San Sergio I

San Sergio I
Nome: San Sergio I
Titolo: Papa
Nascita: 650, Palermo
Morte: 701, Roma
Ricorrenza: 8 settembre
Tipologia: Commemorazione


Nato probabilmente ad Antiochia, da genitori siriani, Sergio ricevette la sua istruzione a Palermo, dove la famiglia alla fine si trasferì. A un certo punto del pontificato di Adeodato II (672-676) si recò a Roma, dove frequentò la schola cantorum, fu ordinato sacerdote, e nel 683 divenne titolare della chiesa di S. Susanna sul Quirinale. I cinque successori di Adeodato svolsero il loro incarico in media per circa due anni, e al tempo in cui fu eletto papa Conone (686-687), un anziano candidato temporaneo, Roma stava dividendosi in fazioni. Alla morte di Conone, i due candidati erano l'arcidiacono Pasquale (che grazie alla promessa di una grossa donazione, era appoggiato dall'esarca bizantino, Giovanni Playn), e l'arcivescovo Teodoro, che aveva il sostegno delle milizie romane. Dato che nessuna delle due parti voleva cedere, la maggioranza del clero romano, insieme con ufficiali civili e militari d'alto rango, s'incontrò al palazzo del Palatino per votare di nuovo.

Questa volta Sergio emerse come candidato forte e fu eletto all'unanimità. Quando giunse per stabilirsi nel palazzo del Laterano, lo trovò ancora occupato da Pasquale, Teodoro, e dai loro vari sostenitori. Teodoro immediatamente si sottomise a Sergio, ma Pasquale fu meno disposto a cedere, e segretamente persuase Giovanni Platyn a recarsi a Roma per rovesciare il risultato delle elezioni. Giovanni giunse a Roma, ma subito si accorse dell'appoggio forte di cui godeva Sergio, e decise di approvarne la consacrazione (non senza, a ogni modo, chiedergli prima la notevole quantità d'oro che gli era stata promessa da Pasquale). Si trattava di pura e semplice estorsione, perciò, sebbene Sergio, eletto liberamente e legittimamente, gli concedesse l'oro richiesto, protestò vivamente. Nonostante questo inizio non propizio, Sergio si rivelò un papa determinato e capace, interessato in particolare, come tanti papi in questo primo periodo, a consolidare la posizione della sede romana. Non esiste nessuna descrizione del suo carattere, sebbene Alcuino l'abbia definito santo e degno successore di S. Pietro. I dettagli tramandati riguardo al suo pontificato delineano la figura di un uomo disponibile e conciliante, con molti simpatizzanti e una naturale disposizione all'autorità. Mentre era papa, per esempio, per la prima volta dopo sedici anni, dal 666, quando l'imperatore Costanzo (641-668) aveva dichiarato l'indipendenza della sede di Ravenna da Roma, un vescovo di Ravenna giunse a Roma per essere consacrato; inoltre nel 700, dopo un concilio convocato a Pavia dal re longobardo Cuniberto, accettò che Aquileia, che si era distaccata dal momento della condanna dei Tre Capitoli nel 553, tornasse in comunione con Roma.

Sembra che si sia interessato, in modo particolarmente attivo, alla Chiesa inglese. Il Sabato Santo del 689 battezzò Caedwalla (20 apr.), il giovane re della Sassonia occidentale, che, avendo «abbandonato la corona per il bene del Signore e del suo regno eterno», era giunto a Roma solo per morirvi dieci giorni dopo essere stato battezzato. Nel 693 diede il pallium a Beorhtweald di Canterbury, e nello stesso anno approvò la missione di S. Villibrordo di Northumbria (7 nov.) in Frisia, consacrandolo vescovo del popolo (risone tre anni dopo e consegnandogli il pallium.

Durante un'udienza concessa a una delegazione di monaci inviati da S. Ceolfrith (25 set_) e provenienti dall'abbazia di Wearmouth e Jarrow, confermò i privilegi dell'abbazia. Più tardi, nel 701, scrisse a Ceolfriah chiideadogli di mandargli «quel servo devoto di Dio, Beda, sacerdote del tuo monastero», perché aveva bisogno di consultare uomini eruditi.

