Il nuovo Martirologio Romano attribuisce la ragione per cui Pietro ha ricevuto il soprannome di Igneus al fatto che egli «passò illeso attraverso il fuoco».
La storia, che pare ben attestata da una lettera coeva tuttora esistente, narra che i cittadini di Firenze, indignati per il fatto che Pietro di Pavia avesse ottenuto con simonia la nomina alla loro sede, pretesero che la questione fosse decisa dalla prova del fuoco.
Si appellarono quindi ai monaci di Vallombrosa: tra essi si offrì. come volontario per l'impresa Pietro Aldobrandini. Furono preparati c accesi due grandi mucchi di legno, separati tra loro da uno stretto passaggio di appena sessanta centimetri. Mentre il fuoco prendeva vigore, osservato da una folla di tremila persone, Pietro Aldobrandini disse Messa; quindi si tolse la casula e camminò con tranquillità tra i due roghi fiammeggianti, ciascuno lungo tre metri e alto quasi un metro e mezzo, «intrepido nella mente e allegro nel volto, avendo fatto il segno di croce e tenendo in mano il crocifisso L.] Non riportò alcun danno né alla propria persona né a ciò che aveva con sé». Alla fine si volse indietro, pronto a compiere a ritroso il percorso, ma la folla non glielo permise, convinta che Dio avesse già parlato chiaramente. La storia non riporta se Pietro di Pavia fu invitato a sottoporsi alla medesima prova, e quale sia stata la risposta. Sappiamo, tuttavia, che fu deposto dalla sede di Firenze.
Thurston, nella scheda dedicata a Pietro Igneo in B.T.A., sottolinea l'esistenza di innumerevoli racconti provenienti da tutto il mondo relativi ad asceti che hanno compiuto questa stessa impresa (anche se è più comune la pratica orientale di camminare sui carboni ardenti, mentre la vicenda di Pietro pare piuttosto riferirsi a quella dei «tre giovani nella fornace» da Dn 3, 19-50). Egli ipotizza inoltre che sia stato proprio l'esempio di Pietro Igneo a spingere Francesco di Puglia, circa quattro secoli dopo, a proporre la stessa prova al predicatore riformatore Savonarola.
La prova del fuoco era una pratica comune nelle società medievali, un residuo di usanze precristiane. In pratica, essa chiamava Dío come testimone dell'innocenza dell'accusato contro le imputazioni mosse spesso dai ricchi e dai potenti.
Il resto della storia di Pietro narra che papa S. Gregorio VII (25 mag.) lo convocò a Roma e lo nominò vescovo di Albano, carica che implicava il rango di cardinale.
Inviato come legato papale in missioni negli stati italici, in Francia e in Germania, fece infine ritorno a Vallombrosa, morendo in una data generalmente accettata come l'8 febbraio 1089. Baronio introdusse il suo nome nel Martirologio Romano nel 1673.
MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Albano nel Lazio, beato Pietro, detto Igneo perché passato illeso nel fuoco, monaco di Vallombrosa e poi vescovo di Albano, che si dedicò senza posa al rinnovamento della disciplina ecclesiastica.
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