugine di Caterina, una donna allegra e dotata, che diventò canonichessa e poi domenicana alla morte del marito. Apparentemente, non ci furono variazioni nei successivi sei anni, poi nel 1479, la coppia traslocò all'ospedale, e undici anni dopo, Caterina fu nominata direttrice, incarico amministrativo in cui si dimostrò abile, oltre a essere un'infermiera devota, distinguendosi in particolare nel 1493, quando quattro quinti degli abitanti della città morirono di peste.

Caterina stessa rischiò di morire in seguito a una grave infezione virale, contratta da una donna morente che aveva baciato per confortarla. Quasi certamente durante quest'epidemia, incontrò Ettore Vernazza per la prima volta, un avvocato e filantropo genovese che al tempo aveva solo ventitré anni, che aveva la sua stessa visione della vita e condivideva gli stessi ideali.

Ettore, che al contrario di Caterina era felicemente sposato, divenne uno dei suoi devoti ammiratori, e raccolse molti dettagli della sua vita e delle loro conversazioni.

Nel 1496, la salute di Caterina peggiorò, e fu costretta a dimettersi dall'incarico di amministratricc dell'ospedale, sebbene continuasse a vivere con il marito nello stesso edificio. L'anno seguente, poi, Giuliano morì di una malattia dolorosa. «Messer Giuliano è morto», Caterina disse a un'amica. «Come saprai bene, aveva un carattere piuttosto indocile, e io ho sofferto molto dentro di me, tuttavia anche prima della sua morte, il mio tenero Amore mi ha dato la certezza della sua salvezza.» Mostrò una gentilezza e una generosità estrema verso la figlia illegittima di Giuliano, Tobia, e si assicurava costantemente che alla ragazza e alla madre, a cui egli aveva provveduto nel suo testamento, non mancasse mai nulla. Al contrario di Tommasina, Caterina non tentò di entrare nel Terz'ordine, alla morte del marito, e, in realtà, in nessun altro momento negli anni seguenti.

Sembra, infatti, che non abbia avuto nessuna guida spirituale formale dal 1479, anno della conversione di Giuliano, al 1499, quando incontrò un sacerdote secolare, Cattaneo Marabotto, appena nominato rettore dell'ospedale, e sembra che in lui Caterina abbia trovato finalmente qualcuno che riuscisse a capirla.

Dalla sua conversione nel 1473, tuttavia, condusse un'intensa vita spirituale che trovò espressione nell'assistenza instancabile dei malati e dei depressi, sia nell'ospedale sia per tutta Genova, che amava moltissimo. Condusse una vita austera, ma senza esagerazioni, sempre pronta a moderarla, quando il consiglio proveniva dalle autorità ecclesiastiche, mediche o sociali. Il suo carattere era un'attraente fusione di totale altruismo e, come avrebbe affermato von Hiigel, di «presenza» (per esempio, si assicurò a tal punto che le sue proprietà fossero distribuite appropriatamente, da redigere quattro copie del testamento con diversi codicilli). 11 lato mistico del suo carattere la portò a scrivere due opere importanti, un trattato sul purgatorio e un Dialogo tra l'anima e il corpo.

Il S. Ufficio decise che queste da sole erano sufficienti a dimostrare la sua santità, ed effettivamente appartengono alla letteratura mistica migliore, sebbene Alban Butler le descriva semplicemente come «non per la gente comune». È improbabile, infatti, che Caterina abbia scritto anche una sola parola, e Von Hiigel conclude che la figlia di Ettore Vernazza, la ven. Battista, fosse l'autrice del Dialogo e la redattrice finale del trattato sul purgatorio, in cui mette in rilievo la visione di Dio come amore puro ed esigente, ma dimostra allo stesso tempo che quest'insegnamento è davvero di Caterina. Dal 1493 in poi, la salute di Caterina peggiorò, e nel 1507 cedette completamente; negli ultimi mesi, soffrì molto, sebbene nessuno dei dottori che la curavano, compreso Giovanni Battista Boerio, medico principale di Enrico VII d'Inghilterra, potesse diagnosticare la malattia. Alla fine, giacché non presentava sintomi riconoscibili, decisero che si trattava di «un evento soprannaturale e divino». Il 13 settembre 1510 la temperatura si alzò pericolosamente e fu colpita da delirio, e all'alba del 15 morì. Fu sepolta nella chiesa dell'Annunciazione dell'ospedale, e il culto riconosciuto da Clemente X (1670-1676) nel 1675; nel 1737 fu beatificata e Benedetto XIV (1740-1758) aggiunse il suo nome nel Martirologio Romano con il titolo di santa.

Questo titolo fu conquistato a fatica, e Von Hiigel, che nella sua ricca opera in due volumi esamina la vita, l'insegnamento e il significato spirituale di Caterina nel contesto della sua più ampia discussione dei tre «elementi» della religione, rivela la sua intenzione di «tentare di distinguere ovunque ciò che era e non era, con la stessa determinazione», giacché solo così, possiamo raggiungere «una certa adeguata comprensione degli elementi "pietosi" che trovò, e dell'istituzione e nucleo spirituale di gran portata che lasciò in eredità». Il pensiero di Caterina era «privo di umorismo o arguzia», e il suo temperamento «era così eccessivo, da raggiungere vertici più o meno abnormi». Inoltre, «le mancava molto quella sensibilità innocente e naturale, che sembra essere necessaria in una personalità umana completa». Era un organismo psicofisico «molto nervoso, dall'equilibrio instabile, assai sensibile e impressionabile».

In assenza di «una mente e di un volere almeno alla pari del suo» e senza il sostegno di «una religione definita, ricca, e dal punto di vista soprannaturale potente, storica e istituzionale», questo carattere «avrebbe comportato, se non la rovina dal punto di vista morale, almeno un'incapacità che sarebbe durata tutta la vita», ma fortunatamente per lei, poté contare su entrambe.

Nel suo caso, tutte queste qualità grezze e straordinariamente turbolente, erano strettamente ed eccezionalmente legate a una capacità intellettiva e di volontà rara.

Riuscire a ottenere, tuttavia, un modo di fuggire da una tale tirannia, la padronanza di un tale tumulto e l'armonizzazione di un simile caos comportava uno sforzo costante e immenso, un eroismo sempre crescente, e tuttavia santo, e, tramite tutte queste qualità, una corrispondente espansione e una gioia virile.

Si può affermare perciò, la pura e semplice verità che diventò santa perché era necessario, per evitare di cadere in pezzi: doveva letteralmente salvare, come fece, la vita feconda della ragione e dell'amore, combattendo incessantemente il suo sé immensamente sensibile, assoluto e pieno di richieste.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Genova, santa Caterina Fieschi, vedova, insigne per il disprezzo del mondo, i frequenti digiuni, l’amore per Dio e la carità verso i bisognosi e gli infermi.

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