Basilica della Santissima Annunziata del Vastato

Annunciazione del Signore
Nome: Basilica della Santissima Annunziata del Vastato
Titolo: Dedicazione a Santa Maria Annunciata
Indirizzo: - Agliè


Quando, negli anni tra il 1215 ed il 1219, i Francescani giunsero per la prima volta a Genova e dovettero scegliersi un luogo nel quale porre la propria dimora, presero in considerazione, sulla riva destra del torrente Carbonara, un "guastato", terreno libero fuori delle mura. La cinta muraria, costruita una sessantina di anni prima contro una eventuale calata di Federico Barbarossa, curvava lì vicino andandosi a smorzare sulla Ripa, dove si apriva la Pona dei Vacca.

Nel 1228 la zona fu comprata dagli Umiliati, proveniente dalla Lombardia e i Framcescani si trasferirono sul colle di Castlletto dove fu costruita la chiesa di San Francesco.

La prima costruzione, romanica, si deve agli Umiliati: chiesa minuscola e minuscolo convento. Non si può dire alto, oggi, perchè quelle fabbriche non esistono più.

Intanto la zona veniva popolandosi intorno alla Chiesa di Santa Marta e diventava un sobborgo della città, il Guastato (Vastato). Il XVI secolo arrecò cambiamenti sostanziali.

Dopo quattrocento anni l'ordine degli Umilati si era quasi completamente spento e il caso volle che nella zona tornassero i francescani. Le circostanze politiche nella quale si trovava Genova avevano rese impossibile la vita dei frati nella zona del Castelletto. Chiesero, pertanto, ai reggitori delle cose pubbliche che fosse loro permesso di occupare il luogo e la chiesetta di Santa Marta.

Qui si trasferirono nel 1506 e poichè avevano bisogno di molto spazio, decisero di costruire una nuova chiesa ed un nuovo convento.

Comprarono la zona circostante, ingombra di casupole cresciute nel disordinato modo di tutti i sobborghi delle città, e nel 1520 pianarono ogni cosa ed iniziarono la nuova costruzione.

Il disegno della chiesa, ricalcato sul modello di quella di stile duecentesco francescano che avevano dovuto forzatamente lasciare, fu presentato da padre Cristoforo, allora Ministro provinciale dell'Ordine, e fu realizzato dalle maestranze dei quali conosciamo uno dei capi: Pietro di Gandria.

La nuova chiesa fu chiamata con il titolo di quella appena lasciata: San Francesco.

STORIA


L'edificio aveva pianta a tau lungo braccio trasversale due cappelle per lato fiancheggiavano la cappella maggiore. Questa, sulla parete di fondo presentava una trifora mentre le altre cappelle ricevevano luce da monofore acute. Il corpo principale era diviso in tre navate centrali e due laterali più piccole che, alla fine del XVI secolo, furono occupate dalle cappelle. Le volte, leggermente acute, erano sorrette da colonne di marmo bianco e pietra scura, con capitelli corinzi e poggianti su basi antiche. Questa struttura gotica, nel XVII secolo, fu nascosta sotto il rivestimento marmoreo. Venne riscoperta in parte, dai bombardamenti dell'ultima guerra e rivelati con abile intuizione, dall'architetto Carlo Ceschi.

I frati che avevano costruito il San Francesco del Guastato si trovarono in breve con due chiese perchè, con il nuovo assetto dato da Andrea Doria alla Repubblica, cambiate le situazioni politiche nella zona del Castelletto e nella chiesa di San Francesco tornarono la quiete e l'abitabilità. Vi tornarono anche quei Francescani che erano discesi a costruire il San Francesco del Guastato. Vi furon, così, contemporaneamente e a breve distanza l'una dall'altra due chiese piuttosto ampie, dedicate allo stesso santo, officiate dagli stessi frati.

I Francescani di Castelletto non rimasero al lungo al Guastato. La chiesa era di poco fabbricata e forse neppur del tutto finita nelle sue membrature essenziali, che dovettero lasciarla ad altri Francescani, gli Osservanti.

