Cattedrale di Sant'Emidio

Sant' Emidio
Nome: Cattedrale di Sant'Emidio
Titolo: Duomo di Ascoli Piceno
Indirizzo: Piazza Arringo - Ascoli Piceno
Reliquie di: Sant' Emidio


L'origine della cattedrale ascolana si perde nel buio dei secoli, ma non si va lungi dal vero se si fa risalire alla fine del quarto o agli inizi del quinto secolo. Sorse senza dubbio sopra le rovine e i frantumi di edifici romani come canto di trionfo sul distrutto impero degli idoli; restano di ciò tracce evidenti sotto i muri perimetrali del Battistero, che con tutta probabilità fu edificato circa il medesimo tempo.

La Chiesa ebbe certamente forma basilicale: due ali di colonne dovettero dividerne in tre navate il corpo, unendole a croce latina con la nave traversa, rimasta in massima parte nella forma originaria, come dimostrano i grandi massi di travertino adoperati nella facciata di fronte al Seminario, i quali senza dubbio appartennero ad anteriori edifici romani.

Porta della Musa
Porta della Musa


Da un rozzo incavo ad arco praticato sulla parete dov'è incastonata la pietra con l'inscrizione: Porta vocor musae, può arguirsi che la larghezza era minore dell'attuale; ma la lunghezza doveva essere presso a poco quella di oggi se vuol tenersi conto degli enormi massi che sono tuttora nell'interno a base della torre fino a una certa altezza, simili in tutto a quelli della parete presso la porta della musa. Sul transetto in corrispondenza della nave mediana si apriva in forma circolare l'abside assai più breve dell'attuale ov'era la cattedra e l'altare.

Questa la Cattedrale, che accolse i primi fedeli ai riti sacri, alle preghiere, a tutte le manifestazioni religiose in quella forma che uso dovunque la chiesa romana; ed era dedicata all'Assunta, o come dicono alcuni storici a S. Maria Maggiore.

Ma le lotte contro gli ariani, vive qui come altrove, le orde dei barbari che angosciarono, spogliarono e dispersero le popolazioni che ebbero una triste ripercussione sul decoro della casa di Dio, e ne affrettarono, per mancanza di cure, il deperimento.

RESTAURI DEL VESCOVO EUCLERE (745-780).


Di questo Vescovo d'origine longobardo e del suo lungo governo, son piene le nostre storie. A lui viene attribuita la costruzione di nuove chiese, di non pochi monasteri, che accolsero i Benedettini perseguitati dai Saraceni, e l'elevazione della cupola ottagonale nella Cattedrale trasformando così la forma basilicale in bizantina.

Essa con un lampo di genio fu lasciata in alto sui due archi che esistevano sulle pareti tra la navata centrale e l'abside e su due altri di minore larghezza gettati sulla navata traversa nel senso della lunghezza della chiesa. E' costruita in pietra di travertino ben squadrata, conservando esternamente la forma ottagonale fino sotto al tetto, ove gira con squisita eleganza una semplice cornice, ed è coronata da un lanternino, sulla cui piramide finale la croce allarga le sue braccia pietose.

Internamente dalla forma in basso quadrata per lo smussamento degli angoli, onde hanno origine i pennoni, diviene ottagonale per chiudersi in alto in una calotta ovale. Magnifica audacia che rivela ad un tempo presso di noi anche nel buio di quei secoli il culto vivo dell'arte e l'anelito dell'anima attraverso il vuoto di altezze non più viste a godimenti ultra mondani.

LAVORI DOPO IL MILLE.


I due secoli susseguenti sono avvolti di fitte tenebre; ma sotto le ceneri covavano i germi di una era nuova. Un'ansia di ricchezze e di godimento, un fervore di lavoro tormentava gli animi con la brama ardente di sottrarsi ai ceppi degli odiati dominatori affascinati dal sogno di libertà. E sorse il Comune. Ma le passioni politiche si accrebbero, gli odii di parte si unirono, le vie furono spesso arrossate di sangue fraterno, e nelle chiese più che preghiere ed inni di gloria suonarono gridi di dolore e canti funebri. La Chiesa però continuava la sua opera pacificatrice temperando il senso eccessivo di fierezza e predicando la fratellanza. Intanto il rinascente spirito di fede e di entusiasmo religioso, le accresciute ricchezze e l'affollarsi di pellegrini alla tomba di Santo per impetrarne la protezione contro il frequente ripetersi di terremoti consigliarono al Vescovo Bernardo II (1045-1058) notevoli restauri e abbellimenti alla Cattedrale.

