Basilica di San Pietro in Vaticano

San Giovanni XXIII
Nome: Basilica di San Pietro in Vaticano
Titolo: Papale arcibasilica patriarcale maggiore
Indirizzo: Piazza San Pietro - Roma
Dedicato a: San Pietro


Che la basilica dedicata a S. Pietro sorga nel luogo in cui esiste, da tempo immemorabile, la tomba dell'Apostolo, è cosa ormai certa. S. Pietro, dopo la cattura, fu condotto nel circo di Nerone, presso la via Cornelia (che si trovava più o meno dove oggi sorge la basilica Vaticana) e fu crocifisso. Il cadavere venne sepolto nella nuda terra non lontano dal luogo del martirio. Anni dopo, non si sa precisamente quando, le spoglie del Santo vennero riesumate; furono avvolte in un drappo di stoffa tinta di porpora e ricamata con fili d'oro e furono poste in una tomba vera e propria. Sopra questa tomba l'imperatore Costantino iniziò a edificare, circa nell'anno 322, la grande basilica. Era una grande costruzione a cinque navate ognuna divisa da 22 splendide colonne marmoree. La facciata, adorna di mosaici, era preceduta da un grande atrio porticato, dove, nel corso dei secoli, trovarono sepoltura i sommi pontefici. Nel primo Medioevo fu aggiunta una massiccia torre campanaria, a quei tempi la più alta di Roma.

All'interno la zona absidale era chiusa da una cancellata; al di sotto dell'altare maggiore si apriva la Confessione. «Fino al IX secolo i pellegrini - genuflettendosi su una lastra marmorea sovrastante la cella sepolcrale - potevano, da un apposito largo foro, ancora scorgere la famosa croce d'oro donata da Costantino e da Elena» (Galassi Paluzzi). Questa croce, e tutto il tesoro della basilica, vennero trafugati nell'anno 846 durante il saccheggio dei Saraceni.

Con il passare dei secoli la basilica di S. Pietro fu restaurata, abbellita, adornata di pitture, sculture, mosaici e arredi dai vari papi che si succedettero al soglio pontificio. Sarebbe troppo lungo e difficoltoso narrare per filo e per segno la storia dell'antica basilica, anche perchè la costruzione paleocristiana, trasformata poi durante il Medioevo, non esiste più. A partire dal XV secolo si cominciò a demolirla per riedificarla in forma grandiosa e solenne. Per circa due secoli i più importanti artisti di tutti i tempi contribuirono alla ricostruzione della nuova basilica, che divenne il più grande e il più importante tempio della cristianità, È di questo che parleremo nei paragrafi seguenti.

LA RICOSTRUZIONE DI S. PIETRO: DA BRAMANTE A DELLA PORTA (1506-1590)


Quando nel 1447 salì al soglio pontificio il cardinale Tommaso Parentucelli con il nome di Niccolò V, la basilica di S. Pietro era assai malridotta. Un forte dissesto statico rendeva le murature perimetrali pericolanti, tanto che gli esperti dicevano che sarebbero potute crollare da un momento all'altro. Il papa, che fin dalla elezione si dette da fare per ricostruire e riordinare Roma abbandonata da anni di incuria, volse la sua massima attenzione alla basilica vaticana. Egli concepì uno dei più grandiosi progetti dell'architettura del Rinascimento; il rifacimento della basilica e la totale ricostruzione di tutta la «Città Leonina» (più o meno l'attuale Città del Vaticano). Questo progetto, che non fu mai realizzato, era stato elaborato dalla mente geniale di un grande umanista: Leon Battista Alberti. Il papa, entusiasta delle teorie albertiane, volle immediatamente dare inizio alla costruzione e incaricò l'architetto Bernardo Rossellino di preparare un progetto dettagliato della nuova basilica. Egli concepì un edificio a croce latina, preceduto da un portico e sormontato da cupola centrale, che non si discostava troppo dall'antica basilica costantiniana. Ma la morte improvvisa di Niccolò V (1455) troncò sul nascere l'ambiziosa impresa.

Pio II (1458-1464), al secolo Enea Silvio Piccolomini, non si occupò molto di S. Pietro, impegnato com'era in un altro progetto di ricostruzione: quello di Pienza, sua città natale. Egli si limitò a costruire la loggia delle benedizioni, che fu completata durante il pontificato di Alessandro VI (1492-1503); questa fu poi distrutta circa cent'anni più tardi quando si costruì l'attuale facciata.