Costoro, dovendo abbandonare a loro volta chiesa e convento, nella zona dell'Acquasola a fianco dell'ospedale di Pammatone, chiesero al governo della città di potersi trasferire al Guastato, dato che i titolari avevano potuto riavere il convento e la chiesa di Castelletto. Furono accontentati e con le proprie poche cose trasferirono anche il titolo della chiesa: così nel 1537 nacque l'Annunziata del Guastato.

I nuovi occupanti dovettero ampliare subito il convento per renderlo capace di ospitare la numerosa comunità e le esigenze dello studentato teologico che, prima era organizzato nei locali dai quali avevano dovuto sloggiare. Ciò avvenne negli anni che seguirono il 1560 per opera di un giovane frate fra Angelo Giustiniani dei signori di Chio poi vescovo di Ginevra, che vi impegnò gran parte dei beni di famglia integrati con le sovvenzioni dei suoi conoscenti.

Nel 1591 Lorenzo Lomellini, di Francesco, ottenne dai frati dell'Annunziata il giuspatronato della chiesa. Egli divenne il titolare di tutti i diritti che tale forma giuridica comportava e, in cambio si impegnò a strutturare la chiesa secondo quello stile manitristico che le regole estetiche del tempo volevano. Negli undici anni seguenti approfondì raddoppiandola, la cappella maggiore e rinforzo le navate all'incrocio con transetto, impiantandovi sopra la cupola. Nel 1616 i frati rinnovarono il contratto con gli eredi di Lorenzo Lurnellini suoi nipoti appartenenti al ramo dei Tabarca: Giacomo di Filippo (detto il Roto), Giacomo di Nicolò (che poi fu Doge), Gio Battista (che pure fu Dogc) di Stefano, Gio Francesco suo fratello. A questi quattro specialmente al primo si deve il complesso monumentale dell'Annunziata come lo vediamo noi.

I lavori di trasformazione si prolungarono per tutta la metà del XVII secolo, comprendendo il rivestimento marmoreo delle colonne, dei pilastri, delle pareti, dei capitelli: gli stucchi delle pareti e delle volte e gli affreschi che gli stucchi avevano incorniciato. Fu compiuta anche la strutturazione simmetrica delle cappelle nel perimetro interno della chiesa. L'edificio fu allungato di una campata nella sua parte anteriore: così si potè dare una proporzione equilibrata allo spazio interno, cosa rimasta fino ad allora impossibile dato che i padroni di alcuni stabili (Osteria di Santa Marta, Oratorio di San Tommaso, Fienile dei Balbi) non avevano mai accettato di cederlia ai frati. Quello che non era mai riuscita di ottenere la povertà di francescani ottenne, con estrema facilità, l'inesauribile fiume di ricchezza dei Lomellini Tabarca. Fu possibile in tal modo, dare all'edificio anche una facciata: fin ad allora, infatti, la parte anteriore era semplicemente murata, ed i fedeli entravano provvisoriamente dal lato destro del transetto, dove ora è l'altare di Sant'Antonio che si affaccia in Piazza Bandiera. Da questa piazza sono ancora visibili i piedritti, con due medaglie scolpite, di quel passaggio.

Il travestimento marmoreo dell'edificio, secondo gli schemi del tardo manierismo imperante allora in Genova, richiese una decina di anni (dal 1616 al 1625) e fu opera di un Nugolo di marmotari, o piccapietra, diretti dal duo di architetti-scuoltori Domenico Scorticone e Giacomo Porta. Furono impiegate parecchie qualità di marmi, in prevalenza, bianco delle Apuane e rosso di Francia. Poi si pose mano agli stucchi ed agli affreschi. La fasciatura marmorea all'interno delle cappelle - dovuta ai relativi giuspatroni - richiese, invece, lo spazio di tutto l'arco del secolo XVII. Qui si sbizzarrirono i proprietari delle cappelle e la fantasia degli scultori nell'accostare i marmi più svariati.

