Basilica di San Nicola da Tolentino

San Nicola da Tolentino
Nome: Basilica di San Nicola da Tolentino
Titolo: Convento degli Agostiniani
Indirizzo: Piazza, Traversa S. Nicola - Tolentino


Uno dei monumenti dei quali giustamente vanta la regione Marche è questo tempio insigne.

Di linee grandiose è formata l'ampia facciata della chiesa, elevata a basilica da Pio VI nel 1783. Il suo prospetto incrostato di travertino, sino al primo cornicione, si deve alla munificenza di monsignor Giambattista Visconti, vescovo di Teramo, che nel 1628 lo fece costruire. Il tempo però, dopo circa 133 anni, minò la solidità della facciata, ed allora fu sollecita cura dei Padri Agostiniani di degnamente restaurarla, aggiungendo nuovo travertino per la parte superiore al primo cornicione: pregio principale di questo prospetto è il magnifico portale, in pietra veneta, opera di Nanni del Rosso, fiorentino, che, nel 1435, lo compiva per volontà munifica del prode tolentinate Niccolò Mauruzi; le statue del San Giorgio a cavallo e della Vergine col Figlio, che sovrastano al portale, completano la sua ampia decorazione piena di solennità, ed hanno bellezza, atteggiamento e forza degni del grande Jacopo senese.

Interno della Basilica
Interno della Basilica

All'interno un grandioso e ricco lacunare, non secondo per ricchezza ai più insigni delle basiliche romane, è ornamento dell'interno della basilica. Anch'esso è dono del Visconti, per il quale profuse ingentissime somme. Ricco di ornati e di statue si apre magnifico alla vista. È opera di Filippo da Firenze.

L'interno della basilica è stato decorato con ornati e dorature dai Caroselli, romani. La chiesa, nella sua odierna disposizione, presenta una sola navata, sette archi nell'ala destra ed altrettanti nella sinistra, lungo le pareti del tempio. Quattro per ogni parte danno ingresso alle cappelle: i due verso il presbiterio a cornu epistolae mettono, l'uno nel chiostro e l'altro nel Cappellone. Dal lato opposto, il primo arco apre l'ingresso alla pubblica via; l'altro alla Cappella del Santissimo Sacramento.

Due grandi pilastri formano l'arco trionfale, sormontato dallo stemma dell'Ordine Agostiniano; quindi si entra nel presbiterio. Quivi le lunette laterali, con angeli e virtù, la lunetta di prospetto con San Nicola e la Madonna, il Padre Eterno, e le singole lunette, nell'interno del coro, ove sono rappresentati vari santi dell'Ordine Agostiniano, sono opera del prof. Luigi Feritana, che le eseguì nel 1882; così pure le vetrate dipinte, con Sant'Agostino e San Nicola di Bari.

Prima di uscire dal presbiterio, si ferma la nostra attenzione su due grandi quadri situati nelle pareti laterali, entrambi opera del pittore anconitano Giovan Battista Foschi, che li esegui nel 1629; rappresentano, l'uno San Nicola infermo rallegrato dalla visione della Vergine e di Sant'Agostino, nonchè il miracolo delle pernici; l'altro la recisione delle braccia del Santo. Il grandioso altare, tutto in marmi finissimi, fu donato, nel 1905, dall'Ordine Agostiniano. Anche le pareti laterali del presbiterio sorso state, recentemente, decorate da ricchi marmi, e sono notevoli, per leggiadria d'intaglio, le due portícine di noce, opera dei fratelli Reali di Tolentino. 

Uscendo del presbiterio, la prima cappella alla destra è dedicata al Santissimo Sacramento. La bella decorazione e gli affreschi notevoli, sono opera dell'illustre pittore tolentinate Francesco Ferranti. In questa cappella. sono ancora i ricordi marmorei di Nicolò Mauruzi e di Francejo Filelfo, entrambi cittadini di Tolentino; uno onore delle armi, l'altro delle lettere (secoli XIV e XV).

Nella cappella che segue, il quadro dell'altare é opera dell'Anustasi di Senigallia. Oggetto però di generale ammirazione è una graziosa pastiglia policromata, del secolo XV, rappresentante la Madonna, attribuita al Rossellino. Nelle altre cappelle vi è di notevole una statua in legno della Vergine, opera del secolo XIV, e un quadro rappresentante Sant'Anna, del Guercino, e la Madonna dell'Ulivo, opera del tolentinate G. Lucatelli, artefice assai apprezzato. Volgendo a destra, prima di entrare nella cappella del Taumaturgo, è necessario fermare l'attenzione ad un angusto stanzino, ove sono tracce di antiche pitture, parte dell'Oratorio, ove San Nicola pregava, e dove, per alcuni anni, la sua salma venne dal popolo venerata. 