Venuto in uso il gusto delle Cripte, quasi a ricordare le Confessioni delle basiliche romane, il piano delia navata traversa fu rialzato per tutta l'estensione; furono girate le due absidine in corrispondenza delle navate laterali, e, di sotto per tutto lo spazio della stessa navata e dell'abside centrale con basi e capitelli romani avanzi d'antichi edifici misti ad altri su frammenti di colonne antiche o di rude e bizzarra fattura si girarono gli archi imperfetti della volta e si creò il magnifico Sotterraneo, che mediante una larga scalea si congiunse alla nave centrale. Ivi, dentro un sarcofago romano, adorno di scanalature biscurve, appartenuto forse a un guerriero come fa credere lo scudo sovrapposto a due dardi incrociati nei fianchi, furono depositate le ceneri di Santo Emidio e dei suoi compagni Euplo, Valentino e Germano con la scritta: Cum sociis aliis Emindius hic requiescit.

Da quel momento la solitudine e la suggestività del luogo, luci e le ombre frazionate dalla selva di colonne, una certa aura di misticismo e di raccoglimento, e il continuo sussurro di preghiere, e di canti di devoti e di pellegrini prostrati innanzi al sepolcro circondarono d'una sacra misteriosa attrattiva la Cripta e le donarono il carattere di vero Santuario.

Prima di quel tempo le ossa dei santi Martiri Emidio e compagni giacevano probabilmente sotto l'unico altare episcopale, trasportate in epoche incerte dall'Oratorio delle Grotte.

Questa opinione ha buon fondamento nell'uso non interrotto di conservare sotto l'ara Massima le ceneri dei Martiri e nelle parole - Pro honore beatissimi Midii et sanctorum sociorum qui sub altare sunt - contenute nel Diploma di Carlo Magno alla Chiesa Ascolana, sulla cui autenticità, messa in dubbio, la critica non ha detta ancora l'ultima parola (Arch. cap.).

In conseguenza dell'accrescimento di culto verso il glorioso Martire, la Cattedrale ch'era solo dedicata alla Vergine Madre di Dio ebbe anche il titolo del Patrono S. Emidio, come risulta dal diploma di Enrico III 27 maggio 1056 e dalla Bolla di Leone IX luglio 1052 (Arch. Cap.).

A compimento dei restauri, che durarono lungo tempo, proseguiti sempre con rinnovato fervore dai Vescovi che successivamente occuparono la cattedra, Monsignor Bongiovanni consacrò con magnifica pompa, nell'anno 1286, assistito dai Vescovi di Osimo, Pesaro, Senigallia e Teramo l'altare maggiore, forse quello di carattere bizantino-romanico fatto di lastre marmoree lavorate a intarsio nerastro, rimesso in onore dall'Arch. Sacconi negli ultimi restauri e protetto dal suo meraviglioso Baldacchino.

RINNOVAMENTO DEL CINQUECENTO


Lo splendore del rinascimento diffuso in tanti monumenti di Ascoli non poteva mancare di riflettersi nella Cattedrale. E il vanto di quest'opera era riservato al Vescovo Caffarelli dell'antica illustre famiglia, decoro anch'oggi del patriziato romano (1464-1500).

La Cattedrale in parte deteriorata, in parte bisognosa di riparazioni e abbellimenti secondo il gusto del secolo ebbe da lui vita nuova. Lasciate intatte la nave traversa e la cupola ottagonale ampliò notevolmente tutta la parte anteriore, sollevando in robuste colonne ottagonali con capitelli semplici ma con lieve sapore di rinascimento la volta piegata a crociera su eleganti archi semigotici, che donano all'insieme un'aria di leggerezza e di largo respiro (1482).

Interno Duomo di Ascoli
L'interno


L'abside acquistò la lunghezza luminosa che tuttora si ammira e si circondò di quel meraviglioso coro di noce intagliato con finezza quasi di merletto, e così ricco di varietà inesauribili e di tutto il corredo di quella briosa e libera maniera di rote, rose, e archi doppi e tripli, di colonnine, gugliette e fiorami da destare in tutti ammirazione e diletto. Furono autori della bella opera Paolino d'Ascoli e Francesco di Giovanni al quale si attribuiscono pure la porta laterale della Chiesa e della Sagrestia.

All'unico ingresso della grande navata alla Cripta, Si sostituirono con pensiero due scalee laterali.

All'esterno intanto si innalzavano ridenti di bellezza le facciate laterali, specialmente quella verso il Battistero, ammirata per l'elegante correttezza, e per la Porta della Musa, così classica e bella per la grazia e vivacità dei festoni. La facciata fu costruita dal 1529 al 1539 su progetto di Cola dell'Amatrice. I grandi finestroni gotici, ornati di colonnine e trafori bellissimi furono fatti costruire da Mons. Camaiani, forse su disegno di Carlo Crivelli. Da questo periodo gli abbellimenti non si arrestarono più: al semplice e solenne altare con ornati d'intarsio fu sostituito un altro di gusto secentesco incrostato di fini marmi a colori con sculture di vivace e squisita modellatura: le pareti si vestirono di artistici monumenti funebri e le conchiglie sotto le grandi bifore di fastosi e ricchi altari.