La basilica di San Pietro verso il 1490
La basilica di San Pietro verso il 1490


Il problema della ricostruzione di S. Pietro tornò nuovamente alla ribalta quando fu eletto papa, nel 1503, il cardinale Giuliano della Rovere, che prese il nome di Giulio II. Egli si avvalse di uno dei più grandi architetti del Rinascimento: Donato Bramante. Questi, incaricato dal papa, circa nel 1505, di preparare un grandioso progetto, si mise subito al lavoro, attorniato da uno stuolo di disegnatori, tra i quali un giovane molto promettente: Raffaello Sanzio.

Il progetto di Bramante, una grande basilica a croce greca, con cupola e campanili, il cui fulcro doveva essere la tomba del principe degli Apostoli, piacque senza riserve a Giulio II, il quale ordinò di iniziare immediatamente i lavori. Il 18 aprile 1506 il pontefice di persona collocò la prima pietra della nuova costruzione. C'era solo un particolare, non trascurabile, al quale forse il papa, preso dalla smania della ricostruzione, non aveva pensato. Per realizzare il nuovo progetto bisognava distruggere completamente la basilica costantiniana. E così fu. Tra lo stupore, lo sdegno e il dispiacere dei suoi contemporanei, Bramante, in poco tempo, la rase quasi completamente al suolo. Nulla fu risparmiato, nulla fu conservato: le tombe dei papi smembrate, le antiche colonne fatte a pezzi, gli altari frantumati. Bramante si fermò soltanto davanti alla tomba di S. Pietro, non per una forma di religioso rispetto, ma perchè Giulio II gli impedì categoricamente di toccarla. Nel 1510 i lavori procedevano alacremente e si cominciarono a innalzare i pilastri per sostenere la cupola. Il papa incitava l'architetto e gli operai (diverse centinaia) a fare alla svelta, perchè non vedeva l'ora di ammirare l'opera finita. Ma il Padre Eterno non glielo concesse perchè nel 1513, il 21 febbraio, Giulio II morì. L'anno seguente anche Bramante calò nella tomba e i lavori presero una piega diversa.

Negli ultimi mesi di vita, l'architetto settantenne era stato affiancato da un aiutante, Fra Giocondo, che però aveva ottant'anni ed era più malandato di lui. Pertanto era stato nominato un terzo architetto della fabbrica di S. Pietro, Giuliano da Sangallo, anche lui avanti con gli anni, poichè ne aveva settantuno. Leone X Medici, successore di Giulio II, rimase perplesso di fronte a questa terna di vecchi cadenti e tirò un sospiro di sollievo quando seppe che Bramante, sul letto di morte, aveva raccomandato, come suo successore nella ricostruzione di S. Pietro, il giovane Raffaello, allora poco più che trentenne.

Egli si dedicò subito con molta lena all'incarico affidatogli e preparò un nuovo progetto; la basilica, nelle sue intenzioni, non doveva più essere a croce greca, bensì a croce latina.

Progetto di Antonio da Sangallo il Giovane
Progetto di Antonio da Sangallo il Giovane


Nel giro di poco tempo morirono Fra Giocondo (1515) e Giuliano da Sangallo (1516). A Raffaello venne affiancato un altro architetto, Antonio da Sangallo il Giovane, nipote di Giuliano. Tuttavia i lavori procedettero molto a rilento, soprattutto perchè Leone X, grande sperperatore di finanze, aveva speso tutti i soldi destinati alla fabbrica di S. Pietro. Insomma, quando Raffaello e Leone X passarono a miglior vita, il primo nel 1520, il secondo nel 1521, la ricostruzione della basilica era praticamente a zero.

Durante il pontificato di Clemente VII, un altro Medici (1523-1534), non vi furono progressi, anzi la situazione peggiorò notevolmente, aggravata anche dall'invasione di Carlo V e dal sacco di Roma del 1527. Architetto della fabbrica di S. Pietro era stato nominato, dopo la morte di Raffaello, Baldassarre Peruzzi. Egli però fece poco o nulla, anche perchè sembra che della ricostruzione della basilica non gli importasse un gran che; si limitò a redigere un progetto che ricalcava più o meno quello del Bramante.

Alla morte di Clemente VII il cantiere giaceva abbandonato; cespugli di rovi e piante rampicanti ricoprivano quel poco che era stato fatto nei primi anni del secolo.