Sebbene Sergio avesse promesso di farlo ritornare in Inghilterra appena la questione fosse stata sistemata, sembra abbastanza chiaro che Beda non giunse mai a Roma. All'inizio del suo pontificato, fu coinvolto nelle dispute del Concilium Quinisextum, o sinodo Trullano, convocato a Costantinopoli nel 692 dall'imperatore Giustiniano II (685-695), la cui ambizione era di presiedere un concilio come aveva fatto il suo grande omonimo Giustiniano I (527-565). Il sinodo si svolse nella stanza a cupola (trullum) del palazzo dell'imperatore, e con esso s'intendeva completare il lavoro del quinto e del sesto concilio generale della Chiesa (da qui il termine quinisextum), che si svolsero a Costantinopoli nel 553 e 680 rispettivamente.

Sebbene si affermasse di legiferare per la Chiesa intera, tutti, tranne uno dei duecento vescovi che partecipavano, provenivano dall'Oriente, e alcuni dei centodue canonici erano motivati, se non dall'ostilità, almeno da una certa competizione con l'Occidente. Il concilio ignorò il diritto canonico occidentale, per esempio, e proibì varie pratiche accettate in Occidente. In modo significativo, rinnovò anche i famosi venti canoni di Calcedonia che papa S. Leone Magno (10 nov.) aveva rifiutato di ratificare (garantendo a Costantinopoli uno status patriarcale uguale a quello di Roma). Dopo aver costretto gli apocrisiarii del papa a Costantinopoli a firmare gli atti del concilio, Giustiniano ne mandò alcune copie a Roma perché fossero convalidate dal papa.

Sergio rifiutò fermamente di ratificare gli atti, e Giustiniano ricorse a tattiche da tiranno: deportò i consiglieri principali di Sergio e poi ordinò a Zaccaria, il comandante delle sue guardie del corpo, di recarsi a Roma e di costringere il papa a firmare, oppure, in caso non vi fosse riuscito, di portare il papa stesso a Costantinopoli. Sergio venne a conoscenza di questo piano, e in seguito avvenne uno degli episodi più assurdi della storia papale. Mettendo da parte la loro fedeltà all'imperatore, presumibilmente inconsapevole di quanto la sua autorità in Italia si fosse logorata, le truppe imperiali provenienti da Ravenna e da altre zone si schierarono affianco al papa. Incoraggiati dal popolo di Roma, attaccarono Zaccaria, che fuggì terrorizzato dal papa, per chiedere protezione nascondendosi sotto il suo letto. I soldati lo inseguirono in quella stanza c l'avrebbero ucciso se non fosse intervenuto Sergio, che riuscì a riportare la calma facendolo scortare fuori della città. L'intero episodio fu profondamente umiliante per Giustiniano, che senza dubbio desiderava la vendetta, ma nel 695 fu deposto, e la questione ebbe termine.

A Roma stessa, Sergio s'interessò personalmente alla costruzione di chiese, oltre che alla liturgia e alla musica liturgica. Restaurò o migliorò un certo numero di chiese, tra cui S. Pietro, S. Paolo e S. Susanna, e si occupò del trasferimento dei resti di S. Leone Magno (10 nov.) dal portico di S. Pietro a un luogo importante all'interno della basilica. Come diplomato della schola cantorum avrebbe voluto cantare egli stesso, e secondo il Liber Pontificalis istituì il canto dell'Agnus Dei che il clero e il popolo avrebbero dovuto cantare assieme, «mentre si spezzava il corpo di Cristo», decisione che può essere stata più di un gesto puramente estetico e devozionale. Tra le norme stabilite dal Concilium Quinisextum vi era la proibizione di raffigurare Cristo come agnello di Dio, e un cambiamento così evidente non sarebbe stato trascurato dall'imperatore. Una delle azioni più importanti di Sergio dal punto di vista liturgico fu di estendere alla Chiesa romana quattro feste della Madonna, già celebrate in Oriente (la Natività, l'Annunciazione, la Purificazione, e la Dormizione/Assunzione) stabilendo che fossero tutte caratterizzate da una processione.

Sergio morì l'8 o il 9 settembre 701 e fu seppellito a S. Pietro; il fatto che sia menzionato (il 7 settembre) nei primi calendari di S. Villibrordo suggerisce che il culto ebbe inizio subito dopo la morte.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma presso san Pietro, deposizione di san Sergio I, papa, che, di origine sira, si adoperò con tutte le forze per l’evangelizzazione dei Sassoni e dei Frisoni e ricompose molte controversie e discordie, preferendo morire piuttosto che approvare gli errori.

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