Battesimo di Polisia
Battesimo di Polisia


Il lavoro però di maggior rilievo fu compiuto nella Cripta intorno all'urna del Santo nel 1704 con i disegni dell'architetto Giuseppe Giosaffatti. Alle antiche frammentarie colonne fu sostituita una serie di colonne ioniche ora binate ora quadruplicate di rosso di Verona con le loro basi e capitelli in bianco marmo di Carrara, e dietro l'urna, che pure è mensa dell'altare, sorse il gruppo marmoreo di Sant'Emidio che battezza la vergine Polisia, opera di pregio, squisitamente eseguita dal giovane Lazzaro Giosaffatti. Così nuova luce pioveva dall'arte sul sepolcro glorioso del Santo Martire e nuova fonte di pure emozioni si aprivano per i devoti, che affluivano spauriti e commossi a implorare soccorso contro gli spaventosi scotimenti dei terremoti.

ULTIMI RESTAURI 1882-1894.


Ma il tempo logora i bronzi e sgretola gli edifici che parevano destinati a durare eterni. Una grande anima però, apostolo di fede e di carità, dal trono vescovile posava l'occhio vigile sulla più che millenaria Cattedrale, Elia Antonio Alberani. Egli, raccogliendo nel suo cuore lo spirito dei suoi antecessori che avevano creato questo monumento, con affannosa cura ne sognò il rinnovamento e lo splendore e con generosità principesca preparava i mezzi al nobile intento. Gli uomini dai quali s'irradiò sulla Cattedrale la virtù trasformatrice invocata dal santo Vescovo furono il pittore romano Cesare Mariani e il celebre architetto Giuseppe Sacconi. Il Mariani prima di accingersi all'arduo lavoro non solo studio profondamente le primitive linee architettoniche e le successive variazioni del tempio; ma più d'una volta si recò a Ravenna per entrare nei segreti dell'arte bizantina, sperando con gli accorgimenti dell'arte di fondere in un tutto armonico le diverse epoche. E la speranza non fu delusa. Chi entra infatti nella Cattedrale quando l'investe favorevolmente la luce diffusa dagli ampi finestroni a vetri multicolori non può trattenere l'ammirazione innanzi allo spettacolo inaspettato di sfondi, di colonne, di archi uniti in una sinfonia d'azzurro, di colori e d'oro.

La volta della nave centrale è corsa da una ricca armoniosa decorazione: e nelle sedici vele formate da quattro crociere si staccano quasi viventi le figure degli apostoli, dei dottori e dei profeti dipinte nel loro caratteristico atteggiamento con vigoria di espressione, di sentimento e di rilievo.

Con questa decorazione e con il grande affresco dell'Assunta genialmente ideato sul largo spazio, che intercede tra l'arco della cupola e quello della navata mediana, l'artista, usando toni molto luminosi, ombre molto trasparenti e riflesse, lasciando gran parte del fondo al paesaggio, al cielo sereno e a una vivissima luce giallastra che viene dall'alto come una irradiazione del Paradiso spalancatosi per accogliere l'Assunta, che campeggia nel centro, è riuscito con l'arte sua ad eliminare la pesantezza tediosa di quel muro e quasi a sfondarlo, aprendo agli occhi dei devoti una mirabile visione.

Assunzione di Maria
Assunzione di Maria


« La Vergine si solleva fra le nubi entro una mandorla il cui fondo è granitura d'oro e l'incorniciatura è formata di cherubini e di stelle. Due angeli le reggono sopra il capo la corona siderea, due altri le sorreggono il manto e due ultimi affondano le braccia nelle nubi come per tener raccolta quella sostanza tenue che ha l'onore di servire di seggio alla Regina. » Il bel viso della Vergine, cosparso ancora d'un pallore memore dei patimenti della terra e della morte recente assorbe avido la luce nuova che l'inonda, le braccia si sollevano in atto gentile e par che lo spirito riconosca il luogo per molti anni aspettato.

