Tutte le informazioni che lo riguardano sono nel complesso contemporanee e attendibili; la maggior parte proviene dalle lettere di S. Cipriano (16 set.), vescovo di Cartagine nel III secolo, mentre altre fonti sono papa S. Cornelio (16 set.) e il Catalogus Liberianus. Cipriano ricorda che Mosè, probabilmente di origine ebrea, era un sacerdote di Roma, capo di un gruppo di sacerdoti, i primi cristiani a morire per la fede durante la persecuzione di Decio (249-251). Mosè e i suoi compagni scambiarono regolarmente lettere di incoraggiamento con Cipriano e il clero di Cartagine, e formarono un fronte unito contro Novaziano, che si era nominato vescovo di Roma, in opposizione al papa eletto legalmente, Cornelio, quando quest'ultimo iniziò a riammettere nella Chiesa persone che erano state costrette all'apostasia durante la persecuzione (Novaziano sosteneva che la Chiesa non aveva il potere di perdonare in questi casi). Dopo che Mosè e i suoi compagni rimasero in prigione per quasi un anno (undici mesi e undici giorni secondo il Catalogus Liherianus), il primo morì probabilmente nei primi mesi del 251 e fu subito acclamato martire. Il cardinale Baronio lo inserì nel mese di novembre nel Martirologio Romano.
MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma, commemorazione di san Mosè, sacerdote e martire, che, dopo l’uccisione del papa san Fabiano sotto l’imperatore Decio, insieme al collegio presbiterale si prese cura dei fedeli; giudicò necessario riconciliare quanti durante la persecuzione avevano rinnegato la fede ed erano in quel momento malati e in punto di morte e, tenuto a lungo in carcere, spesso li consolò riferendo loro le lettere di san Cipriano di Cartagine; coronò, infine, la sua vita con un insigne e mirabile martirio.
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