Anicio Manlio Torquato Severino Boezio nacque intorno al 480 da una delle più illustri famiglie romane: suo padre fu console nel 487 e lo stesso Boezio ricoprì tale carica nel 510. All’età di trent’anni si era già distinto per la sua cultura, specialmente in campo filosofico. Sposò Rusticiana, figlia di Quinto Aurelio Simmaco, suo tutore legale e amico, che si era preso cura di lui dopo la morte dei genitori.
Entrò nella vita pubblica, come egli stesso racconta, ispirato dalla dottrina di Platone: «Gli stati sarebbero contenti se fossero governati da filosofi o se per caso i loro governanti si trasformassero in filosofi». Tuttavia, Boezio avrebbe preferito la vita tranquilla dello studioso. Dopo dodici anni come console raggiunse quello che definiva «il punto più alto della sua buona fortuna» quando entrambi i suoi figli furono investiti della stessa dignità (522).
Nello stesso anno, il re Teodorico lo nominò magister officiorum, un incarico di grande responsabilità che Boezio svolse con diligenza e umanità, intercedendo presso il re per evitare, tra l’altro, la requisizione forzata di grano nell’Italia meridionale. Tuttavia, il successo fu breve. Le ragioni della sua caduta non sono del tutto chiare, ma furono probabilmente legate alle tensioni tra l’Impero Romano d’Occidente e quello d’Oriente e all’ambizione di Teodorico di rendersi indipendente dall’imperatore.
Quando Boezio prese le difese dell’ex console Albino, accusato di tradimento, fu a sua volta arrestato e imprigionato a Ticinum (l’odierna Pavia). Dopo mesi di detenzione, fu condannato e ucciso. Sebbene in epoca medievale sia stato venerato come martire, la sua esecuzione ebbe motivazioni politiche. Morì intorno al 524 e la sua tomba è venerata nella chiesa di San Pietro in Ciel d’Oro a Pavia. Il suo culto, risalente almeno al IX secolo e reso popolare nel XIII, fu confermato da papa Leone XIII nel 1883.
Boezio è ricordato soprattutto per la sua vasta produzione letteraria. Tradusse in latino numerosi autori greci come Platone, Aristotele, Pitagora, Tolomeo, Euclide e Archimede, permettendo così la loro conoscenza nell’Europa medievale. Scrisse trattati di logica, matematica, musica e teologia, affrontando anche il tema della Trinità.
Definito «l’ultimo dei filosofi romani e il primo dei teologi scolastici», la sua opera più celebre è il De Consolatione Philosophiae (La consolazione della filosofia), composta durante la prigionia, in attesa della morte. Scritto come dialogo tra l’autore e la Filosofia, il testo alterna prosa e versi, offrendo una riflessione profonda sulla felicità, il destino e la natura del bene. La Filosofia consola Boezio ricordandogli la vanità del successo terreno e la vera felicità che risiede nelle realtà spirituali e nella conoscenza di Dio.
Il trattato divenne uno dei libri più letti del Medioevo e fu tradotto in numerose lingue. Sebbene non presenti riferimenti espliciti al cristianesimo, gli studiosi moderni concordano sulla piena ortodossia della fede di Boezio. L’opera, scritta in forma filosofica e non teologica, riflette la convinzione che verità di ragione e verità di fede non siano mai in contraddizione.
MARTIROLOGIO ROMANO. A Pavia, commemorazione di san Severino Boezio, martire, che, illustre per la sua cultura e i suoi scritti, mentre era rinchiuso in carcere scrisse un trattato sulla consolazione della filosofia e servì con integrità Dio fino alla morte inflittagli dal re Teodorico.