« Mirabile figura dipinta con grande dolcezza di stile, senza crudezza di linee troppo determinate, involuta nell'aria come una realtà passata a più felice condizione di vita. I Santi rimasti in terra hanno consistenza e saldezza di corpi. Si staccano bruni dall'azzurro dell'aria e calcano il suolo disposti a destra e sinistra del sepolcro infiorato e già deserto della salma che aveva accolto. Nel dipingere quelle facce aduste pel sole e solcate dalle cure delle fatiche apostoliche, il pittore ha trovato energia quanto nel trattare il gruppo principale aveva trovato delicatezza. Sono figure severe, comprese di raccoglimento ascetico, a cui il nobile cader delle pieghe e il disegno perfetto aggiungono dignità. » (G. Cantalamessa).

Nessun luogo più opportuno di questo si presentò all'ingegno del pittore per offrire ad Ascoli una visione della sua Corte celeste, raggruppando in un immenso quadro e l'Assunta a cui era prima dedicata la Cattedrale e Sant'Emidio, aggiunto poi con i suoi compagni, come patrono della città di Ascoli; la quale si adagia in fondo con le sue torri brune, con i suoi ponti e le sue montagne dalla strana configurazione. Qui veramente il Mariani, assorbito in un alto concetto che abbraccia secoli e secoli di vita picena, fa con la magia dei colori un mirabile e suggestivo poema di storia, di religione e d'arte.

LA STORIA DI SANT'EMIDIO NELLA CUPOLA.


Nella cupola il Mariani, appoggiato all'opinione dei molti eruditi che la ritengono anteriore al mille, vide subito che conveniva attenersi ad uno di quei partiti significativi e solenni dell'arte bizantina e romanica. Quindi nel centro della calotta di un fondo azzurro adatto, circondata da cherubini, la maestosa figura del Cristo benedicente da cui si diffondono per lungo tratto luminosi raggi d'oro. All'intorno sopra lieve strato di nubi dispose figure d'angeli, bianco vestiti, diritti, che sostengono gl'istrumenti della passione.

Cupola Duomo di Ascoli
La cupola


Nella parte più alta del tamburo dispose tra palmizi la serie dei Santi che ebbero culto speciale nella chiesa ascolana: figure calme nell'aspetto ma in cui si avverte una fiamma di vita intima, nobilmente atteggiate che sembrano respirare in un mondo superiore e guardare da quell'altezza con premurosa pietà le miserie dei viventi. In questa zona, se pure il pittore non ha dato alle figure la posa monumentale e serafica dei mosaici bizantini, ha saputo rendere il sentimento di un'arte primitiva.

Nelle otto Lacce della zona inferiore ha rappresentato la storia di Sant'Emidio. Qui, per la la varietà delle composizioni, per gli ardimenti della scena, è più moderno, ma non ha dimenticato, dice il Cantalamessa, che legge essenziale è l'unità del complesso ed ha cercato gli accordi nella quiete dell'intonazione e nella compostezza grave delle figure. Descrivendo i quadri si accennerà brevemente agli episodi principali della vita del Santo.

1. Conversione di S. Emidio. - A Treveri, nel fiore dell'età, Emidio, bello della persona, con l'animo volto a nobili ideali, è preso dal fascino della religione di Cristo e ascolta quasi in estasi i ragionamenti di due vegliardi che gli parlano dei isteri divini. Il giovane con le mani giunte e gli occhi stellanti al cielo sembra assorto in una visione e immemore di ciò che lo circonda. Intorno è diffusa una luce mista a un'aura di pace resa più dolce dal paesaggio; ma la scena è fatta viva e interessante da alcuni giovani che in atteggiamento di curiosità e di stupore attendono l'esito del colloquio.

2. Sant'Emidio è trascinato al tempio di Giove. - La conversione del giovane al cristianesimo produsse meraviglia e sdegno nella maggior parte dei cittadini, forse anche dei suoi; si che ogni mezzo fu messo in opera ed anche la violenza per ricondurlo al culto degl'idoli. Ma mentre è trascinato a forza al tempio di Giove, il giovane, incapace a svincolarsi, alza le braccia e gli occhi al cielo in atto che implora pietà. E Dio opera un miracolo; il miracolo che segna fin da principio la caratteristica che doveva far luminosa la santità del giovane convertito: la protezione contro i terremoti. Un violento terremoto si scatena: le colonne del tempio pagano, spezzate a metà, crollano: dall'alto cadono pietre minaccianti sterminio: si rovescia l'ara su cui cade atterrito il vecchio sacerdote e due vittime già pronte al sacrificio, fuggono spaventate, ritenute appena dall'erculeo sacrificatore. Un uomo è già morto sotto un masso, un altro guarda in alto e fa atto di salvarsi dalle pietre che vengono giù, e una donna disperata tende a lui le braccia chiedendo aiuto, mentre un'altra piange affannosamente. Tragica scena piena di violenza e di terrore concepita e dipinta con senso di crudo realismo e potenza di rilievo straordinario. Il giovane Emidio dopo la scena brutale, fuggi dalla casa paterna e dalla patria, luogo pericoloso per la sua fede non ancora adulta e scese in Italia con tre suoi compagni Euplo, Germano e Valentino. A Milano, ove secondo la tradizione, sosto tre anni, fu ordinato sacerdote, ma non vi rimase. Sentiva nella sua anima Roma e partì. Ivi per le opere d'apostolato e di carità acquistò presto rinomanza e San Marcellino papa sul declinare del secolo secondo lo consacrò vescovo di Ascoli. Acceso lo spirito del fuoco della sua alta missione, Emidio, seguito dai tre compagni, prese il cammino per Ascoli tenendo probabilmente l'antica via Salaria. A un certo punto però, che dovette essere non Antrodoco, come scrivono comunemente i biografi, ma oltre le gole di Sigillo, deviò per salire l'altopiano dell'Aterno, attirato forse dalla fama di Amiternum, città allora fiorente di vita cristiana di cui ora restano superbi avanzi, l'anfiteatro e le catacombe di San Vittoriano.