Cappella delle Sante Braccia
Cappella delle Sante Braccia

LA CAPPELLA DELLE SANTE BRACCIA

Entrando, il primo vano, la cui costruzione ricorda i caratteri del secolo XIII, in origine era l'antica sagrestia. Per dare alle sante Braccia maggiore venerazione, nel secolo XVII, fu scelta la sagrestia e convertita, per quest'uso, in cappella. Vi si aprì, nelle pareti di contro, un grande arco sorretto da due colonne, che mette nell'altro vano, su cui s'eleva una cupola varia di ornati e di dorature. Nei quattro peduncoli della cupola, il tolentinate Pallotta dipinse i quattro Pontefici che più d'altri glorificarono San Nicola: Eugenio IV che lo canonizzò, Alessandro VII che lo proclamò protettore della Chiesa, Pio VI che eresse a basilica il tempio, Leone XII che, generosamente la dotò dopo la spogliazione napoleonica.

Nelle pareti laterali di questo vano sono posti due quadri: l'uno rappresentante la peste di Genova, donato da quella Repubblica, l'altro il palazzo ducale di Venezia preservato, per intercessione di San Nicola, da un incendio nel 1468. Autore del primo quadro è il Carrancini; del secondo Matteo Stomer.

Dall'arcata, in mezzo di questo vano, si accede nella terza parte della cappella ove sono conservati, in un altare argenteo di stefano govarelli del 1697, le santissime Braccia ed altre reliquie preziose del Santo, racchiuse in reliquiari di alto valore artistico.

Sulla parete di fondo è particolarmente venerato un affresco della scuola di Gentile da Fabriano, che la tradizione vuole sia le vera immagine di San Nicola. Nella cappella fiorisce una fastosa decorazione di marmi in cui, oltre alle colonne di verde antico e i rispettivi capitelli, ammiransi due angeli di scuola berniniana; il paliotto d'argento fu lavorato nel 1656 da Sebastiano Perugini di Macerata: la piccola cappella è tutta uno scintillio di voti, di doni, di medaglie, di coralli e di pietre preziose. 

Cappellone di san Nicola
Cappellone di san Nicola

IL CAPPELLONE

Il cappellone è il monumento più augusto che la devota posterità abbia elevato alla memoria del Santo. Qui, come bene ha scritto il prof. Rivosecchi, nella solennità della piena architettura romanica, di poco variata da curve gotiche, da secoli canta, entro il vasto spazio, il poema pittorico delle mani benefiche, che l'arte ha creato, narrando, pochi decenni dopo la morte del Santo, e la vita di San Nicola e storie della Vergine e i fatti della Vita di Gesù. Le mani si aprono con ritmico volo a benedire, candide e leggere, dalle quattro pareti e dalla vòlta, tremanti e fervide di carità e di preghiera.

Quando è stata eseguita questa cappella non ci è dato precisare, ma, con tutta probabilità, verso la fine del secolo XIII o sul principio del secolo XIV. Infatti, da un documento del 1348, sappiamo che in questa epoca la cappella doveva essere terminata. Si è molto discusso, e si discute tuttora, circa l'autore degli affreschi che ornano interamente le pareti e la volta. Sono stati attribuiti al Gaddi, al Giottino, ad Allegretti Nuzi, a Giovanni Baronzio da Rimini. Forse nessuno di questi ne è l'autore; certo però sono opera mirabile di uno o più pittori valentissimi, fioriti nel secolo XIV.

È impossibile descrivere queste bellezze pittoriche, nella quasi totalità perfettamente conservate. Alcuni quadri, come la Strage degli Innocenti, la Disputa di Gesù fra i dottori, le Storie del Santo, la Predica di Padre Reginaldo con la vocazione di San Nicola e il suo ingresso nell'Ordine Agostiniatio, impressionano e riempiono di ammirazione anche i profani. Questo ciclo pittorico (al disotto delle vele della vòlta, nelle quali sono dipinti gli Evangelisti e quattro Dottori della Chiesa Occidentale, ed alla base degli spicchi sette virtù con un vizio: l'ingiustizia) è diviso in tre ordini: nel primo e secondo è rappresentata la Storia della Vergine e di Gesù; nel terzo la Vita del Santo e alcuni miracoli da Lui operati. Chi abbia visitato le numerose chiese italiane, affrescate dai discepoli di Giotto, troverà in queste pitture i caratteri della sua maniera migliore.

