Basilica di Sant'Ambrogio

Santi Gervasio e Protasio
Nome: Basilica di Sant'Ambrogio
Titolo: Basilica romana minore collegiata abbaziale prepositurale di Sant'Ambrogio
Indirizzo: Piazza Sant'Ambrogio, 15 - Milano
Dedicato a: Sant' Ambrogio


La basilica di S. Ambrogio è, per i Milanesi, quello che il S. Giovanni Laterano è per tutti i cattolici. Il S. Giovanni è la Madre e Regina di tutte le Chiese sparse pel mondo, ed il S. Ambrogio racchiude in sé tali memorie liturgiche, storiche e artistiche, da essere assurto col Fondatore a valore espressivo di tutta l'antichissima tradizione ambrosiana. Esso è la preziosa urna del cuore dei Milanesi, è la vera madre e regina delle Chiese Lombarde. Se il S. Ambrogio non è, rigorosamente, la più antica basilica di Milano, ha la felice ventura non solo d'essere tra le prime, ma d'aver incorporato quella che è realmente la più antica basilica Milanese sopravvissuta e che si chiamò Fausta, perché la figlia di nome Fausta (alcuni dicono figlio: Fausto) di un tal Filippo che in quella località possedeva un poliandro (cimitero d'uomini), eresse nel II secolo una basilica per onorarvi alcuni corpi di martiri ivi seppelliti. Fu poi nominata basilica di S. Vittore in ciel d'oro e, finalmente, di S. Satiro, quando S. Ambrogio, nel 379, vi depose le spoglie mortali del fratello.

ORIGINI DELLA BASILICA AMBROSIANA


Nel quarto secolo l'area attorno all'odierno S. Ambrogio era la più ricca di Chiese. Dov'è l'attuale Caserma Garibaldi (che tra breve lascerà il posto ad un grandioso edificio pubblico) sorgeva la basilica Naborriana; poco discosto la Fausta; più lontano, ad occidente, v'era la basilica Porziana.

I cristiani desideravano essere sepolti in terreno reso sacro dalla presenza di martiri e, non bastando i cimiteri di queste basiliche alla crescente moltitudine dei fedeli, S. Ambrogio decise la costruzione di una nuova ampia Chiesa.

Fu eretta il 387 fuori le mura, vicinissima alla basilica Fausta. Ambrogio lasciò scritto che aveva scelto e predestinato d'esser sepolto sotto l'altare di questa nuova Chiesa, essendo ben giusto che il Sacerdote riposi dov'era solito offrire il divin sacrificio. La basilica era già compiuta, ma il pio Vescovo non sapeva decidersi a consacrarla. «Lo farò», diceva, «se troverò reliquie di martiri», Seguendo un'ispirazione, fece eseguire uno scavo accanto alla basilica Naborriana dov'erano i martiri della persecuzione neroniana. Venne in luce una tomba che racchiudeva le spoglie di due uomini decapitati: erano i martiri Gervaso e Protaso. Il santo Vescovo esclamò: «Questi sono i difensori che ambisco! Tales ambio defensores». Perciò trasportò sotto l'altare con grandissima solennità i due corpi, presso quali desiderava esser sepolto e consacrò la Chiesa.
Vivo ancora Ambrogio, il popolo la chiamò Ambrosiana; è d'un millennio più vecchia del Duomo; fu sempre Chiesa primaria.

Essa perinsigne, imperiale, regia basilica, collegiale, abaziale, privilegiata e monumentale.

Il 397 morì Ambrogio e fu sepolto sotto l'altare, alla sinistra dei due martiri, secondo la sua volontà.

Antica Basilica di Sant'Ambrogio
L'antica basilica


La basilica che oggi si vede non è certo quale l'edificò il fondatore, ma giunse allo stato attuale, attraverso lunghe vicende. Dell'antica si sa, da tradizioni e scritti frammentari dell'epoca, che era di forma basilicale, con le pareti interne dipinte a soggetti biblici, recanti didascalie composte da S. Ambrogio. I lavori di restauro del 1857 e 1873 servirono, tra l'altro, a dimostrare con certezza che il tempio primitivo sorgeva sull'area dell'attuale, aveva forma rettangolare di circa metri 30 di larghezza e 60 di lunghezza. L'interno era diviso in tre navate con due ordini di colonne, tredici per ordine. Sulle ventisei colonne passavano gli architravi e da questi si slanciava la grande volta, sorretta da capriate di legno. Questa costruzione durò certo fino al principio del secolo IX.