3. Arrivo di Sant'Emidio a Pitino. - Passato Amiterno egli si diresse verso Pitino o Pettino, piccola città poco lungi da Aquila, sede un tempo di vescovado ora completamente distrutta. (Signorini, « Diocesi di Aquila »). E' questo il tema del terzo quadro. Lo sfondo è un dolce pendio in parte brullo, in parte vestito di verde, in alto si vedono le mura e i fabbricati della città; a sinistra in lontananza velato da tenue nebbia spiccano le cime nevate del Gran Sasso d'Italia. La figura d'Emidio è in mezzo, bella, solenne, che stringe con la sinistra il suo buculum episcopale e con la destra in alto benedice i magistrati in toga che allineati si inchinano con riverenza. Vicino al Santo è il crocifero e dietro una turba di pellegrini riconoscibili al cappello gittato dietro gli omeri e al bordone che hanno in mano. Non si poteva trovar cosa più grandiosa di quelle linee di figure bianche che quasi fascinate fanno atto di ossequio all'ignoto viandante in quella stupenda solitudine.

4. Sant' Emidio guarisce un paralitico. - Da Pitino S. Emidio, traversando l'Abruzzo, volse il passo ad Ascoli, meta della sua missione. Qui comincia la sua predicazione e Dio con miracoli avvalora la sua parola. Siamo nel foro d'Ascoli: la città nei suoi classici edifici, con una torre che si slancia ardita in alto, si disegna su tutto lo spazio: più indietro sfumano degradanti i monti a nord sui quali emerge nella sua scabra nudità la vetta dell'Ascensione. Un infermo sorretto da una giovine donna tende le braccia al missionario, nell'uno e nell'altra è l'antmata aspettazione del prodigio invocato con così ardenti preghiere. Il giovane apostolo, nobilmente eretto, nei fini e pallidi lineamenti rivela come una forza misteriosa, e con la destra elevata benedice, con la sinistra in dolce atto di amore aiuta l'infermo a sorgere. Il prodigio non è ancora compiuto; ma il volto pieno di fiducia del Santo dice che qualche cosa di straordinario sta per compiersi.

La folla di sinistra ha nello sguardo l'ansia penosa di opposti pensieri, e nell'intercolunnio di un tempio pagano i sacerdoti dei Numi spiano affannosamente quello che sarà per accadere, mentre a destra i compagni del Santo, avvezzi già a mirare altri fatti meravigliosi, cogitabondi ma sereni, pregando, aspettano. Quadro grandioso per fantastica ricostruzione d'ambiente, per movimento ed espressione di opposte passioni.

5. Conversione di S. Polisia. - Dal foro, ove si è svolta la scena piena d'emozione dell'infermo risanato, siamo trasportati nell'interno del palazzo del governatore, che aveva promesso di dare in isposa la propria figlia al giovane apostolo. Dalla loggia che prospetta il giardino e inonda di luce e di profumi la stanza emergono alberi, piante e fiori che elevano quasi carezzando le marmoree colonne. Polisia è là seduta innanzi a un tavolo ove sono la cista e gli oggetti da toeletta, e da una parte, quasi in una certa dimenticanza, i libri mezzo arrotolati mezzo svolti. Vestita d'abiti ricchissimi, adorna il braccio nudo di armille auree e di due cerchietti la voluminosa capigliatura, esercita nella sua posa un fascino quasi voluttuoso. Di fronte a lei sta Emidio, che nella foga dell'ispirazione si è lasciato cadere sullo scan-no il manto e parla con parola infocata: Polisia ha le mani incrociate e ascolta con tale atteggiamento da lasciare in dubbio l'ammiratore se in quella dolcissima fissità degli occhi azzurri permanga una profana intenzione o si riveli l'animo estasiato dalla parola di vita nuova. Ma la vittoria è dell'apostolo; e Polisia non sarà la sua sposa, ma il più bel fiore della sua conquista: sarà la sua figlia in G. Cristo; sarà la mite e forte eroina che passerà attraverso i secoli avvolta nella luce di poesia e di bellezza celeste, soave imagine di virtù muliebri all'anima credente degli ascolani.

