Tommaso nacque a Londra il 21 dicembre 1118. I suoi nobili genitori, distinti per profonda pietà, lo allevarono con grande cura e lo avviarono allo studio delle lettere, nelle quali fece notevoli progressi.
Rimasto orfano in tenera età, si lasciò prendere dalla passione per la caccia. Ma Gesù, che lo aveva destinato a divenire una fiaccola della sua Chiesa, lo richiamò a sé in modo miracoloso: durante una battuta di caccia al falcone, Tommaso rischiò di annegare in un fiume, ma ne uscì salvo per intervento divino.
Dopo quell’evento riprese gli studi, divenne avvocato, ma presto rimase disgustato dalle ingiustizie che vedeva commettere in quella professione. Abbandonata la carriera civile, abbracciò la vita ecclesiastica e si ritirò a Canterbury.
L’Arcivescovo della città, riconoscendone i rari talenti, lo nominò arcidiacono. La fama di Tommaso giunse fino al re d’Inghilterra Enrico II, che lo volle presso di sé e lo elesse cancelliere del regno.
Alla morte di Teobaldo, arcivescovo di Canterbury, il re decise di innalzare proprio il suo cancelliere a quella dignità. Tommaso, dopo alcune resistenze, accettò.
Le buone relazioni tra il sovrano e il nuovo arcivescovo durarono però poco. Tommaso lasciò il cancellierato e si impegnò con fermezza nella difesa dei beni e dei diritti della Chiesa, che il re aveva usurpato.
Mutato l’antico affetto in odio, Enrico II lo minacciò di deposizione se non avesse rinunciato alla sua azione. Ma il Santo rispose con fermezza:
« Sono disposto e preparato non solo a perdere la dignità, ma anche la vita, piuttosto che mancare ai miei doveri ».
Abbandonato perfino da alcuni prelati, per sfuggire alla morte Tommaso si travestì e fuggì in Francia, ponendosi ai piedi di Papa Alessandro III e offrendogli la rinuncia all’arcivescovado di Canterbury.
Intanto Enrico II inviava lettere minacciose al re di Francia e al Pontefice, colpendo persino coloro che avevano accolto l’Arcivescovo esule. Grazie a un accordo tra il Papa, il re di Francia e quello d’Inghilterra, Tommaso poté infine tornare alla sua sede.
Fu accolto con gioia da chi lo amava, ma trovò anche nemici implacabili, che non si placarono finché non lo videro morto.
I suoi avversari lo calunniarono presso il re. Enrico II, che covava ancora l’odio sotto un’apparente correttezza, pronunciò parole di maledizione contro l’Arcivescovo e contro coloro che, nutriti alla sua mensa, non erano capaci di liberarlo da lui.
Udite queste parole, quattro ufficiali del re si recarono a Canterbury e assassinarono il santo Arcivescovo nella chiesa, mentre stava celebrando il vespro.
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