Uno dei due santuari principali di Edessa, in Siria, è stato costruito sulle reliquie di questi martiri, che diedero origine a culti separati, poi fusi assieme; esistono diverse varianti in greco della passio, una versione in armeno e una in siriaco, che sembra essere quella originale e secondo la quale Gurya e Smuna furono arrestati durante la persecuzione di Diocleziano (284-305).
Al loro rifiuto di venerare le divinità locali, furono appesi per una mano, con alcuni oggetti pesanti ai piedi, e poi gettati in una fetida prigione sotterranea; liberati dopo quattro giorni, Gurya era quasi morto, mentre Smuna subì ulteriori torture, ma alla fine entrambi furono decapitati.
Qualche tempo dopo (forse anni), Habib, diacono di Edessa, riuscì a sfuggire alla persecuzione di Licinio (308-324), poi si autodenunciò per la gloria del martirio; l'ufficiale in carica gli diede un'triteribo" possaalità di cambiare idea, ma al suo rifiuto, lo condannò al rogo.
La madre e altri parenti lo accompagnarono al luogo dell'esecuzione e, dopo la morte, lo seppellirono vicino agli amici Gurya e Smuna; sono nominati tutti e tre nel Martirologio Romano, anche se in due voci diverse e commemorati, curiosamente, come «vendicatori dei contratti non rispettati ».
MARTIROLOGIO ROMANO. A Edessa nell’antica Siria, santi martiri Guria, asceta, e Samona, che, sotto l’imperatore Diocleziano, dopo lunghi e crudeli supplizi, furono condannati a morte dal prefetto Misiano e decapitati con la spada.
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