Proprio a una delle più belle chiese barocche di Lecce ci richiama il nome della Santa di oggi, che della città è patrona secondaria. Questa chiesa è la centralissima Sant'Irene, tra il Duomo e il Municipio, e venne costruita dall'architetto leccese Giuseppe Cino tra la fine del '600 e i primi decenni del '700.
Già allora la devozione per Sant'Irene, a Lecce, aveva alle spalle una tradizione millenaria. Irene infatti morì nel IV secolo, e mori
Martire per la fede, forse sotto Diocleziano. A Lecce si narrano molti suggestivi episodi sul conto di questa fanciulla, i cui veri contorni storici sono piuttosto vaghi e sfuggenti. Si dice, per esempio, che ella sarebbe stata la figlia di Licinio, il futuro Imperatore, e socio del grande Costantino, insieme con il quale avrebbe poi sottoscritto l'editto di tolleranza religiosa per i cristiani.
La fede perciò dell'integerrima fanciulla avrebbe avuto un peso storico non piccolo, contribuendo a ben disporre l'animo paterno nei confronti dei credenti nel Cristo. Ed è perciò significativo il fatto che la conversione del padre sia stata ottenuta soltanto con il martirio della figlia.
Quanto alla probabilità che Sant'Irene, la Martire di Lecce, sia stata veramente figlia di un Imperatore, non abbiamo elementi né per confutarla né per dimostrarla. C'è però un particolare curioso, che fa pensare a qualcosa di più che una coincidenza.
Anche i Copti, cioè i cristiani scismatici di certe regioni africane, l'Etiopia soprattutto, onorano una Santa Irene o Erina. E anch'essi la dicono figlia di un re, Licinio. L'origine della devozione per i Santi presso i Copti è molto antica, ed è restata, per così dire, cristallizzata nei secoli. Si può pensare perciò che questa loro Sant'Irene e la Martire pugliese siano una stessa cosa.
Irene è nome greco che vuol dire « pace ». Quella pace che Sant'Irene, con il suo martirio, contribuì a riportare tra i cristiani, vittime delle persecuzioni, e che ancor oggi è l'augurio più bello e la preghiera più necessaria rivolta alla Patrona di Lecce nel giorno della sua festa.
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