Papa S. Felice viene chiamato nel Martirologio Romano Felice III, visto che si tratta dell'amministratore Felice che governò la Chiesa durante l'esilio di papa Libero, chiamato Felice II. Fu un antenato di S. Gregorio Magno (3 set.) che parlò di lui quando apparve alla zia morente, S. Tarsilla (24 dic.), per chiamarla in cielo. Succedette a papa Simplicio nel 473 in un periodo in cui l'Oriente era in subbuglio in seguito al concilio di Calcedonia: nel suo complesso il concilio non era stato accettato dall'Oriente monofisita ma anche i vescovi cattolici mantenevano riserve per la presunta condanna di S. Cirillo d'Alessandria (27 giu.). La divisione che seguì spinse gli imperatori a intervenire per sistemare la questione, ora usando la forza, ora costringendo i vescovi a firmare documenti imperiali o di una delle due parti.
Acacio, patriarca di Costantinopoli, che sembrò in un primo momento il vero e proprio bastione della fedeltà a Calcedonia, inviò addirittura un legato, Talaia, a corte per assicurarsi che al monofisita Pietro il Balbuziente non venisse assegnata la sede di Alessandria. La corte acconsentì a patto che Talaia non venisse coinvolto personalmente nella disputa. Quando però il patriarca cattolico di Alessandria morì, venne detto proprio Talaia, il quale accettò la nomina e venne di conseguenza disconosciuto dall'imperatore. Scappò quindi a Roma dove trovò papa Simplicio sul letto di morte.
Nel frattempo Acacio aveva cambiato linea d'azione e stava cercando un compromesso con i monofisiti servendosi di un documento, l'Ilenoticon, che egli stesso aveva composto ma che aveva divulgato servendosi del nome dell'imperatore Zenone.
Il documento era rivolto ai vescovi e con esso l'imperatore rassicurava a proposito della propria ortodossia e invocava fedeltà ai concili di Nicea, Costantinopoli ed Efeso, condannava Eutiche, come aveva fatto il concilio di Calcedonia, accettava le dodici tesi di Cirillo contro Nestorio, ma deliberatamente non menzionava assolutamente il concilio di Calcedonia. Ciò equivaleva a un rifiuto del concilio stesso e del Torno di Leone che era considerato la condanna ufficiale dell'eretico Eutiche.
A Roma Talaia accusò formalmente Acacio e Felice III rispose inviando un'ambasciata a Costantinopoli e pretendendo che Acacio desse conto delle accuse. I legati romani, però, vennero arrestati e i loro documenti confiscati; essi, anzi, passarono dalla parte del patriarca: non solo firmando l'Henoticon, ma anche partecipando alla liturgia presieduta da Acacio dando così l'impressione che il patriarca avesse ottenuto l'approvazione di Roma. Un sinodo di settanta vescovi processò e condannò i legati al loro ritorno, censurando esplicitamente anche Acacio e tutti i suoi sostenitori. Lo scisma che ne risultò durò per trentacinque difficili anni ed ebbe fine solo grazie all'ascesa al trono dell'imperatore Giustino.
Non si sa nulla della vita personale di S. Felice III, ma è chiaro che si formò a immagine del suo predecessore: S. Leone Magno (10 nov.). Perspicace, energico e pratico fu fermo e risoluto nella difesa delle decisioni conciliari contro le strumentalizzazioni di imperatori e patriarchi; se Calcedonia rimane una pietra miliare nella storia della cristianità, molto lo si deve a Felice III che non si piegò a un accantonamento di quelle decisioni nemmeno a costo di provocare uno scisma con l'Oriente.
In Occidente Felice aiutò la Chiesa d'Africa dopo le lunghe persecuzioni dei vandali ariani. Morì nel 492 dopo un pontificato di quasi nove anni.
MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma presso San Paolo sulla via Ostiense, san Felice III, papa, che fu antenato del papa san Gregorio Magno.
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