Questo Radbodo era il pronipote di Radbodo, ultimo re dei frisoni, che affermò che avrebbe preferito andare all'inferno con i suoi avi piuttosto che in paradiso senza di loro. Non si sa molto di lui, e la Vita scritta subito dopo la morte non è esauriente, tuttavia è certo che apparteneva alla classe nobile; suo padre faceva parte del popolo dei franchi, sua madre dei frisoni. Ricevette un'istruzione di base presso la scuola cattedrale di Colonia, dove lo zio materno, Gunther, era vescovo; a trent'anni circa divenne monaco. Nel 899 o 900, «essendo stato accettato, sebbene indegno, nella compagnia dei ministri della Chiesa di Utrecht», fu eletto vescovo di quella città; dopo la consacrazione, continuò a vivere come un monaco (tutti i suoi predecessori erano stati monaci), diventò vegetariano e digiunò frequentemente, riuscendo a continuare gli studi, nonostante l'impegnativo programma pastorale e amministrativo e la sua attività di beneficenza per i poveri.
Radbodo scrisse alcuni inni, alcuni conservati fino a oggi, compreso un Ufficio di S. Martino (11 nov.), e un inno in onore di S. Suitberto (1 mar.). Durante una delle invasioni danesi, trasferì il vescovado a Deventer, dove morì in pace il 9 novembre 917.
MARTIROLOGIO ROMANO. A Deventer in Frisia, nell’odierna Olanda, traslazione di san Radbodo, vescovo di Utrecht, che, dotto e prudente pastore, morì mentre era in visita tra i contadini.
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