Da principio la custodia di questo tempio era affidata semplicemente ad un prete decumano, coadiuvato da altri sacerdoti; in seguito, crescendo il concorso dei fedeli, il Vescovo Pietro chiamò, verso la fine del secolo VIII, i Monaci Benedettini che abitarono un fabbricato attiguo, dando così origine a quel magnifico monastero, abitato nel secolo XV dai Cistercensi, che ai tempi di Lodovico il Moro fu ricostruito per ordine del Cardinale Ascanio Sforza, su disegno del Bramante. Questo monastero, all'epoca della soppressione Francese, divenne Ospedale militare, ma ora è proprietà e sede dell'Università Cattolica del Sacro Cuore.

VICENDE ARCHITETTONICHE


I Benedettini ampliarono il coro della basilica; eressero il campanile di destra; infine aumentarono il numero delle cappelle, incorporando alla Chiesa anche l'attigua basilica Fausta.

Per dare più degna sepoltura al Patrono di Milano ed ai due martiri deposti accanto, il Vescovo Angilberto II (824-859) levò i tre corpi dai loculi sotto l'altare maggiore e li riunì in un'unica urna di porfido, murata sopra le antiche sepolture e disposta a sostegno dell'altare. Questo veniva quindi ad essere rialzato, mentre le colonne di porfido dell'antico ciborio rimanevano al piano primitivo. Per rimediare al risultato antiestetico, si impostarono alla sommità delle colonne quattro archi cuspidati, ornati di figure in rilievo, dorature e fregi di valore. Con l'altare subì trasformazioni saggie anche la basilica, a cui furono modificate le colonne monolitiche, rendendole pilastri a fascio; furono coperte le navate laterali con volte a vela; quella centrale con tre campate in volta a crociera; fu innalzato sopra la campata dell'altare maggiore un tamburo ottagonale in muratura, non chiuso a volta, ma reggente una copertura in legno; furono costruiti i matronei. Così il secolo IX dava la vera tonalità dello stile romanico-lombardo alla basilica; caratteristiche a cui s'ispirarono anche gli ultimi restauri.

Segui, sotto il già citato Angilberto, il nartece davanti alle tre porte della facciata e poi, sotto Ansperto (868-881), il grandioso atrio che si stende, a forma rettangolare, davanti alla basilica. E in questa sistemazione il tempio durò sino al 1117, quando, in conseguenza del terremoto, che rovinò la volta sovrastante il pulpito, si resero necessari dei restauri, i quali diedero occasione di trasformare in struttura a volta anche il tiburio, che fu sostituito da una cupola ottagonale in muratura, con sotto-archi a cono e chiusa a volta, come esiste tuttora. Le arcate laterali corrispondenti alle navate minori furono chiuse e fu rafforzato l'arco di collegamento con la parte absidale, sottomurandovi una robusta arcata di minore ampiezza. In seguito a questi lavori fu eretto il campanile di sinistra, detto dei canonici, il quale rimase incompiuto dal secolo XII al 1897, non permettendo di superare l'altro in altezza le competizioni di precedenza fra Benedettini e Canonici.

Il Cardinale Federico Borromeo, nella prima metà del secolo XVII, fece eseguire alcuni restauri dall'architetto Richini, il quale imbarocchì l'interno del tempio, specie il tiburio.

Il 1857 segna invece un'epoca felice per S. Ambrogio, poiché ne fu deciso un radicale restauro artistico, durato fino al 1873.

In questa provvidenziale opera si sostituì alle due volte a crociera rettangolare, in corrispondenza della terza campata centrale, un'unica volta a pianta rettangolare, e, per il tiburio, si rifecero, con materiali nuovi e più sicuri, i sostegni, per cui vennero resi atti a sopportare il peso, senza il sussidio delle sotto-murazioni delle arcate, che furono tolte. E tutto il tempio fu restituito al suo carattere lombardo, levando decorazioni e incrostazioni che, specialmente all'epoca di S. Carlo, furono inopportunamente aggiunte.

