Santa Teresa Eustochio Verzeri

Santa Teresa Eustochio Verzeri
Nome: Santa Teresa Eustochio Verzeri
Titolo: Fondatrice
Nome di battesimo: Ignazia Verzeri
Nascita: 31 luglio 1801, Bergamo
Morte: 3 marzo 1852, Brescia
Ricorrenza: 3 marzo
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Beatificazione:
1946, Roma, papa Pio XII
Canonizzazione:
2001, Roma, papa Giovanni Paolo II


La fondatrice delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù nacque a Bergamo il 31 luglio 1801 e fu la primogenita dei sei figli avuti da Antonio e da sua moglie, Elena della famiglia dei conti di Predocca Grumelli.

Si dice che già all'età di dieci anni, quando fece la prima comunione, abbia espresso il desiderio di farsi suora e che, quando fece la cresima fosse già completamente convinta di voler seguire la via monacale. Il canonico della cattedrale di Bergamo, Giuseppe Benaglio, dopo la morte di Antonio Verzeri era diventato il consigliere spirituale di tutta la famiglia e così ebbe anche la responsabilità di aiutare la piccola Teresa a seguire la propria vocazione.

Teresa a sedici anni entrò nel monastero benedettino di S. Grata, ma non poté fare i voti perché in quel periodo era in vigore una legge di Giuseppe II che proibiva alle novizie di vestire l'abito monacale prima dei ventiquattro anni.

Il canonico Benaglio le suggerì allora di tornare a casa. Nell'agosto del 1821 tornò ancora a S. Grata, ma si ritrovò a dover affrontare la stessa proibizione, che ormai aveva colpito non solo le novizie, ma l'intera comunità. Le interferenze politiche, di fronte alle quali le monache erano impotenti, avevano disorientato la comunità e intaccato la sua osservanza. Una volta che il lassismo si era diffuso, l'opposizione alla riforma trovò strada facile e così Teresa, che era invece a favore della riforma, ebbe da subito diversi nemici. Riuscì comunque a conquistarsi la fiducia dei superiori, che le affidarono la responsabilità delle novizie.

Le divisioni presenti all'interno della comunità e l'opposizione ai cambiamenti crearono però una situazione che spinse Benaglio sconsigliare a Teresa di rimanere a S. Grata; egli tra l'altro stava pensando di fondare una comunità dedita all'educazione delle giovani e alla vita contemplativa. Teresa rimase affascinata da quel progetto e, quando il canonico le propose di lasciare S. Grata, lo seguì con grande spirito di obbedienza. Più tardi essa chiese a Benaglio il permesso di poter tornare presso le benedettine, poiché sentiva che la vita di clausura era più vicina alle sue esigenze spirituali. Il padre spirituale acconsentì e così Teresa entrò nel convento per la terza volta. Il suo ritorno non fu visto di buon occhio da alcune sorelle, quindi, sebbene avesse in precedenza rivestito ruoli di prestigio, quella volta ricevette l'incarico più umile e duro.

Ormai, avendo superato i ventiquattro anni, ricevette l'abito, ma i suoi dubbi, accompagnati da una forte aridità spirituale, e senza dubbio esacerbati dai problemi della comunità, la portarono a vivere un periodo di grande sofferenza. Benaglio, dopo essersi consultato con B. Maddalena di Canossa (14 mag.) propose a Teresa di lasciare definitivamente il monastero di S. Grata.

Essa si unì a Virginia Simoni, un'altra donna che si era affidata alla guida del canonico, e, in una casa di campagna in località Gromo, iniziò a fare dei corsi di catechismo per giovani ragazze. Quello fu il primo passo per la fondazione della nuova congregazione. Dopo poco si unirono alle due Antonia, sorella di Teresa, e Caterina Manghenoni e tutte assieme fecero i voti privati nelle mani di don Benaglio, che propose anche che la formazione delle ragazze diventasse lo scopo del nuovo istituto.

Esse adottarono uno stile di vita molto severo, con lunghi periodi di digiuno e di silenzio. Teresa ebbe spesso problemi spirituali, dubbi e tentazioni, ma molti nuovi arrivi, tra i quali altre tre sue sorelle, Maria, Giuditta e Caterina, e sua madre, andarono a infoltire la comunità. La nuova congregazione viveva sotto la direzione generale del canonico Benaglio e con il suo aiuto venne redatta una regola che nel 1842 venne approvata dal vescovo di Bergamo.

La regola prevedeva la creazione di scuole per i bambini poveri, l'assistenza alle donne malate, centri ricreativi di ispirazione religiosa per ragazze bisognose da un punto di vista morale, e l'organizzazione di ritiri ed esercizi spirituali per donne laiche.

Il vescovo, Carlo Gritti Morlacchi, che inizialmente era stato favorevole al nuovo ordine, cominciò a frapporre ostacoli che andarono ad aggiungersi alle difficoltà interne derivanti dalle continue crisi esistenziali di Teresa e alla sua apparente incapacità di prendere decisioni. La fondatrice si recò in visita a Torino, dove S. Maddalena Sofia Barat (25 mag.) aveva già iniziato i ritiri per le laiche; colpita dalla somiglianza dei due istituti, pensò di unificare il suo a quello della Società del Sacro Cuore, ma ben presto capì che c'era" spazio e bisogno per due congregazioni diverse. Prima che la congregazione potesse raggiungere sicurezza e solidità, le suore dovettero superare molte altre difficoltà, ma finalmente nel maggio del 1841, Teresa e le sue consorelle poterono fare i voti perpetui di fronte al cardinale Costantino Patrizi, prefetto della congregazione per i vescovi. L'approvazione della Santa Sede arrivò qualche giorno dopo e venne confermata nel settembre del 1847, quando l'istituto fu autorizzato ad aprire una casa a Roma.

Tra coloro che avevano aiutato Teresa ci fu B. Ludovico Pavoni da Brescia (1 apr.) che, nel proprio istituto, stampò la regola costitutiva della congregazione in un periodo in cui, viste le lotte antipapali e antireligiose del tempo, non era certo prudente.

Quando Teresa acquistò un vecchio monastero a Brescia, il canonico Pavoni fu l'architetto e l'incaricato per la supervisione dei restauri; andò diverse volte a Bergamo e a Trento per conto della superiora e trovò un prete che celebrasse la Messa quotidiana nel convento. Pavoni e Teresa si rispettavano profondamente e la loro stima reciproca è rimasta tra le due congregazioni anche nei centocinquant'anni successivi alla morte dei due fondatori.

Dopo che era stata aperta la casa di Roma, Teresa e la sua congregazione crebbero in grazia, santità e numero. La sua profonda esperienza di Dio, la comprensione intuitiva del carattere delle persone, oltre alle premure e al rispetto per le figlie spirituali, che essa considerava tutte destinate alla santità, le diedero un'autorità e un'umanità che la resero amata e rispettata da tutti.

Si ammalò di colera durante un'epidemia che spazzò l'Italia del nord e morì il 3 marzo del 1852.

È stata beatificata da papa Pio XII nel 1946 e canonizzata il 10 giugno 2001 da papa Giovanni Paolo II. Le Figlie del Sacro Cuore di Gesù sono attualmente presenti in Italia, Argentina, Brasile, India e nella Repubblica dell'Africa Centrale.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Brescia, santa Teresa Eustochio (Ignazia) Verzeri, vergine, fondatrice dell’Istituto delle Figlie del Sacratissimo Cuore di Gesù.

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