Quando il lampadario in ferro battuto diffonde nella cappella fasci di luce elettrica, si dischiude, agli occhi dei visitatori, un lembo di paradiso e dopo avere contemplato tanta e così insigne bellezza, sorge al labbro spontanea una benedizione a quella mano anonima, che, in pieno medioevo, ha rappresentate, con arte si perfetta, queste meraviglie: opere che sono creazioni spontanee, che hanno l'apparenza della vita, una fresca ingenuità, eseguite da un artista che possedeva una squisita sensibilità pittorica. Tutti i secoli si sono ispirati e s'ispireranno ancora a questo esemplare; ma resterà per sempre al Santo di Tolentino la gloria di avere suggerito questo capolavoro, sbocciato agli albori dell' arte italiana e che mai potrà essere superato. Nel mezzo di questa cappella, sorge, oggetto di ammirazione e lì continue preghiere, un sarcofago di travertino, di bellissimo intaglio e policromato, che nel 1474 Pietro, della nobile famiglia Mellini, avvocato romano, devotissime al Santo, memore e riconoscente per grazie ricevute, donò ai Padri Agostiniani, lavorato con l'arte piena di grazia e di armonia del Risorgimento da scolari di Agostino di Duccio, perchè accogliesse il corpo miracoloso, il giorno che fosse rinvenuto; sopra questo sarcofago si eleva una statua del Santo, Dure in pietra, di buona scuola veneta. Dal Cappellone si accede nella sagrestia, antica sala capitolare; la volta fu decorata nel 1786 dal Costanzi, di Macerata.

Il Chiostro
Il Chiostro

IL CHIOSTRO

Il tempo in cui sorse ed il suo autore sono ignoti. In più epoche fu eretto questo chiostro romanico, e probabilmente è anteriore alla prima chiesa, fondata nel 1284. Ha gli archi ribassati e sorretti da colonne o da pilastri ottagonali o polistili, disposti senza ordine, grossi e bassi, in laterizi, con capitelli e basi in pietra. Nell'intradosso degli archetti trovansi interessanti maioliche coeve. Le pareti sono adorne di una fantasiosa decorazione, con quadri dei fatti più importanti della vita di San Nicola; opere di Giovanni Anastasi da Sinigaliia, e, per la parte decorativa, del bolognese Agostino Orsini. Dal Chiostro si osservi il fianco destro trecentesco della chiesa cd il grazioso campanile gotico. Qui, sotto queste arcate, passeggiava, pregando, il Santo, uscendo dalla cella, ora convertita in oratorio. In questa stanzuccia, attigua al Chiostro, mori San Nicola; nella parete di fronte all'ingresso sono degne di menzione due caratteristiche pitture del sec. XVI, rappresentanti San Nicola pregante e il Santo percosso dal demonio.

IL RITROVAMENTO DEL CORPO DEL SANTO

I Reverendi Padri Agostiniani, benemeriti e gelosi custodi del Santuario, grazie all'appoggio delle Autorità religiose e civili, nel 1926 poterono iniziare i lavori per il raggiungimento di un loro agognato desiderio: il ritrovamento del corpo del Santo che una costante tradizione e ì documenti dicevano sepolto nel Cappellone, dopo il sacrilego taglio delle braccia; ma il punto preciso Io si ignorava. Nel febbraio di detto anno, incominciati i lavori, rimossa l'arca marmorea e la statua del Santo, sotto l'arca stessa, alla profondità di circa due metri, fu rinvenuta una antica tomba contenente dei resti mortali ed alcune monete. Appena compiuti gli scavi, fu dato inizio al processo canonico, che, dopo lunghi ed accurati studi, perizie e testimonianze, e sapiente esame di documenti, si è chiuso il 26 luglio 1928, nel qual giorno monsignor Luigi Ferretti, vescovo della diocesi di Macerata e Tolentino, lesso al Tribunale speciale la sentenza con la quale si dichiarava appartenere la tomba ed i resti rinvenuti al grande Taumaturgo.

Nel 1932 fu emessa della sentenza da parte della Sacra Congregazione dei Riti che confermò il corpo di San Nicola e fu edificata sotto al Cappellone l'artistica cripta dall'architetto Arnolfo Bizzarri, di Ancona, nella quale sono custodite le sante reliquie. Così la insigne basilica, fu accresciuta del più ambito tesoro, vedendo aumentato il suo splendore per la gloria del Taumaturgo; questa Basilica alla quale il Vecchio Piceno, l'Italia, il Mondo intero guarda come ad una delle principali mete spirituali ed ideali, dove è dolce raccogliersi nella preghiera, per vincere le aspre lotte della vita, per sublimare nella Fede l'anima nostra.

ACCESSIBILITÀ

La basilica è accessibile in auto per la superstrada che parte Civitanova Marche, in treno sempre da Civitanova Marche e stessa partenza in autobus.

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