Il suo successore, Paolo III Farnese (1534-1549), si interessò subito alla ricostruzione di S. Pietro e, alla morte del Peruzzi (1536), nominò unico architetto Antonio da Sangallo il Giovane. Egli cambiò nuovamente il progetto e ritornò a una pianta a croce latina; per dieci anni i lavori si svolsero senza interruzioni e la costruzione fece qualche progresso.

Nel 1546 Sangallo morì e Paolo III giocò la sua carta migliore: affidò l'incarico della ricostruzione di S. Pietro a Michelangelo. Il grande artista, già vecchio (aveva 72 anni), malato, scontroso, scorbutico e irascibile, dapprima non ne volle assolutamente sapere. Il papa insistette e alla fine la spuntò. Michelangelo si dichiarò disponibile, ma a due condizioni: innanzitutto egli avrebbe lavorato esclusivamente per amore verso Dio e quindi rifiutava ogni compenso. In secondo luogo pretendeva di fare e disfare a suo piacimento qualunque cosa senza che nessuno, nemmeno il papa, potesse interferire sul suo operato; in poche parole esigeva pieni poteri. Paolo III glieli concesse immediatamente e nominò Michelangelo architetto della basilica di S. Pietro a vita.

Sezione del progetto di Michelangelo
Sezione del progetto di Michelangelo


Egli tuttavia non fu lasciato tranquillo come avrebbe voluto; una nutrita schiera di suoi acerrimi nemici, rosi dall'invidia, lo tormentava continuamente accusandolo di fare della cattiva architettura. Erano soprattutto amici o discepoli di Sangallo, la cosiddetta «setta sangallesca», protetti da qualche cardinale accondiscendente; Michelangelo lasciava dire, ma dentro il suo animo la rabbia cresceva.

Giulio III (1550-1555) riconfermò il «motu proprio» (una sorta di incarico scritto) con il quale il suo predecessore aveva nominato Michelangelo architetto della fabbrica di S. Pietro e i lavori procedettero.

Il grande artista ritornò al progetto bramantesco e quindi alla pianta a croce greca; sua intenzione era quella di costruire un'enorme cupola, la più grande che fosse mai stata realizzata e perciò rinforzò alquanto i quattro pilastri che dovevano sostenerla. Il progetto di Michelangelo per la cupola di S. Pietro è, dal punto di vista statico, forse il più straordinario che sia mai stato eseguito, considerando anche che l'artista non era un esperto di strutture e che quindi si affidò in gran parte alle sue geniali intuizioni. Tuttavia non riuscì a portare a termine la costruzione della cupola: alla sua morte i lavori erano fermi al tamburo.

Anche Pio IV, ancora un Medici (1559-1564), continuò a proteggere l'ormai ultra ottantenne Michelangelo dalle calunnie dei suoi nemici; essi volevano farlo destituire dall'incarico, facendo credere al papa che l'artista fosse rimbambito a causa dell'età. Ma Michelangelo rimbambito non lo era affatto e, arrabbiato più che mai, continuò a lavorare. Progettò e riuscì in parte a costruire l'imponente zona absidale, e fu una delle sue ultime opere. Morì ottantanovenne nel febbraio del 1564 dopo aver diretto i lavori per la ricostruzione di S. Pietro per diciotto anni. Ne erano passati quasi sessanta da quando Giulio II aveva posto la prima pietra, ma la basilica era ancora ben lungi dall'essere ultimata. Direttori dei lavori e primi architetti furono quindi nominati Pirro Ligorio e il Vignola, ma furono licenziati quasi subito perchè volevano cambiare i progetti di Michelangelo.

Nel 1565 Pio IV morì e anch'egli, con grande rammarico, non potè vedere compiuto il tempio della cristianità. Nel 1563 fu nominato primo architetto di S. Pietro il giovane Giacomo Della Porta, allievo e seguace di Michelangelo. Tuttavia passarono ancora diversi anni prima che si potesse costruire la grande cupola. L'opera fu compiuta durante il pontificato di Sisto V (1585-1590), grazie anche alla volontà di questo energico papa e ai denari che riuscì a racimolare. Alla fine del 1588 il Della Porta, coadiuvato da Domenico Fontana, iniziò a «voltare» la cupola; il progetto michelangiolesco fu leggermente ritoccato ma non interamente cambiato come alcuni sostennero. I lavori furono portati avanti in gran fretta; il cantiere contava circa 800 operai che lavoravano continuamente, giorno e notte.