Sotto questa valanga scomparve completamente lo stile originario della chiesa e nulla rimase che potesse ricordare le forme primitive se non il leggero accenno all'acutezza degli archi, non completamente ovattata dagli stucchi dorati.

L'oro autentico, zecchino, uscito dagli inesauribili forzieri deli Lomellini, si rovesciò liquido su tutti gli stucchi e su di ogni spazio rimasto libero dagli affreschi e dai marmi, di modo che la luce entrando piena degli immensi finestroni, potesse immergere sempre i fedeli in una mistica atmosfera dorata.

Alcune aggiunte compiute nel XVII secolo inoltrato concorsero a mettere in secondo piano lo stile manieristico del rivestimento fatto dallo Scorticone e dal Porta, per dare all'insieme un'intonazione barocca: i due altaroni ai lati del transetto (del 1645 quello di Sant'Antonio, del primissimo 700 quello di San Pasquale), gli stucchi della cupola e la scenografia del presbiterio e del coro, a stucchi e ad affreschi, di Giulio Benso, mostrano una coerenza di linguaggio rara in tutta la storia dell'arte genovese.

Dal 1620 al 1650 anche il convento fu ingrandito. Al primitivo chiostrop, collocato dietro ed a fianco dell'abside, furono aggiunti altri più spaziosi voluti e finanziati da Giacomo Lomellini il Moro. In questi ambienti furono sistemate tutte le officine della provincia francescana ligure, lo studentato di filosofia e teologia con relativi sussidiari scientifici e bibliografici, infermeria per accogliere tutti i frati liguri infermi, invalidi e anziani. Questi locali sono ora proprietà demaniali ed occupati, quasi al completo, dal convitto nazionale (l'infermeria) e dal liceo Cambio Colombo.

L'800 non aggiunse elementi particolarmente validi all'Annunziata. Venne sistemata la cappella in capo alla navata sinistra e giunto il pronao alla facciata. I lavori nella cappella in capo alla navata sinistra si collocano negli anni intorno al 1845. Dei quadri e delle sculture, così pure degli affreschi di Giuseppe Isola. I due altari furono adattati utilizzando, in gran parte, i pezzi precedenti. Il rivestimento in marmo, invece, come il fregio di stucchi in alto e nella cupoletta, è una nota abbastanza stonata nella solenne armonia di tutta la chiesa. Fortunatamente la poca luce dell'ambiente non mette troppo in evidenza queste particolarità.

I progetti per dare una conveniente facciata alla chiesa furono avviati nel 1834 e presentati da Carlo Barabino (Genova 1768-1835). Prevedevano gradinata di accesso, pronao con sei colonne ioniche e frontone, questo sormontato da un altro portico con altro frontone sorretto da quattro colonne corinzie e al centro, la nicchia con la rappresentazione del mistero della Annunciazione. Tale prospetto avrebbe dovuto inglobare tutta la facciata della chiesa, compresi i campanili laterali. L'anno dopo, 1835, scoppio a Genova il colera, morì anche il Barabino e la città dovette pensare a ben altre cose.

Nel 1841 il G. B. Resasco (Genova 1799-1872), succeduto al Barabino, presentò un progetto che riduceva a quello del predecessore adeguandolo ai fondi disponibili: porticato inferiore con sei colonne, frontone dentro al quale avrebbe dovuto essere presentato il mistero che da il titolo alla chiesa, all'interno del porticolo due nicchioni con due grandi allegorie mormoree della religione e della speranza. Approvata tale riduzione di progetto in quello stesso anno, si mise mano ai lavori cominciando dalla scalinata; poi si continuò con lentezza ed assai malavoglia, mentre il capitale di denaro che era a disposizione perdeva sempre più, con il correre degli anni il suo potere di acquisto. Si arrivò in tal modo al 1867: non era stata una facciata; era soltanto stato posto un ingombro di fronte alla facciata. Si bandirono altri concorsi e furono presentati sei progetti, ma non fu possibile trovarne uno che risolvesse la situazione. Ci fu chi pensò che sarebbe stato meglio trasferire il pronao e riportare la facciata allo stato primitivo, ma ormai, anche questa operazione, i fondi non erano più sufficienti.