In questa resurrezione del vetusto tempio non si può tacere il nome del Prevosto Rossi, che fu animatore solerte e intelligente, sì da meritare la riconoscenza viva dei posteri.

Quadriportico Basilica di Sant'Ambrogio
Il quadriportico


La basilica venne pesantemente colpita dai bombardamenti di Milano del 1943, che distrussero soprattutto la parte esterna del quadriportico, danneggiando la cupola della basilica, il mosaico alle spalle dell'altare ed altre parti esterne della basilica. Negli anni successivi ebbero inizio i restauri, che negli anni cinquanta riportarono la basilica al suo antico splendore

Esterno Basilica di Sant'Ambrogio
L'esterno


L’ATRIO, IL NARTECE E I CAMPANILI


Solo pochi secoli or sono il Sant'Ambrogio era fuori dell'abitato; si può quindi indovinare come fosse isolato nei primi secoli di sua vita. Perciò, oltre alle ragioni liturgiche e mistiche, anche il desiderio di dare sicurezza alla basilica, consigliarono l'erezione del vasto porticato d'ingresso, voluto dall'Arcivescovo Ansperto. Ha cinque arcate maestose di cui la centrale è occupata dal portale d'ingresso, mentre le altre sono piene, e dai loro sfondi appaiono avanzi d'affreschi del secolo XIV. Si giunge al piano del portico, discendendo sette gradini dal piano stradale; ma ciò, invece che nuocere, giova a staccarci meglio dalle costruzioni circostanti ed a subire più profondo il fascino dell'arte e della vetustà. Il portico è rettangolare ed ha solo tre lati, che il quarto è costituito dal nartece d'Angilberto. Le pareti interne del porticato sono ricche di lapidi, sculture, avelli, cimeli dell'medioevo, dei primi secoli cristiani e della romana decadenza.

Interessantissimi i capitelli dei pili a fascio che sostengono i 18 archi; mostrano uno scalpello mirabilmente guidato dalla perizia e dalla fantasia che ha saputo armonizzare con grazia decorativa foglie, frutti, cespi, tralci, trecce ed animali simbolici.

Nartece Basilica di Sant'Ambrogio
Il nartece


Il nartece non appartiene all'atrio, ma al tempio, per quanto i cinque archi del suo portico non si colleghino alla struttura interna della basilica. I due portici del nartece (l'inferiore ed il superiore) hanno cinque grandi archi, i quali, nel superiore, decrescono d'altezza, per assecondare l'inclinazione del tetto. Nell'inferiore i pili sono più robusti; più snelli nel superiore. Le volte a crociera sono, al basso, attraversate da un cordone quadrilatero. Ammirevole è la decorazione del nartece, che s'allaccia a quella dell'atrio; anzi la supera in diligenza e ricchezza.

I campanili, come già fu accennato, non sono contemporanei alla Chiesa. Quello a destra di chi guarda la facciata è contemporanei all'atrio. Veniva detto dei monaci, perchè da essi eretto e solo da essi usato.

È quadrato, tozzo e spoglio d'ogni decorazione. Alla sommità porta un gallo d ferro, simbolo della vigilanza.

Campanile dei Canonici
Il campanile dei canonici


Quello di sinistra è detto dei canonici. Fu edificato circa il 1141 e fu restaurati e completato nel 1897. È a base quadrata maestoso, diviso in parecchi piani da seri di archetti in cotto.

Delle tre porte d'ingresso le due minori, laterali, sono semplici e disadorne; hanno solo l'architrave scolpito a figure. La porta centrale, in legno di cedro riccamente scolpito, è del secolo XVIII. I due specchi in alto, di cipresso, e due battenti di bronzo raffiguranti due teste di leonessa (lavoro prezioso del secolo IX) facevano parte dell’antica porta. È degna di ammirazione l’architettura che incornicia il portale: colonne, capitelli ed archi lavorati con ricchezza e fantasia, sin da sembrare un agile ricamo di pietra.

A sinistra del portale sorge, sorretta da quattro colonne, l’arca funeraria di Candido Decembrio, morto nel 1477, È opera scultoria di Tommaso di Cazzaniga.

