Bruno nacque in Alsazia nel 1002 dal conte Ugo di Egisheim, nobile strettamente legato alla famiglia imperiale. Fu istruito a Toul, già centro di riforma monastica, e, ancora giovane, divenne canonico della cattedrale locale. Nel 1026 guidò parte dell'esercito dell'imperatore Corrado II, suo parente, in una riuscita spedizione in Italia, distinguendosi come condottiero. Si trovava ancora in Italia quando morì il vescovo di Toul e
ne fu nominato successore. Il suo episcopato durò vent'anni ed egli dimostrò di essere un riformatore energico, in particolare attaccando gli abusi clericali che riguardavano la simonia e il non rispetto del celibato e insistendo per una completa riforma dei monasteri della sua diocesi.
Quando morì papa Damaso II nel 1048, l'imperatore Enrico III nominò quale suo successore Bruno, che
fu incoronato papa nel 1049. Entrò a Roma vestito da pellegrino e assunse il nome di Leone
«per richiamare la Chiesa antica, ancora pura». Leone tenne il suo primo sinodo riformatore a Roma nell'agosto 1049 e intraprese una serie di visite ad altri importanti centri d'Europa: presiedette nel complesso più di dodici sinodi (di cui tre a Roma), e in particolare quelli di Pavia, Reims e Magonza nel 1049, Siponto, Salerno e Vercelli nel 1050, Mantova e Bari nel 1053. L'effetto di tali sinodi si diffuse oltre i luoghi in cui erano tenuti poiché vi partecipavano delegati provenienti da diverse diocesi e nazioni e mostravano, più di qualunque altro aspetto del suo pontificato, quanto Leone fosse impegnato nella riforma.
Tali incontri erano principalmente incentrati sugli abusi clericali: Leone aveva un atteggiamento severo contro coloro che avevano ottenuto le nomine con la simonia e il nepotismo; in taluni casi depose vescovi o fece rassegnare le dimissioni, per poi affidare loro nuovamente l'incarico.
Sosteneva con insistenza che i vescovi dovessero essere eletti dal clero e dal popolo in modo da ridurre l'influenza dei poteri laici sulla Chiesa, nonostante lui stesso fosse stato nominato prima vescovo poi papa dall'imperatore.
I sinodi erano anche un'occasione per trattare i casi di eresia, cosa che avvenne nei confronti di Berengario di Tours e della dottrina dell'eucarestia. Certamente tutte queste attività migliorarono l'istituto del papato, il cui primato universale fu sostenuto con forza da Leone al sinodo di Reims.
Leone scelse all'esterno della Curia romana un gruppo di consiglieri capaci e ben disposti alle riforme: Ildebrando, che diventerà papa
S. Gregorio VII (25 mag.), Federico di Liegi, che diventerà papa Stefano IX (1057-1058) e Umberto di Moyenmoutier, poi cardinale di Silva Candida; tra i suoi consiglieri vi furono anche riformatori quali
S. Ugo di Cluny (29 apr.) e
S. Pier Damiani (21 feb.). L'ultimo anno del suo pontificato fu, però, segnato da alcuni fallimenti, in parte imputabili a sue leggerezze.
Nel maggio 1053 condusse infatti personalmente un esercito contro i normanni nell'Italia meridionale per difendere i territori della Chiesa ma fu sconfitto con facilità a Civitella e tenuto prigioniero per alcuni mesi. Pier Damiani, tra gli altri, lo criticò aspramente per questo coinvolgimento militare. Tale spedizione fu l'occasione del suo secondo, e più serio, fallimento: la Chiesa bizantina rivendicava la propria giurisdizione su parti dell'Italia meridionale e sulla Sicilia e il patriarca di Costantinopoli si sentì oltraggiato dal fatto che Leone avesse tenuto un sinodo a Siponto nel 1050 e nominato Umberto arcivescovo di Sicilia, come pure dall'interferenza militare del papa. Questi, volendo ricevere aiuto dall'Oriente contro i normanni, inviò una delegazione a Costantinopoli all'inizio del 1054, infelicemente guidata da Umberto, per tentare di ottenere una riconciliazione. Entrambe le fazioni si mostrarono troppo intransigenti e quando Umberto, superando il mandato, scomunicò pubblicamente il patriarca e i suoi seguaci, questi rispose emettendo la propria scomunica contro Umberto e il papa. Questo fatto avvenne nel luglio 1054 ed è comunemente considerato l'
inizio dello scisma tra Oriente e Occidente. Sebbene Leone fosse già morto quando avvenne lo scisma vero e proprio, è da considerarsi responsabile per l'errata scelta della delegazione.
Nel marzo del 1054 Leone fu riportato a Roma da Benevento, dove era stato tenuto prigioniero. Era già malato e volle essere trasportato nei pressi di S. Pietro, con la bara vicina, così che potesse prepararsi nel modo adatto alla morte. Morì là il 19 aprile e fu immediatamente salutato come santo. Numerosi miracoli furono attribuiti alla sua intercessione e nel 1087 papa Vittore III (16 set.) approvò il culto diffusosi a livello popolare dando sepoltura solenne alle spoglie di Leone in S. Pietro.
MARTIROLOGIO ROMANO.
A Roma presso San Pietro, san Leone IX, papa, che dapprima come vescovo di Toul difese strenuamente per venticinque anni la sua Chiesa; eletto poi alla sede di Roma, in cinque anni di pontificato convocò molti sinodi per la riforma della vita del clero e l’estirpazione della simonia.