Facciata della Basilica di Santa Maria Annunziata del Vastato
La facciata


Così la facciata della chiesa rimase incompleta, con quel suo pronao che non la veste, non la decora, la rende impacciata ed ingombra la piazza.

Il nostro secolo portò le bombe con uni parziale distruzione e dopo queste e dopo la guerra, la ricostruzione nelle sue parti essenziali.

Le bombe piovvero negli anni 1943-1944. Caddero in piazza Bandiera, e squarciarono e sfondarono le cappelle della navata destra mandando in frantumi i marmi, gli iffrcschi, gli ori e danneggiando le tele. Caddero nel coro e nel convento e distrussero i marmi, parte degli affresci del Benso e, in parte. l'altare maggiore. Caddero nella metà anteriore della navata sinistra e nelle sue cappelle, distruggendovi completamente ogni cosa.

Dieci anni dopo la guerra, si mise mano alla riparazione dei danni: si rialzarono le mura, si centinarono le arcate crollate si ricomposero — cappella per cappella — i marmi infranti, si ritoccarono persino alcuni affreschi (presbiterio e coro, transetto e seste campate della navatelle) in tal modo si potè riaprire al culto l'intero edificio.

LA DECORAZIONE


L'annunciata vanta la più completa e rappresentativa raccolta d'arte presente a Genova.

Le pitture ad affresco delle navate del transetto e della cupola coprono lo spazio di tempo che va dal 1625 a 1638, e sono dovute ad alcuni tra i migliori artisti del tempo: Domenico Piola, Giovanni Carlone, Gianbattista Carlone, Domenico Fiasella, Andrea Ansaldo, Giulio Benso, Gioacchino Assereto.

Interno Basilica Anninziata del Vastato
L'interno


Nvata laterale sinistra: sei episodi riguardanti Cristo preanninciato nel Vecchio Testamento. Abramo e Malechisedec, sesta campata, affrescato da Gioacchino Assereto, Rebecca al Pozzo quinda campata del Fiasella o di G. B. Carlone; Isacco benedisce Giacobbe, quarta campata, quasi totalmente distrutto, di Domenico Fiasella o di G. B. Carlone; Giuseppe riconosciuto dai fratelli, terza campata, completamente distrutto durante la guerra di G. B. Carlone; Mosè fa scaturire l'acqua, seconda campata, completamente distrutto durante la guerra di G. B. Carlone; Passaggio del Giordano prima campata, in parte distrutto durante la guerra di G. B. Carlone.

Navata centrale: sei episodi tratti dal Vangelo e dalla tradizione. Adorazione dei Magi, Entrata in Gerusalemme, Orazione nel Getsemani (rispettivamente sesta, quinta e quarta campata), Giovanni Carlone; Resurrezione, Cristo Risorto appare a Maria sua madre, Incoronazione di Maria (terza, seconda e prima campata), di G. B. Carlone fratello del precedente.

Il soffitto della navata centrale Annunziata del Vastato
Il soffitto della navata centrale


Navata laterale destra: sei episodi, tratti dagli Atti degli Apostoli, riguardanti Cristo predicato e diffuso nel mondo. Pietro e Giovanni guariscono uno storpio (sesta campata) di Gioacchino Assereto, Predicazione di San Paolo (quinta campata) di Domenico Fasella o di G. B. Carlone; San Giacomo che battezza (terza campata), di G. B. Carlone; Predicazione di San Mitteo (seconda campata), di G. B. Carlone Carlone; Santi Simone e Giuda in Persia (prima campata), di G. B. Carlone.


Nel transetto sono narrati da Giovanni Carlone gli avvenimenti succeduti alla Resurrezione. "Cristo si manifesta ai due discepoli di Emmaus" (parete a sinistra), Cristo appare agli Apostoli (parete di destra), gruppo di "Vergini-martiri" (fronte ai due affreschi precedenti), "Cristo ascende al cielo" (volta di sinistra) Discesa dello Spirito Santo (volta di destra).

