Papa S. Gregorio Magno (3 set.) narra la storia di Servolo in una delle sue omelie: era un mendicante, paralizzato dall'infanzia e incapace di reggersi in piedi, portare la mano alla bocca o girarsi da una parte all'altra. La madre e il fratello lo portarono nel porticato della chiesa di San Clemente a Roma, dove visse delle elemosine dei passanti, donando il superfluo a chi ne aveva bisogno. Comprò alcuni volumi della Sacra Scrittura, e dal momento che non sapeva leggere, chiedeva agli altri di farlo, restando ad ascoltare con una tale attenzione da imparare interi brani a memoria.
Trascorse molto tempo a cantare inni di lode e ringraziamento a Dio, anche se soffriva continuamente. In punto di morte chiese ai poveri con cui aveva condiviso le elemosine e ad alcuni pellegrini di cantare inni e salmi accanto al suo letto, e si unì al canto, poi prima di morire gridò: «Udite la grande e meravigliosa musica celeste?». Il corpo fu sepolto nella chiesa di S. Clemente.
Papa Gregorio narra questi dettagli della vita di Servolo per illustrare la gentilezza e il buonumore che faceva vergognare quelli che, pur avendo salute e fortuna, non si preoccupavano degli altri e si spazientivano sempre alla minima avversità. Parla di Servolo con amore e rispetto, come uno ben conosciuto sia a lui sia ai suoi ascoltatori, "un povero sul piano terreno, ma ricco di virtù". Questa espressione è ripetuta in un altro racconto contenuto nei suoi Dialoghi.
MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma, commemorazione di san Sérvulo, che, giacendo paralitico fin dall’infanzia sotto il portico della chiesa di San Clemente, cercò sempre, come scrive san Gregorio, sia pure nelle sofferenze, di rendere grazie a Dio e distribuì ai poveri tutto quello che raccoglieva dalle elemosine.
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