Nel giro di due anni la cupola, tranne la lanterna, era terminata. Appena in tempo perchè Sisto V la vedesse realizzata: infatti dopo qualche mese morì. Dalla posa della prima pietra, 18 aprile 1506, alla posa dell'ultima pietra della cupola, 14 maggio 1590, erano trascorsi 84 anni, ma la basilica non era ancora finita.

LE ULTIME FASI DELLA RICOSTRUZIONE: MADERNO E BERNINI (1590-1626)


Quando nel 1605 il cardinale Camillo Borghese sali al soglio pontificio con il nome di Paolo V, i lavori di ricostruzione della basilica di S. Pietro non erano molto progrediti dai tempi di Sisto V. Il nuovo pontefice, giovane, energico e intelligente, volle immediatamente affrontare questo problema. Nel 1602 era morto Giacomo Della Porta e primi architetti di S. Pietro erano stati nominati Giovanni Fontana e suo nipote Carlo Maderno. Questi fu il principale artefice dell'ultima fase dei lavori di ricostruzione.

Progetto di completamento di Carlo Maderno
Progetto di completamento di Carlo Maderno


A quei tempi l'antico edificio costantiniano non era ancora stato del tutto demolito: rimaneva in piedi, in condizioni assai precarie, una parte del corpo longitudinale a cinque navate. Questo era separato dalla nuova costruzione mediante una parete edificata durante il pontificato di Paolo III. Inoltre, davanti alla basilica, vi erano ancora l'atrio, il palazzo dell'arciprete, la rinascimentale loggia delle benedizioni e il campanile medioevale. Lo stesso Paolo V era molto incerto se conservare queste parti dell'antica basilica oppure demolire il tutto per far posto a una nuova più grandiosa costruzione. Infine prevalse questa seconda ipotesi e, sotto la direzione del Maderno, si iniziarono i lavori di demolizione. Ma questa volta non si andò avanti alla cieca distruggendo ogni cosa, come aveva fatto il Bramante un secolo prima. Si procedette invece con estrema cautela soprattutto per quanto riguarda le tombe dei papi, la maggior parte delle quali fu smontata con cura e trasferita in altre chiese oppure nelle Grotte Vaticane. Altre preziose opere d'arte, come ad esempio la «Pietà» di Michelangelo, furono conservate in luoghi sicuri e poi collocate nella nuova basilica.

I lavori di demolizione proseguirono per circa due anni e furono seguiti costantemente dal papa, il quale esortava a fare presto. Nacque poi un altro problema. Bisognava lasciare la basilica così come l'aveva progettata Michelangelo, cioè a croce greca, oppure sarebbe stato meglio prolungarla fino a farla divenire simile all'antico edificio costantiniano? Vi furono polemiche a non finire tra architetti, studiosi e religiosi. Infine si decise per l'ampliamento. Fu bandito un concorso al quale parteciparono, oltre al Maderno, numerosi artisti dell'epoca, tra i quali Flaminio Ponzio, Girolamo Rainaldi e Domenico Fontana. Vinse Maderno che, tra l'altro, impressionò favorevolmente la commissione giudicatrice portando un grande plastico in legno costato un sacco di soldi.

L'8 marzo 1607 si iniziarono i lavori per il prolungamento della basilica e, contemporaneamente, continuarono le opere di demolizione. Si iniziò a costruire il nuovo corpo longitudinale partendo dalla facciata e il 10 febbraio 1608 fu collocata la prima pietra. I lavori furono portati avanti con grande celerità; si lavorava sempre, anche di notte al lume delle torce. «Dalle cave presso Porta Portese - scrive il Pastor - giungeva un carro dopo l'altro, carico di travertino; foreste intere di legname venivano trascinate per le impalcature». Ne 1611 i lavori di demolizione erano completamente terminati; frammenti dell'antica basilica andarono ad ornare palazzi e monumenti barocchi. Nel giugno del 1612 la facciata poteva considerarsi ultimata e, nello stesso periodo, era stata completata anche la decorazione interna della cupola con i mosaici ideati dal Cavalier d'Arpino. Il papa ispezionava sempre più spesso i lavori e mise a disposizione notevoli mezzi finanziari. Negli anni che seguirono fu ultimato anche il corpo longitudinale della basilica fino a saldarlo alla costruzione michelangiolesca. Nel 1615 si abbattè la parete divisoria di Paolo III e nel 1617 l'opera poteva considerarsi compiuta, ma non ancora del tutto ultimata.