Cupola di Andrea Ansaldo
Cupola di Andrea Ansaldo


Nella cupola, ad opera di Andrea Ansaldo si glorifica la Madonna come figlia del genere umano e Madre di Cristo.

LE CAPPELLE


Nelle cappelle della chiesa appaiono molti spazi vuoti dentro alle cornici marmoree. Si tratta di quegli spazi che dovrebbero essere riempiti con le tele tolte nel lontano 1943-1944 ed ammassate nei depositi della Sovrintendenza delle Belle Arti della Liguria.

Mentre ci si augura una ormai possibile rimessa in loco di tante tele, si passa qui in rassegna la quadreria dell'Annunziata seguendo l'attuale collocazione dei dipinti e delle altre opere d'arte. Oltrepassata la porta orientale della facciata, e prima di iniziare la serie di cappelle vi e una nicchia che contiene due statue lignee di grandezza leggermente superiore al naturale, avanzi di un gruppo rappresentante la Spogliazione di Cristo. Le due statue superstiti rappresentano Cristo ed uno sgherro. Tradizionalmente il gruppo veniva attribuito allo scultore A. M. Maragliano (1664-1741).

CAPPELLE DI DESTRA


Prima cappella a destra, dedicata a San Bernardino da Siena. Lato destro: Guglielmo Caccia, detto Il Moncalvo: Natività con adorazione dei pastori e di San Francesco (tela). Lato sinistro Gio Andrea De Ferrari (Genova 1598-1669) - Agar ed Ismaele (tela). Soffitto Gio Battista Cartone - Tre episodi riguardanti la vita di San Bernardino da Siena (affresco) Rivestimento marmoreo della cappella dello scultore Carlo Solaro (attivo nella metà del Seicento). Putti di marmo e cartiglio eseguiti da Daniello Solaro (figlio del precedente)

Seconda cappella a destra, dedicata a San Bonaventura. Lato sinistro. Autore ignoto: Miracolo di San Bonaventura (tela, sempre ed erroneamente attribuita ad Aurelio Lomi). Nicolò Carlone: Beata Giovanna (tela, sopraquadro). Soffitto Gio Battista Carlone: tre episodi della vita di San Bonaventura da Bagnoregio (l’episodio di centro andò quasi completamente distrutto a causa di bombardamenti).

San Domenico in venerazione davanti al Crocifisso Domenico Piola
San Domenico in venerazione davanti al Crocifisso


Terza cappella a destra, dedicata a San Giovanni Battista. Lato destro. Domenico Piola: San Domenico in venerazione davanti al Crocifisso (tela, proveniente dalla distrutta chiesa di San Domenico). Autore ignoto (metà del secolo XVII): San Sebastiano (tela sopraquadro). Lato sinistro. Simon Barabino attivo nei primi vent’anni del Seicento e nativo di Genova: Miracolo di San Diego (tela, collocata prima della guerra, all’altare dell’omonimo Santo nella navata sinistra). Gioachino Assereto: San Girolamo (tela, sopraquadro). Gli affreschi del soffitto opera del Piola, furono completamente distrutti dai bombardamenti. Il rivestimento marmoreo della cappella, con le statue ed i putti è opera dello scultore Daniello Solaro.

Quarta cappella a destra, dedicata a San Luigi IX Re di Francia. Sopra l’altare. Gio Battista Carlone: San Luigi venera la croce (tela). Pareti della cappella. Claudio Francesco Beaumont. Beneficenza di San Luigi e San Luigi tra gli appestati (tele, rispettivamente a destra ed a sinistra). Gli affreschi del soffitto, di Domenico Piola, furono completamente distrutti dai bombardamenti. Il rivestimento marmoreo delle pareti di fondo fu eseguito, su progetto da Pierre Puget da cultori francesi operanti a Genova e da Onorato Pellè, del quale sono gli angeli del fastigio e lo stemma, tra il 1662 ed il 1668. Quello delle pareti laterali è opera di scultori genovesi operanti nei primi vent’anni del settecento.