Interno Basilica di Sant'Ambrogio
L'interno


L’INTERNO DELLA BASILICA


Nessuno varca la soglia di questo tempio, senza che l’animo abbia un fremito di commozione. Qui trassero infinite turbe, s’avvicendarono generazioni e generazioni; vi si rifugiarono le vittime dei potenti e i potenti vi si umiliarono; qui furono incoronati diciotto re d’Italia e queste mura ci ridicono, instante per instante l’avventurosa e gloriosa istoria della capitale Lombarda.

Questa basilica è un vero duplice sacrario: della storia e dell’arte. È l’arte medioevale che, sviluppatasi in forme nuove, staccatasi dal basilicale e dal bizantino, s'è fatta una sua fisionomia, uno stile proprio, il Lombardo.

Appena scesi i due gradini che portano al pavimento della Chiesa, riabbassato al piano antico nel 1868, appare nella sua struttura genuina la basilica del secolo IX.
Solida e massiccia com'è, pure dà il senso della varietà nella proporzionata divisione in campate per mezzo di pilastri maestri e pilastri minori corrispondenti alle navate laterali. Sopra il primo ordine s'imposta il secondo, molto ridotto in altezza, di pilastrini tarchiati anch'essi ma tozzi, e di archi che danno sfogo di aria e di luce ai matronei.

La decorazione architettonica ai pili, capitelli, basi, archivolti, ha le stesse caratteristiche di quelle dell'atrio.

IL PULPITO, L’ALTARE D’ORO E IL CIBORIO


Rispettivamente a destra e a sinistra di chi è appena entrato, v'è una colonna sormontata da una croce bronzea e un'altra colonna col serpente pure di bronzo. Quest'ultimo sembra sia stato portato da Costantinopoli ed è simbolo dell'Antico Testamento. La colonna è antichissima e pare sia appartenuta alla primitiva basilica, fondata da S. Ambrogio. Nel 1868 fu posta di riscontro l'altra colonna con la croce, a simboleggiare il Nuovo Testamento, e per ricollocare ciò che anticamente esisteva.

A destra v'è pure una statua marmorea ben eseguita e imponente, dello scultore Confalonieri, raffigurante Pio IX.

Pulpito Basilica di Sant'Ambrogio
Il pulpito


Il pulpito rimonta al secolo IX e fu ricostruito da Guglielmo da Pomo, dopo la distruzione pel crollo della volta del tempio, in seguito al terremoto del 1117. È rettangolare, decorato solo nei lati anteriore e posteriore. Nella facciata l'uomo e l'aquila che vi sono scolpiti sono i simboli dell'evangelista San Matteo e San Giovanni. Qui pure lo sfoggio della decorazione ha, per motivi, animali dalle fauci spalancate, cervi, draghi, cani da caccia che mordono uccelli spaventati. La parte posteriore ha un'agape, una di quelle che in Oriente ed in Roma solevano tenersi presso le tombe dei martiri.

Sotto il pulpito v'è un preziosissimo cimelio: un sarcofago che, assieme a nove eleganti colonnine, sostiene l'ambone. È un'urna di ignoti personaggi illustri non anteriore al IV secolo. È tutta ornata di sculture (compresovi il medaglione col ritratto dei due estinti) riproducenti alcuni fatti dell'Antico e del Nuovo Testamento.

Ciborio Basilica di Sant'Ambrogio
Il ciborio


L’altare, in questa basilica, non è solo il centro liturgico, ma anche quello artistico il tempietto che sovrasta e protegge l’altare, consta di quattro preziose colonne di porfido rosso scuro, perfettamente levigante avanzo dell'antico monumento romano, disposte agli angoli d'un quadrato sormontate da un capitello da cui si elevano quattro frontali, inferiormente ad arco tondo, terminanti superiormente a cuspide e tutti ugualmente ornati con rivestimenti a stucco, coperti di colori vari e dorature, balzanti dallo sfondo azzurro. La colorazione attuale è del 1500.

