San Leandro di Siviglia

San Leandro di Siviglia
Nome: San Leandro di Siviglia
Titolo: Vescovo
Nascita: 534, Cartagena, Spagna
Morte: 13 marzo 600, Siviglia, Spagna
Ricorrenza: 13 marzo
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Protettore:
dai reumatismi


La Spagna, nonostante si trovasse alla periferia dell'impero romano, sembrava attirare dentro di sé e intensificare tutti i fermenti presenti nel centro. Il iv e il v secolo videro dipanarsi nell'estremità occidentale del mondo mediterraneo l'antagonismo tra ariani e cattolici, barbari e romani, bizantini e goti. Leandro, vescovo di Siviglia, con la forza della fede e della saggezza, fu in grado di risolvere alcuni dei conflitti e di portare alla Spagna un periodo di pace durante il quale il cattolicesimo poté radicarsi più in profondità e fiorire.

Leandro era originario di una famiglia nobile ariana: suo padre era uno dei grandi del regno visigoto, un duca o un governatore della provincia orientale (con capitale Cartagena). Alla metà del vi secolo un nobile di nome Atanagildo richiese l'intervento dei bizantini per aiutare i cattolici perseguitati dagli ariani. I greci conquistarono la costa e posero la loro base a Cartagena, così che la famiglia di Leandro dovette fuggire a Siviglia. Là la madre si convertì al cattolicesimo ed educò i figli nella stessa fede: furono dei modelli di santità e Fulgenzio divenne vescovo di Ecija, Isidoro (4 apr.) succedette a Leandro come vescovo di Siviglia e la sorella Fiorentina divenne suora. Una leggenda parla di un'altra sorella sposa del re ariano Leovigildo, ma non si hanno prove sicure.

Già da ragazzo Leandro possedeva un fascino particolare e un'ottima dialettica; scelse però di entrare in un monastero, dove trascorse tre anni in intensa preghiera e studio. Alla morte del vescovo di Siviglia, nel 578 circa, la popolazione si recò al monastero, portò Leandro alla cattedrale di S. Vincenzo e lo insediò sul trono episcopale.

La sua preoccupazione maggiore come vescovo fu quella di combattere l'eresia ariana. La provvidenza gli fu propizia: re Leovigildo aveva due figli, Ermenegildo e Recaredo. Nel 576 Ermenegildo sposò Tndegonda, la figlia cattolica di Sigeberto d'Australia e Brunechilde. Goswinta, la regina, ariana convinta, disprezzava e maltrattava la cognata, così Leovigildo mandò Ermenegildo e la sua sposa a Siviglia, per amministrare la regione. Là egli conobbe Leandro, che lo accolse nella Chiesa cattolica.

Leovigildo, infuriato per la cosa, ordinò a suo figlio di tornare a Toledo, ma Ermenegildo si rifiutò e cercò piuttosto di ottenere l'aiuto militare dell'imperatore di Bisanzio. Leovigildo scatenò una persecuzione indirizzata soprattutto contro i vescovi e si stabilì un clima di terrore. Perseguitò Ermenegildo, assediando Siviglia per due anni, e quando la città capitolò, gli risparmiò la vita ma non senza condannarlo all'esilio con tutta la famiglia. Il figlio fuggì a Cordova e organizzò un esercito ribelle, conducendolo poi contro il padre, ma venne sconfitto. Questa volta fu decapitato e in seguito venerato come martire (13 apr.).

Leandro lasciò la Spagna nel 583 e si recò a Costantinopoli, con un'ambasciata per l'imperatore. L'esito della visita non è conosciuto, ma sappiamo che là incontrò Gregorio Magno (3 set.) e strinse con lui una profonda amicizia. Fu dietro richiesta di Leandro che Gregorio mise per iscritto i commenti che aveva fatto al libro di Giobbe per i monaci che lo accompagnavano. Li mandò in seguito a Leandro, dopo numerose revisioni, con una dedica e una copia della sua Regola Pastorale.

Re Leovigildo morì nel 586. Il racconto di una sua conversione sul letto di morte e dell'affidamento del figlio Recaredo a Leandro sembra infondato, mentre può essere che il giovane nutrisse già segretamente sentimenti di simpatia per i cattolici mentre suo padre era ancora vivo. In ogni caso, il ritorno di Leandro a Siviglia e la chiara adesione al cattolicesimo del nuovo re significarono l'inizio di un nuovo periodo. I due lavorarono insieme per una Spagna cattolica: in particolare tennero una serie di concili, mirati a una restaurazione dell'ortodossia e un rinnovamento della moralità. Recaredo era presente al primo concilio, detto Toledo III. Leandro lo presiedette e pronunciò un sermone di ringraziamento, De triumpho Ecclesiae, pervenutoci. Con la forza delle sue argomentazioni Leandro persuase molti vescovi ariani a abiurare e tornare alla fede ortodossa, aiutato indubbiamente da Recaredo che depose i meno malleabili. In quello stesso concilio fu deciso di inserire nella Messa la recita del credo niceno, per rinforzare la fede del popolo e tale pratica si diffuse poi in tutta la Chiesa occidentale.

Leandro lavorò anche per convertire gli svevi, le tribù della Galizia convertite al cattolicesimo da S. Martino da Braga (20 mar.) e poi corrotte da Leovigildo. Gregorio, allora papa, scrisse una lettera affettuosa a Leandro, congratulandosi con lui per i doni ottenuti, grazie al Signore, per la Chiesa di Spagna, e gli mandò il pallium.

L'unico altro scritto di Leandro che ci è pervenuto è il De institutione virginum, scritto per la sorella Fiorentina, chiamato anche La regola di vita monastica. Sebbene dipendente da Cassiano e da altri scrittori monastici, il suo approccio pratico è di un'immediatezza che lo rende ancora valido.

Leandro morì verso il 600, le sue reliquie sono conservate in una cappella della cattedrale di Siviglia. In Spagna è venerato come un dottore della Chiesa.

Solitamente viene rappresentato con il cuore infiammato o un triangolo in una mano a ricordo della sua predicazione contro l'arianesimo. Gregorio gli fece dono di un'immagine della Vergine, e a volte è ritratto con essa.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Siviglia in Spagna, san Leandro, vescovo, che, fratello dei santi Isidoro, Fulgenzio e Fiorentina, con la sua predicazione e il suo attivo impegno convertì dall’eresia ariana alla fede cattolica i Visigoti, con l’aiuto del loro re Reccaredo.

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