Quinta cappella a destra, dedicata a San Pietro d’Alcantara. Sopra l’altare Gio Battista Carlone: San Pietro d’Alcantara in estasi (tela). Lato destro. Danielle Crespi: Santa Giovanna (tela). Ludovico Caracci: Riposo durante l’andata in Egitto (tela, sopraquadro). Lato sinistro. Antonio Maria Piola: Madonna con il Bimbo ed i Santi Gregorio e Orsola (tela). Pittore del terzo decennio del Seicento: Cena di Emmaus (tela, sopraquadro). Gli affreschi della volta, distrutti nella guerra, erano di Giuseppe Galeotti.

Annunciazione di Domenico Piola
Annunciazione di Domenico Piola


Sesta cappella destra, dedicata alla Santissima Annunziata. Sopra l’altare. Domenico Piola: Annunciazione (tela). Pareti della cappella. Andrea Carlone: Presentazione di Maria al tempio e Visita a Santa Elisabetta (tele, rispettivamente a destra ed a sinistra), due Profeti (tele, sopraquadro un Profeta per lato). Anche gli affreschi della volta, distrutti dalle bombe, erano stati dipinti da Andrea Carlone. Il rivestimento marmoreo della cappella fu iniziato da Carlo Solari e completato dal suo figlio Daniello a quale appartengono i fregi del fastigio.

Cappella del transetto a destra, dedicata a S. Antonio di Padova. Sopra l’altare. Pietro Puget: composizione scenografica, in legno, rappresentante l’Estasi di S. Antonio. L’esecuzione materiale del gruppo è frutto di collaborazione di scultori genovesi con il Puget. Il paliotto e le statue in marmo sono opera dello scultore Tommaso Orsolino. Il rivestimento marmoreo della cappella si deve allo scultore Giacomo Porta.

Ottava cappella (altare a destra dentro al vano che conclude la navata destra), dedicata a San Domenico Soriano. Sopra l’altare. Tommaso Clerici: Fatto di San Domenico Soriano (tela, datato 1655) Parete destra. Pittore ignoto (prima metà del sec. XVII): San Pietro d’Alcantara comunica Santa Teresa d’Avila assistita dai Santi Francesco d’Assisi ed Antonio di Padova (tela). Nicolò Carlone: San Francesco (tela, sopraquadro). Parete sinistra. Tommaso Clerici: Arcangeli Michele, Gabriele, Raffaele (tela), Nicolò Carlone: San Bonaventura (tela, sopraquadro). Soffitto della cappella. Lo stesso Nicolò Carlone è autore di tre pannelli ad affresco con Gloria di San Domenico (al centro), e Angeli (ai due lati). Il rivestimento in marmo è opera di Dionissio Conte genero e collaboratore di Giacomo Porta.

Nona cappella (altare di fronte, dentro al vano che conclude la navata destra), dedicata alla Madonna della Roccia. Sopra l’altare. Leonardo Mirano: Statua in marmo bianco della Madonna di Loreto, che nel seicento sostituì quella lignea di Nostra Signora della Roccia. Parete di sinistra Gio Battista Carlone: Miracolo di San Salvatore da Horta (tela). La volta e la cupola furono dipinte ad affresco dello stesso Gio Battista Carlone, con fatti riguardanti alcuni Miracoli di Nostra Signora di Loreto. Il rivestimento marmoreo della cappella fu ultima opera eseguita da Giacomo Porta negli anni 1660-1662.

CAPPELLE DI SINISTRA


Prima cappella a sinistra, dedicata al martire San Clemente (tela). Sopra l’altare, Gio Battista Carlone: Martirio di San Clemente (tela). Lato sinistro. Gregorio de Ferrari: Santo Stefano (tela sopraquadro). Gli affreschi della volta, quasi totalmente danneggiata dalla guerra, erano stati eseguiti da Gio Battista Carlone. Il rivestimento marmoreo della cappella fu eseguito nel 1680 da Giacomo e Giuseppe Gagini.