Il sottostante altare è un preziosissimo gioiello d'arte, lavoro mirabile di cesello, che strappa ancor oggi, dopo undici secoli, l'ammirazione degli artisti e degli intenditori. Questo Altare fu lavorato da Volvinio nell'835 sotto il Vescovo Angilberto II. Consta di quattro telai o specchi laterali che cingono tutt'attorno i quattro lati della mensa. Sono d'oro laminato, d'argento dorato e d'argento puro. Oltre il cesello, che predomina, v'hanno ornati di filigrana e d'oro, smalti e numerosissime pietre preziose. Ogni tavola è suddivisa in vari specchi minori in cui sono rappresentate scene evangeliche, ritratti di S. Ambrogio, S. Simpliciano, S. Gervaso e Protaso, S. Martino, S. Materno, S. Naborre, S. Nazaro, Angeli, Arcangeli e numerosi altri Santi. La quarta tavola, quella volta verso il coro, è la più importante per l'autenticità e per la storia dell'arte lombarda.

Napoleone aveva fatto elencare questo altare tra gli oggetti da trasportare in Francia, ma l'astuzia dell'allora Prevosto Gabrio Maria Nava, la vinse sulla volontà dell'Imperatore ed il prezioso altare rimaneva tra noi. Durante i lavori di restauro del 1857 gli scheletri dei Santi Gervaso, Protaso e Ambrogio furono tolti dall'urna di porfido ove li aveva adagiati l'Arcivescovo Angilberto e vennero riposti in una fastosa urna di stile bizantino. L'urna, posta sotto l'altare in una decorosa cripta, è sormontata da Angeli. Ai lati due pavoni, simbolo d'immortalità, recano la croce. Sotto di essi sta un altro Angelo che porta sulle ginocchia un libro, in cui sono simboleggiate le opere del Santo Dottore. Tutt'intorno all'arca sono disposte statuette di Santi. L'epigrafe incisa su quest'arca fu dettata da Leone XIII.

Abside Basilica di Sant'Ambrogio
L'abside


L’ABSIDE


Passando dalla navata all'abside, subito si nota un brusco sbalzo architettonico dalla primitiva ossatura basilicale allo stile lombardo. Ciò è dovuto al fatto che il coro è anteriore al rifacimento della basilica, avvenuto nel IX secolo ed è opera dei Monaci a cui l'Arcivescovo Pietro affidò la custodia del tempio.

Il coro non era in comunicazione col tempio che mediante una porticina laterale, giacché ne era isolato da un muro che, dal basso, saliva fino al sommo dell'arco. Sono degni di ammirazione gli stalli e il mosaico della parete.

Come tutta l'abside, così anche gli stalli sono dissolti dallo stile della basilica; sono però un ricchissimo esemplare della scultura del 1500, scartando assolutamente che possano essere i primitivi, fatti collocare dai monaci chiamati da Cluny nel 784. Ci consta, del resto, che nel secolo XII un tale Alfredo da Passigliano fece costruire stalli pel coro di S. Ambrogio.

La diversità di gusto e di lavorazione tra gli stalli ed il loro coronamento ci fa dedurre o ad una diversità di epoca o, almeno, ad una pluralità d'artisti.
Gli stalli vennero trasportati ove si trovano oggi nel 1506. Il lavoro d'intarsio non vi è notevole, mentre considerevole, per pregio e quantità, è la scultura, come pure ricca è l'ornamentazione. Le sculture dei dorsali svolgono, ripetuto sempre con varianti, l’unico concetto dell’albero rigoglioso di frutti che l’uomo raccoglie simbolo della preghiera che apporta all'uomo ubertà di frutti spirituali.

Le sculture dei fianchi degli stalli superiori si possono raggruppare in due categorie; quella che illustra particolari della vita di S. Ambrogio e quella che commenta l'evangelizzazione dell'Inghilterra compiuta da quaranta Benedettini, per ordine di S. Gregorio Magno (597). In questo coro si conserva la cattedra di S. Ambrogio, fatta di candidissimo marmo.

Il mosaico è opera eseguita da artisti Bizantini nel IX secolo. Il Redentore, posto nel centro, si volge a destra e apre il libro dov'è scritto: Ego sum lux mundi. Al disopra del nimbo a croce è un'iscrizione greca che dice: Gesù. Cristo re della gloria. Ai lati del Redentore volano S. Michele e S. Gabriele; ai fianchi del trono stanno i SS. Gervaso e Protaso. Inferiormente, in tre medaglioni, sono i busti dei SS. Satiro, Martellina e Candida. Ai lati dei SS. Gervaso e Protaso due grandi scene completano il capolavoro, degno veramente d'ammirazione per la bontà di concezione e di esecuzione, di conservazione e di antichità, la quale è superata solo dall'altro mosaico che trovasi nella cupola soprastante il presbiterio della cappella Fausta. Questo mosaico, che dovrebbe essere maggiormente conosciuto e visitato, è del V secolo

ICONOGRAFIA E CAPPELLE


Nella prima cappella a sinistra esiste il Cristo risorto del Borgognone, opera eccellente. Notevoli pitture esistono nelle altre cappelle di sinistra. Poco prima della sacristia v'è un altro affresco del Borgognone: Gesù fra i Dottori.