6. Battesimo di S. Polisia. - La tradizione ascolana vuole che S. Emidio, quando si appressò l'ora di compiere il rito battesimale, facesse sgorgare quella polla d'acqua che tuttora scorre nella fontana di Borgo Solestà, ma il Mariani non la segue e pone la scena commovente del battesimo sulle rive del fiume. Magnifico il paesaggio ritratto dal vero e sentito nell'anima dell'artista con evidenza e calore. Il superbo ponte romano che s'inarca arditamente sul profondo alveo del fiume getta la sua ombra sopra una parte della folla di gente, che nell'abito bianco dei catecumeni, lungo la riva e quasi coi piedi nell'acqua, cammina verso il battezzatore. Irradiata dal sole, è innanzi a tutti Polisia, che curva sotto la mano di Emidio, con umiltà, riceve dalla coppa sulla chioma fluente l'onda rigeneratrice. Invano cerchi in lei la fastosa fanciulla dell'affresco precedente: ella nella bianca tunica è già la vergine sacra al suo sposo divino, accesa soltanto di pensieri celesti. Presso di lei è Glafira, la mite giovinetta, che fu già sua ancella ed ora le è compagna nel coro delle Vergini: aspetta il suo turno per ricevere il raggio della grazia, come tante altre che vengono dietro. A questa figurazione che su l'ali della fede solleva lo spirito al fascino divino e misterioso della redenzione, segue la scena tragica del martirio con la visione del miracolo che la riveste di luce.

7. Martirio di Sant'Emidio. - Al suolo irto di sterpi e di massi informi, orrido di chiazze di sangue giacciono tronchi umani con le teste staccate e sanguigne: sono i martiri della fede. Anche il Santo Vescovo ha subìto martirio; ma si è alzato, come avesse duc vite: ha raccolto da terra il suo capo e sereno cammina verso il luogo del suo riposo. Una luce straordinaria irraggia tutto intorno e nella vaporosità luminosa s'intravede ancora sopra il collo la sembianza diafana della testa che non c'è più. Intorno allo strano avvenimento si fa un grande vuoto: il carnefice si lascia cadere la scure e fugge in preda allo spavento: una donna si percuote disperatamente il capo, altri tendono le braccia convulse con gli occhi sbarrati, quasi percossi dall'ira divina. Il cielo è luminoso e gli angeli cantano la gloria del Martire.

8. Traslazione del corpo di Sant'Emidio. - Il Mariani, appoggiato all'autorità non molto solida del Marcucci, fa avvenire la traslazione sotto l'episcopato di S. Claudio (345-370); quindi può dare ai suoi personaggi l'abito romano, che nella ricchezza e nelle larghe pieghe dona maestà alla scena.

Solenne veramente è il gruppo di S. Claudio, figura quasi ispirata con gli occhi al cielo, in mezzo a due assistenti, giovanetti con capelli spioventi, di beltà angelica: dietro vien la bara coperta di coltre nera con sopra una corona di fiori tratta a spalla dalla grotta la cui ombra è vinta dalla luce delle candele.

Nei pennacchi della cupola al centro di quattro spazi ovali concavi sono dipinte in mezze figure le virtù teologali e la fortezza, fondamento della vita cristiana e sostegno ideale di tutta la figurazione pittorica della cupola.

INGRESSO ALLA CRIPTA E ALTARE PAPALE.


La parte architettonica negli ultimi restauri fu affidata, come si è detto, al genio dell'architetto Giuseppe Sacconi. Egli con quel gusto fine che ha dimostrato sempre in tutti i suoi lavori, riaprendo la scalea che già esisteva nel centro della nave mediana, mise in evidenza il gruppo marmoreo di S. Emidio e Polisia e il bel colonnato del Giosaffatti, affascinando lo sguardo di chi entra. Senti quindi la necessità di armonizzare la balaustra risultante di pilastrini, basi e cimase di bianco di Carrara e snelle colonnine di breccia rossa di Verona e tutta l'incrostatura a marmi colorati delle pareti con l'architettura della Cripta, congiungendo con due scalee ascendenti a fianco della balaustra il corpo della chiesa co! presbiterio. E l'esito non poteva essere più felice. Su questo insieme armonico di luci riflesse dai levigati marmi a colori, di penombre distese tra gl'intercolonni del sotterraneo e sotto la gloria della cupola, ove un popolo di Santi parla con Dio, ideò il superbo Ciborio, che copre l'altare papale.