Seconda cappella a sinistra, dedicata a Santa Chiara d’Assisi. Sopra l’altare. Gio Battista Paggi: Morte di Santa Chiara (tela). Lato destro, Tommaso Clerici: Martirio dei francescani gorgomiensi (tela). Il rivestimento marmoreo della cappella, quasi completamente rifatto dopo la guerra, era di Giacomo Antonio Ponzonelli: di sua mano rimangono soltanto in parte, l’altare e il fastigio.

Terza cappella sinistra, dedicata a N. S. delle Mercede. Distrutta dai bombardamenti, non resta più nulla di quanto formava la decorazione artistica delle pareti eccettuato il quadro di Simon Barabino già visto nella cappella terza del lato destro. Gli affreschi del soffitto, distrutti erano stati eseguiti da Francesco Montecucco di Gavi Ligure, pittore ottocentesco il rivestimento marmoreo fu completamente rifatto dopo la guerra, tenendo vagamente presente quello precedente Lato destro. Luca Cambiaso: (dipinto ad olio su tavola).

Quarta cappella a sinistra, dedicata all’Immacolato concepimento Maria. Sopra l’altare. Domenico Piola: l’Immacolata e l’Eterno Padre (tela). Gli affreschi della volta, dello stesso Domenico Piola, furono completamente distrutti dalle bombe. Il rivestimento marmoreo della cappella appartiene allo scultore Daniello Solaro.

Predica di San Diego
Predica di San Diego


Quinta cappella a sinistra, dedicata a San Diego. Affreschi della volta, Domenico Piola: Gloria dello Spirito Santo. Il rivestimento marmoreo e le tre statue della Fede, Speranza e Carità sono opere di Giacomo Antonio Ponsonelli possono considerarsi il suo capolavoro.

Sesta cappella a sinistra, dedicata a San Francesco. Sopra l’altare. Anton Maria Maragliano: San Francesco riceve le stimmate, gruppo statuario in legno proveniente dalla chiesa della Pace. Alcune figure accessorie e lo sfondo dipinto della navata andarono distrutte nei bombardamenti; precedentemente nella stessa cornice marmorea era inserita una tela, trattante lo stesso argomento, di Gio Battista Paggi. Gli affreschi del soffitto, di Giuseppe Galeotti, furono distrutti dai bombardamenti. Il rivestimento marmoreo, databile nel primo decennio del seicento fu una delle ultime realizzazioni di Taddeo Carlone cui si deve la statua in marmo della Madonna regina, cui il bombardamento ha mozzato la mano destra con lo scettro.

Cappella del transetto a sinistra, dedicata a San Pasquale. Sopra l’altare. Anton Maria Maragliano: composizione scenografica, in legno, rappresentante l’Estasi di San Pasquale. Al Maragliano appartengono anche le statue di frati, rivestite di tonache in tela, disposte nelle nicchie laterali. Il rivestimento marmoreo della cappella si deve inizialmente a Giacomo Antonio Ponzonelli, quindi a Gaetano Quadro, architetto attivo nel primo Settecento, che si valse di marmari anonimi.

Ottava cappella, dedicata alla Crocifissione (altare a sinistra dentro al vano che conclude la navata sinistra). Sopra l’altare. Francesco Scotto: Crocifisso e Maria dolente (tela). Lato sinistro. Luca Saltarello. Nozze di Cana e (sopra) Flagellazione di Cristo (tele) Sulla volta gli affreschi di Giuseppe Isola, eseguiti nel 1841. Rappresentano l’Eterno Padre (riquadro di centro) e Angeli con simboli della Passione (ai due lati). Il rivestimento marmoreo è del 1841, ma l’altare con le colonne ed il fastigio risale alla fine del XVII secolo. Come afferma la lapide a destra, nella cappella è sepolto lo scienziato seicentesco G. B. Baliano, alla cui famiglia apparteneva il giuspatronato.