Nella sacristia dei Monaci il Tiepolo frescò la volta. Altri affreschi del Tiepolo esistono nel S. Vittore in Ciel d'Oro, ma sono purtroppo deperiti. In questa cappella v'è il prezioso mosaico surricordato; è l'opera più antica e meglio conservata che nel genere, oggi Milano possegga. La figura centrale non si è certi se raffiguri S. Vittore o Cristo vincitore. Tutt'attorno fanno vaga corona: S. Materno fra i martiri e Felice a destra; a sinistra S. Ambrogio fra i martiri Gervaso e Protaso.

Corpo di Sant'Ambrogio
I corpi dei santi Ambrogio, Gervasio e Protasio


Preziosi sono i frammenti di mosaici marmorei di pavimenti e le lastre con ornati in sculture formanti l'altare. Nella cappella di S. Giorgio un buon pennello istoriò la vita del martire orientale. Nell'ultima cappella, ora convertita il transito che dà in Via Lanzone, Gaudenzio Ferrari dipinse una Deposizione della Croce; e di Bernardino Luini (almeno probabilmente} sono due tele, una raffigurante Cristo carico della croce, l'altra le tre Marie.

Le altre cappelle discordano colle linee lombarde della basilica per quanto non siano mancanti di pregi. Più degna è la cappella di Santa Marcellina, in stile classico, disegnata dal Cagnola e ultimata nel 1812. Nel centro di essa sorge l'avello che racchiude le spoglie dell'illustre sorella di Ambrogio, e sull'urna s'eleva la statua della Santa in atto di preghiera.

La cappella di S. Savina non ha grande interesse artistico; solo è considerevole il paliotto dell'altare, avanzo di un sarcofago di marmo, ritenuto del IV secolo, nel quale riposavano le spoglie dei Santi Naborre e Felice.

IL TESORO


Assai ricco è il tesoro di oggetti preziosi custoditi in questa basilica. L'Arca degli Innocenti è un'urna d'argento in cui sono conservate le reliquie di tre Santi Innocenti. La parte frontale e le laterali sono un pregevole lavoro di cesello; la parte dorsale è pure in buon lavoro, ma non su argento.

Esiste una Pace di Filippo Maria Visconti. Tra i reliquari è da notarsi quello, di deliziosa fattura, in cui è racchiusa la laringe di S. Ambrogio. Un vecchio cofano, ben conservato, serviva anticamente da tabernacolo; una leggiadrissima croce astile tutta cesellata testimonia dell'arte del secolo XII e un ostensorio esagonale, benché d'ottone, è vero modello di arte acuta, fattura del secolo XV.

Il messale, dono dei Visconti, ha preziose miniature, opera di una tela Anovelo.

Anche i libri corali sono arricchiti di bellissime miniature, tanto che possono gareggiare colle più celebrate opere del genere. In questi corali si può dire vi sia miniato l'intero ciclo delle solennità liturgiche e vi sono raffigurati i santi delle maggiori solennità e i principali misteri della fede. La finezza, l'eleganza, la morbidezza, la ricchezza dei fregi e degli ornati fanno, alle miniature, una cornice superiore ad ogni elogio.

ORARI


VISITE
FERIALI: 7.30/12.30 e 14.30/19.00
DOMENICHE e FESTIVI: 8.00/13.00 e 15.00/20.00

MESSE
FERIALI: 8.00 - 9.00 – 18.30
SABATO E PREFESTIVI: 9.00 -18.30
DOMENICHE e FESTIVI: 9.00 - 10.30 - 12.00- 19.00

VISITA IN TRE DIMENSIONI


INTERNO


QUADRIPORTO


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