San Materno resse la chiesa milanese, regnando Massimiano, sotto del quale ebbe a subire confische, prigionia e catene, cui oppose una fede incrollabile e una costanza inflessibile. Dolore acerbo e senza conforto fu per quel zelante pastore la persecuzione contro il popolo fedele, sospinto dagli idolatri e dalle guardie pretoriano alla apostasia o alla morte. S. Materno levava del continuo le sue mani al cielo e invocava Gesù, onde rinnovasse i portenti di sua destra. E la preghiera del santo fu esaudita. Liberato dal carcere potè volgere il suo apostolato a salvare le anime a sè commesse. Mandò i santi Carpoforo e Fedele a predicare Gesù Cristo nella città di Como e destinò S. Vittore ad evangelizzare i fedeli nei dintorni di Milano. Moltissimi erano quelli che piegavano alla dottrina di salute, ma i più feroci tra gli idolatri assalirono S. Vittore e lo trafissero là nella Selva nera, lasciandolo insepolto. Non appena il santo vescovo ne venne a cognizione, andò nottetempo a prendere le spoglie del santo martire, cui diede di sua mano onorevole sepoltura. Molti furono gli atti eroici di S. Materno nei dodici anni che tenne la sede episcopale di Milano, cui lasciò, morendo, larga eredità di fede e di ogni più bella virtù. I suoi resti mortali riposano nella Basilica Ambrosiana sotto l'altare di S. Savina.
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