Nona cappella (altare di fronte, dentro al vano che conclude la navata sinistra), dedicata alla Madonna degli Angeli. Sopra l’altare Leonardo Ferrandina: statua marmorea della Madonna degli Angeli. Parte destra Luciano Borzone: Adorazione dei pastori. La tela fu eseguita per l’ampio altare del transetto nella parte destra della chiesa e venne tolta dalla sua cornice intorno al 1665, per far posto al gruppo statuario del Puget. Il quadro fu l’ultima opera del Borzone perche, mentre l’eseguiva, mori e il dipinto fu terminato, nella parte bassa, dai suoi figli. Sotto alla tela del Borzone. Santo Varni: Madonna e Santi (rilievo in marmo). Gli affreschi delle pareti (Fuga in Egitto)e dei peducci della cupoletta (Quattro Profetti), eseguiti nel 1841, sono opera di Giuseppe Isola. Il rivestimento marmoreo (1841) fu eseguito da Santo Varni che utilizzò le colonne ed il timpano di un precedente altare seicentesco. Da questa cappella si passa all’ambiente adibito, ora, a sacrestia. Di fronte alla porta è stato recentemente collocato un rilievo in pietra nera, rappresentante S. Antonio di Padova, opera di uno scultore attivo in Genova intorno al 1550.

CAPPELLA MAGGIORE


L’altare maggiore è opera degli scultori Giacomo Porta e Domenico Scorticone. A quest’ultimo, attivo durante il primo trentennio del secolo XVII, si può attribuire la progettazione e realizzazione del lavoro e l’esecuzione del paliotto. La porticina del tabernacolo è delicatissima opera di un fonditore dell’ultimo Seicento. Il Crocifisso dell’altare fu eseguito da Giacomo Antonio Ponzonelli. Progettato per un gruppo di statue poste sopra il secondo altare a sinistra, fu qui collocato dopo la guerra, in sostituzione di quello di La Croix rovinato in parte nei bombardamenti e ora depositato preso le Belle Arti.

Volta del Presbiterio Giulio Benso: Annunciazione (affresco) Parete laterale sinistra, tra marmi di Giacomo Porta e Domenico Scorticone: ampio affresco di Giulio Benso (prospettiva) e di Gio Battista Carlone (figure), Gesù presentato al tempio (affresco) Parete laterale destra, tra marmi di Giacomo Porta e Domenico Scorticone: ampio affresco di Giulio Benso (prospettive) e di Gio Battista Carlone (figure) rappresentante Gesù fra i dottori (affresco)

CORO


Doppio ordine di stalli in legno, opere di maestranze francescane dello stesso convento dell’Annunziata. Nel XVII secolo i Pippi aggiunsero delle figure in rilievo, nelle spalliere degli stalli interiori e nella porta di fondo. Sulla parete nella curva absidale Giulio Benso dipinse l’affresco, distrutto con l’Incontro di San Giovacchino e Sant’Anna su uno sfondo di prospettiva essenziale per il respiro architettonico della chiesa. Volta del coro. Giulio Benso: Annunciazione della Vergine (affresco).

Pulpito di Santa Maria Annunziata al Vastato
Il pulpito


Tra la navata maggiore e quella laterale destra, appoggiato alla quinta colonna è posto il pulpito, a forma di calice marmoreo, opera probabile del duo Giacomo Porta e Domenico Scorticone che curarono anche il rivestimento in marmo della chiesa. Il pulpito fu sovvenzionato della famiglia Chiavari nel primo ventennio del XVII secolo. All’interno della facciata nella parte centrale, è collocata la Cena, di Giulio Cesare Procaccini (tela) Ai lati: due Profeti, tele di Giulio Benso.

Il fonte battesimale, è opera progettata nel XIX secolo da Angelo Diaz. Nella chiesa sono conservate le tombe di pittori, scultori e architetti

ORARI


VISITE 07:30–19:30
SANTE MESSE FERIALE 08:30 no luglio e agosto PREFESTIVO 19:30 FESTIVO 11:30

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