Su basi ottagonali con semplici ornati di marmo bianco sorgono quattro colonne di nero africano, sormontate da capitelli così originali ed eleganti nella corona di gigli intrecciate alle volute da far stupire gli osservatori. Sopra i capitelli legati da catene di ferro battuto si piegano gli archi semiacuti con tabernacoli agli angoli, che arieggiano al gotico; e sugli archi si leva tra colonnine, archetti un tamburo ottagono coperto da una piramide, e sul culmine un lanternino d'incantevole leggerezza.

Cripta di Sant'Emidio
Cripta di Sant'Emidio


Nel Ciborio si riflettono le vicende artistiche di almeno quindici secoli, perché non solo fu studiato in relazione al solenne ingresso della cripta, e alle linee antiche e nuove del tempio, ma con sapiente accorgimento fu arricchito di bassorilievi e di statue di squisita fattura, eseguite dall'ascolano Giorgio Paci, e abbellito dei più simpatici e graziosi ornati desunti da altri monumenti di Ascoli. Tutto questo lavoro, quasi immagine di castello fantastico, fu scolpito con passione e tormento da un umile scultore, Ciriaco Nori, sotto la direzione del geniale geometra Giovanni Capponi, incaricato per questo dall'architetto Sacconi, il quale diede anche l'indovinato disegno del pavimento in marmo.

E basti avere accennato a quanto resta dell'arte antica nel vetusto tempio per non parere nimemori delle nostre glorie; e far senza orgoglio, che l'arte moderna anche presso di noi lascia un monumento non indegno delle sue nobili origini.

POLITTICO DEL CRIVELLI.


Sulla parete sinistra della Cappella del Sacramento splende questo superbo polittico dipinto nel 1473 da Carlo Crivelli. Si divide in cinque reparti, racchiusi entro una ricchissima cornice gotica. Nel centro è la Vergine seduta in trono col Bambino sul grembo; a destra Sant'Emilio e San Paolo; a sinistra S. Giovanni Battista e S. Pietro; nei reparti della Cimasa sono contenuti: in quello centrale la Pietà, in quelli laterali San Girolamo, S. Caterina M., S. Giorgio, Sant'Orsola. Nella predella entro undici piccoli reparti sono dipinti Cristo e dieci Apostoli. Opera piena di grazia così squisita e di tanta soavità di disegno e di colore che è un incanto di bellezza. Omettendo altri lavori di pittura, il magnifico tabernacolo del Sacramento, gl'intagli in noce del pulpito, degli armadi eleganti di Moys d'Anversa del 1565, collocati negli ariosi locali della sagrestia costruita nel 1420, accenno ai migliori e più antichi oggetti del Tesoro.

Polittico del Crivelli
Polittico del Crivelli


PALIOTTO D'ARGENTO.


È in lamina d'argento a bassorilievo cesellato, diviso in ventisette riquadri nei quali sono rappresentati in figurine mirabili i fatti principali della vita del Redentore, dall'Annunciazione fino all'Ascensione al cielo. Alcuni lo han detto lavoro della fine del secolo XIII; ma un esame più accurato lo ha fatto dichiarare del secolo XIV; ed Emilio Bertaux lo attribuisce a qualche Orefice abruzzese o locale. È certo lavoro che può onorare qualunque scuola.

STATUA DI S. EMIDIO, IN ARGENTO FUSO.


Il Santo dalla figura giovanile è in piedi vestito di abiti pontificali; con una mano stringe il pastorale, con l'altra benedice. Sull'orlo del piviale e della stola si rincorrono ornati di squisito gusto. Nel fermaglio che tiene unito sul petto i due lembi del piviale è rappresentato il Papa Marcellino in atto di consacrare Emidio vescovo d'Ascoli. Nelle fronti della mitra son cesellati in tondi ed ovali i Santi della chiesa ascolana. Questa statua così composta nella solenne dignità vescovile, così bene atteggiata nelle sapienti pieghe delle vesti fa pensare ai migliori lavori di arte toscana; ed è invece del nostro Pietro Vannini, il quale l'avrebbe eseguita (forse in collaborazione di un altro artista) poco dopo il 1482.

IL BRACCIO DI S. EMIDIO.