La consacrazione della basilica avvenne nove anni più tardi, durante il pontificato di Urbano VIII Barberini (1623-1644). Il 18 novembre 1626, esattamente 1300 anni dopo che papa Silvestro aveva benedetto l'antica basilica costantiniana, il pontefice si recò in S. Pietro e presenziò le solenni e lunghe cerimonie della consacrazione.

Da quando Niccolò V aveva cominciato a preparare i suoi ambiziosi progetti per la ricostruzione di S. Pietro, erano passati 179 anni; decine di artisti avevano fornito progetti per la nuova basilica, migliaia di operai avevano lavorato nel grande cantiere; sul soglio pontificio si erano succeduti 28 papi.

Toccò a Urbano VIII chiudere la partita: il Padre Eterno gli concesse questa fortuna.

A parte la decorazione e l'arredo dell'interno (che esamineremo nei successivi paragrafi), mancavano ancora alcuni elementi architettonici esterni, peraltro molto importanti. Il Maderno, infatti, aveva progettato due campanili gemelli da innalzare ai lati della lunga facciata, quasi un elemento di raccordo sulla facciata stessa e la cupola. Nel 1629 Maderno mori e primo architetto di S. Pietro divenne Gian Lorenzo Bernini considerato il massimo protagonista della cultura figurativa barocca. Questi modificò il progetto del Maderno e, nel 1637, iniziò a costruire le maestose torri campanarie, le quali dovevano essere a tre ordini, coperte da cupola fregiata dello stemma di Urbano VIII. Nel 1641 il primo piano del campanile di sinistra era completato; purtroppo i lavori furono sospesi perchè un pericoloso dissesto statico, dovuto forse a un errore commesso dal Bernini nel progettare i campanili, stava compromettendo la parte sinistra della facciata. Grande fu la gioia degli avversari del Bernini; in prima fila tra coloro che lo ingiuriavano vi era il suo nemico di sempre: Francesco Borromini.

La facciata con i campanili
La facciata con i campanili


Questi, che fin da giovanissimo era stato collaboratore del Maderno nella fabbrica di S. Pietro, preparò un suo progetto per i campanili. Ma non se ne fece niente; quel poco che era stato costruito fu demolito nel 1646 e l'opera rimase incompiuta fino al secolo scorso, quando Valadier costrì le attuali edicole con gli orologi.

LA PIAZZA E IL COLONNATO


Dopo l'incidente del campanile, la stella del Bernini sembrò offuscarsi e il grande artista rimase per qualche tempo un po' in disparte. Quando il cardinale Fabio Chigi di Siena divenne papa, nel 1655, con il nome di Alessandro VII, al Bernini fu affidato un incarico importantissimo: il progetto di una nuova piazza dinanzi alla basilica di S. Pietro. Quella vecchia, infatti, ormai non aveva più ragione di esistere, sia perchè non era in armonia con la maestosa costruzione sia perchè era diventata troppo piccola per le grandi masse di pellegrini che vi sostavano in attesa della benedizione papale.

Il progetto di Bernini fu quanto di più straordinario si potesse realizzare: egli non solo creò uno spazio immenso adeguato alla rinnovata basilica, ma riuscì anche, con opportuni accorgimenti architettonici, a correggere la sproporzionata facciata del Maderno e a dare più slancio e maggiore importanza alla chiesa e alla cupola. Dalla facciata si dipartono due corpi di fabbrica, più bassi e non ortogonali, che la rendono illusoriamente più stretta e più alta. Su questi due corpi laterali si innesta il grandioso colonnato, iniziato nel 1657 e terminato dieci anni più tardi. È costituito da due ali semicircolari che formano un'immensa piazza ellittica. I porticati sono a quadruplice fila di colonne doriche che formano tre gallerie, di cui quella mediana, coperta a volta, è assai ampia. Il colonnato è formato da 284 colonne e 88 pilastri; sull'attico furono collocate 96 statue alte 5 metri, eseguite da un gruppo di scultori diretti dal Bernini.

