S. Giacomo della Marca nacque a Monteprandone, in provincia di Ascoli Piceno, da poveri genitori. Studiò in varie città delle Marche e dell’Umbria e divenne maestro di scuola.
A vent’anni, attratto dalla bellezza dell’ideale francescano, abbandonò il mondo ed entrò in religione. Il suo primo maestro fu S. Bernardino da Siena, del quale Giacomo (al secolo Domenico) fu discepolo degno, imitando la santità e lo zelo del grande predicatore.
La sua vita fu, umanamente, un vero romanzo di avventure. Girò l’Europa — specialmente Italia, Ungheria, Austria e Boemia — e in alcuni luoghi fondò conventi. Ovunque predicò, combatté eresie e obbedì sempre con prontezza al Pontefice che lo inviava di regione in regione.
Il suo principale campo di lotta fu l’Italia, dove affrontò la setta dei Fraticelli, predicò quaresime, partecipò a concili e congressi, distinguendosi per l’autorità della sua parola.
All’Aquila, pregando nel nome di Gesù presso il sepolcro del suo maestro S. Bernardino, ottenne una sessantina di miracoli sulla pubblica piazza. Fu poi costretto a nascondersi per ordine del Vescovo, che temeva l’entusiasmo della folla. Si recò successivamente a Napoli, dove morì poco dopo, il 28 novembre 1476.
Per oltre trent’anni percorse città e villaggi predicando, cibandosi solo di un tozzo di pane, poche fave e qualche cipolla che portava con sé nella bisaccia. S. Bernardino gli raccomandava spesso di mangiare qualcosa di più sostanzioso, ma Giacomo continuò nei suoi digiuni quotidiani.
Dormiva pochissimo: appena due ore per notte, e si alzava sempre quando gli altri andavano a riposare. Per dieci anni portò il cilicio, e ogni notte praticava la disciplina.
Osservò la castità in modo perfetto per tutta la vita, ma fu tormentato per trent’anni da dure tentazioni, dalle quali fu liberato per intercessione della Vergine di Loreto.
Durante le sue missioni fu più volte imprigionato, assalito e malmenato dagli eretici. Nonostante ciò non abbandonò mai i suoi propositi né serbò rancore verso i suoi persecutori: li perdonava sempre, pur combattendo fermamente i loro errori.
Nella vecchiaia fu afflitto da numerosi mali e ricevette per ben sei volte l’Estrema Unzione. Sopportò ogni sofferenza con rassegnazione e perfino con gioia, desideroso di imitare Cristo anche sul Calvario.
Durante l’ultima malattia, sentendo avvicinarsi la morte, chiese i sacramenti e si spense invocando il nome di Gesù, domandando ai presenti perdono per i suoi difetti.
Fu beatificato da Urbano VIII nel 1624 e canonizzato nel 1726 da Benedetto XIII.
PRATICA. Nell'obbedienza, che è fonte di tante virtù, troveremo una facile via per il Paradiso.