E un reliquario in forma di braccio con le tre prime dita della mano tese in atto di benedire. E tutto in argento.
Misura in altezza cent. 87 insieme con l'elegante base di rame dorato che ha la forma d'un esagono stellato, con motivi di decorazione filogranati, chiusi in sei faccette ovali quadrilobate. Quest'opera meravigliosamente bella per la finezza dei ceselli, per gli smalti e gli
ornati così del piede come del braccio è anche di Pietro Vannini; lo ha dimostrato Emilio Bertaux studiando con passione e paragonando con occhio e gusto di critico sapiente questo con altri autore. È una reli-quia che ha un culto di devozione da tutti i fedeli ascolani, e un culto di ammirazione da tutti gli amanti dell'arte.

STATUA DELLA MADONNA.


È tutta d'argento della stessa grandezza di quella di S. Emidio, detta Madonna di Loreto col Bambino in braccio, fu
eseguita da Curzio Compagni Fiorentino l'anno 1613; non manca di pregi artistici, ma non può sostenere il paragone con la prima.

Lascio da parte il Pastorale d'argento del card. Berneri, lavorato su disegno del Vasari, 1589: il Cofanetto della N. D. Tibaldeschi con bassorilievi elegantissimi in osso rappresentanti il giudizio di Paride -: il grandioso Ostensorio tutto in argento eseguito su disegni di Giosaffatti, ornato di gemme preziose e di diamanti; le due Paci pregevolissime, una di smalto di Limoges, l'altra di cristallo di rocca
con l'incisione dorata della deposizione, ed altri oggetti di valore, rivolgendo l'invito a quanti leggeranno questa breve monografia di procurarsi la soddisfazione di una visita alla vetusta città del Piceno ove, dopo aver pregato sulle ceneri del Protettore contro i terremoti, troverànno da deliziarsi tra vestigi luminosi della grandezza romana e monumenti e ricordi artistici, che da ogni epoca tramandano posteri con superba eloquenza le glorie della religione e della patria.

CAPPELLA DEL SACRAMENTO.


Sulla parete della nave destra si apre la Cappella del Sacramento, a croce greca di stile ionico, sormontata da una bella e ariosa cupola. Ne diedero il disegno gli Architetti Ignazio Cantalamessa e Agostino Cappelli ascolani. Il pittore Fogliardi vi dipinse a chiaroscuro i profeti sui pennacchi della Cupola, con disinvolta bravura. Dietro e quasi a sostegno dell'unico altare, che è in fondo alla Cappella s'innalza un magnifico tabernacolo di legno dorato. È lavoro di notevole importanza, sia nel complesso, sia nei particolari eseguiti con ricchezza di fantasia decorativa, e grazia di disegno. Ne fu autore Desiderio Bonfini di Patrignone per commissione della patrizia ascolana Aurelia Guiderocchi, che nel 1619 ne fece dono alla Chiesa di S. Francesco, di dove poco prima del 1860 passò alla Cattedrale.

Le pareti laterali della cappella ospitano due tele facenti parte della serie di quattro (le altre due si trovano sulla controfacciata della chiesa), realizzate da Ludovico Trasi poco dopo la metà del XVII secolo e raffiguranti il Battesimo di Polisia e la Decapitazione di Sant'Emidio, nella quale viene rappresentato il momento nel quale il Santo, raccolta la propria testa, tra il terrore e lo stupore degli altri personaggi attorno, è in procinto di incamminarsi verso il luogo di sepoltura.

Battesimo di Polisia
Battesimo di Polisia


Decapitazione di Sant'Emidio
Decapitazione di Sant'Emidio


BATTISTERO.


La porta esterna di questo edificio non è che il rivestimento di quella interna molto più antica; ha la base quadrata formata di grandi massi di travertino e la parte superiore ottagonale, che ha in ciascun lato tre archetti con eleganti colonnine, tranne quello orientale che ne ha quattro. Il rivestimento è dell'epoca romanica, forse del secolo XII. Questo grazioso edificio ha due ingressi: l'uno ad ovest, l'altro a sud. Il primo di forma rettangolare ha due riquadrature ai fianchi e sopra l'architrave un triangolo sagomato attraversato da una fenditura; il secondo dagli stipiti con sagome e capitelli non rifiniti, e una lunetta sostenuta da un architrave intagliato con treccia bizantina. L'intorno è di pianta ottagonale non perfettamente regolare. In mezzo ad esso sorge il fonte battesimale sostenuto da un fulcro a spira, grossolano lavoro forse del sec. XIII ma non privo di grazia. Intorno esistono ancora gli avanzi infranti dei massi che formavano la vasca ove anticamente si amministrava il battesimo per immersione, a sud è riconoscibile la sedia episcopale. Qual secolo ci ha dato questo eletto fiore d'architettura? I critici non hanno dato ancora alla questione una soluzione definitiva.

Battistero di Ascoli
Il Battistero


VISITA IN TRE DIMENSIONI


L'INTERNO




LA CRIPTA



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