Piazza San Pietro
Piazza San Pietro


In fondo all'ala di destra vi è il portone di bronzo, uno degli accessi al Vaticano, sorvegliato dalle guardie svizzere munite di lunga alabarda. Al di là di una porta vetrata si intravede la Scala Regia, un'altra importante opera del Bernini, iniziata nel 1663 e compita due anni dopo.

La Scala Regia
La Scala Regia


Una curiosità: guardando il colonnato da un'apposita pietra circolare bianca, posta sul selciato della piazza tra la fontana e l'obelisco, le quattro file di colonne si allineano perfettamente e se ne vede così una sola per ciascun braccio.



Completano l'arredo della piazza il grande obelisco (m. 22,50), che un tempo ornava il Circo di Nerone e che Sisto V fece innalzare in questo punto nel 1586, e due fontane, l'una (a destra) eretta nel 1613 dal Maderno, l'altra nel 1675 dal Bernini.

Obelisco Piazza San Pietro
Obelisco Piazza San Pietro


Con la realizzazione del colonnato e della piazza la ricostruzione della basilica di S. Pietro era giunta finalmente a termine. Al di là della bellezza architettonica il capolavoro del Bernini doveva assumere fin da allora un più alto significato: S. Pietro è il centro della Chiesa Universale, la piazza il punto di incontro dei cristiani di ogni parte del mondo, le ali del colonnato due grandi braccia che accolgono i fedeli «per invitarli ad adorare Iddio sulla tomba del primo papa» (Pastor).

LA FACCIATA E L'ATRIO


Anche se la facciata, realizzata dal Maderno tra il 1607 e il 1612, può considerarsi un'opera maestosa, degna dell'imponente basilica, tuttavia fu a lungo criticata dai contemporanei dell'artista; anche in tempi recenti, è sempre stata oggetto di apprezzamenti poco felici. Il motivo è molto semplice: la facciata, proprio per la sua maestosità, impedisce la visione della cupola michelangiolesca, la quale può essere osservata interamente solo da grande distanza. Ma non bisogna dimenticare che l'architetto si trovò a dover ultimare un'opera iniziata da altri, e gli fu chiesto di ultimarla non secondo il vecchio progetto di Michelangelo, ma come si è già detto, secondo un progetto nuovo dalle caratteristiche ben diverse. Il compito fu senz'altro molto difficile ed egli, da grande artista qual era, lo seppe portare a termine in maniera molto efficace. Probabilmente nessun' altro sarebbe riuscito a far meglio di così.

La facciata, larga 115 metri e alta 46, si erge imponente, preceduta da un'ampia scalinata progettata dal Bernini. È a un solo ordine di giganteschi pilastri e lesene che la ripartiscono in nove campate. Al centro, sopra l'accesso principale, si trova la famosa loggia delle benedizioni; da qui il cardinale diacono annuncia l'elezione del nuovo pontefice, il quale, dalla stessa loggia, impartisce la benedizione «Urbi et Orbi». L'attico superiore, in cui si aprono finestre di varia forma, è coronato dalle statue del Redentore, del Battista e degli Apostoli; mancano quelle di S. Pietro e S. Paolo, le quali (copie ottocentesche di quelle rinascimentali) sono poste ai lati della scalinata berniniana.

Facciata Basilica di San Pietro
Facciata Basilica di San Pietro


L'atrio, opera del Maderno, è lungo 71 metri, largo 13,50 e alto 20; la volta a botte è riccamente decorata da bassorilievi raffiguranti gli «Atti degli Apostoli». In fondo a destra si trova la «Statua equestre di Costantino», realizzata dal Bernini nel 1670; a sinistra da notare invece la «Statua equestre di Carlo Magno» (incoronato imperatore del Sacro Romano
Impero all'interno di S. Pietro nell'anno 800), opera di Agostino Cornacchini (1725). L'ingresso alla basilica avviene attraverso cinque grandi porte bronzee. Quella centrale proviene dall'antica basilica e fu realizzata dal 1433 al 1445 da Antonio Averulino detto il Filarete; nei sei riquadri sono raffigurati: il Salvatore e la Vergine, S. Paolo, S. Pietro e i loro martiri e le storie del pontificato di Eugenio IV (1431-1447). Sopra il portale da notare il gruppo scultoreo di scuola berniniana raffigurante «Gesù che affida a S. Pietro il gregge cristiano»; di fronte, nella parete opposta, il rimaneggiatissimo mosaico della «Navicella», attribuito a Giotto. Le altre quattro porte sono opera di artisti moderni: a sinistra la «Porta della Morte» (estrema sinistra), di Giacomo Manzù (1964) e la «Porta del Bene e del Male», di Luciano Minguzzi, dedicata a Paolo VI (1963-1978). A destra la «Porta dei Sacramenti», di Venanzio Crocetti (1965) e (all'estrema destra) la «Porta Santa», di Vico Consorti, che viene aperta ogni 25 anni in occasione del Giubileo.

La Porta Santa
La Porta Santa


L'INTERNO


Una visita, anche se non accurata, della basilica di S. Pietro, richiede molto tempo; bisogna quindi avere tanta pazienza e non avere fretta. Si consiglia di compiere la visita intorno all'ora di pranzo (la basilica è aperta dalle 7 alle 19), è forse il momento più tranquillo. Nelle altre ore del giorno, infatti, la basilica si riempie di centinaia di visitatori e si rischia di venire letteralmente sommersi da branchi di giapponesi dal flash facile o da frotte di bambini urlanti. In parecchie guide è scritto che, appena entrati in S. Pietro, non si percepisce subito la vastità dell'ambiente. La prima sensazione che si prova è quella di trovarsi di fronte a qualcosa di veramente maestoso, a qualcosa di fuori dal comune, come non si è mai nè visto nè immaginato. E infatti le dimensioni della basilica, tutte da «guinnes dei primati», parlano chiaro. La lunghezza totale, compreso lo spessore dei muri, è di 192 metri, l'altezza della navata centrale è di 44,50 metri, la cupola è alta 133 metri e il suo diametro interno è di 42 metri. La basilica ha una superficie di circa due ettari e potrebbe contenere non meno di 60.000 persone; all'interno si contano 499 colonne, 439 statue, 40 altari e dieci cupole «minori».

Navata Centrale San Pietro
Navata centrale


L'immensa navata mediana è a un solo ordine di lesene corinzie accoppiate alte 25 metri, le quali sono addossate a giganteschi pilastri; su questi sono impostate le ampie arcate (larghezza 13 metri, altezza 23 metri) attraverso le quali si accede alle navate laterali e alle cappelle. La ricca decorazione della volta della navata maggiore fu eseguita durante il pontificato di Pio VI (1775-1799). Sul pavimento marmoreo, progettato dal Della Porta e dal Bernini e restaurato da Pio X (1903-1914), sono segnate le misure di alcune fra le più grandi basiliche di tutto il mondo. Il disco di profido non lontano dal portone principale, proviene dall'antica basilica e ricorda uno storico avvenimento: inginocchiato su di esso, Carlo Magno ricevette dalle mani di papa Leone III la corona di imperatore, nella notte di Natale dell'anno 800.

I dipinti e gli affreschi, all'interno di S. Pietro, sono pochissimi; le gigantesche pale d'altare sono riproduzioni in mosaico che, dalla metà del '600, sostituiscono gli originali trasportati altrove. Da notare in fondo alla navata centrale, sulla destra, la statua bronzea raffigurante S. Pietro, alla quale; fedeli hanno consumato, con baci e carezze, il piede destro. Fu creduta per lungo tempo un'opera del IV o V secolo, ma quasi certamente risale al 1200 e pare che sia stata realizzata da Arnolfo di Cambio.

Il baldacchino
Il baldacchino


IL FULCRO DELLA BASILICA E LA ZONA ABSIDALE


Nel 1624 Urbano VIII incaricò il giovane Bernini, allora ventiseienne, di iniziare i lavori per la costruzione del grande baldacchino che doveva sorgere sotto la cupola michelangiolesca, in corrispondenza della tomba di S. Pietro. Il progetto del Bernini si discostava completamente dagli antichi cibori con tabernacolo realizzati in pietra o marmi pregiati. Egli concepì un'opera monumentale mai vista fino ad allora, di dimensioni enormi ma, allo stesso tempo, leggera e dinamica. Quattro colonne bronzee tortili, che ricordano quelle del vecchio ciborio quattrocentesco di Sisto IV e che riprendono la forma della Colonna Santa, sostengono un fastigio formato da quattro volute che si riuniscono nella parte alta e sorreggono un grosso globo sormontato dalla croce. Da una elegante cornice poggiante sui capitelli compositi, scende un drappo bronzeo, sostenuto dai quattro bellissimi angeli posti sulla sommità di ogni colonna, simile a quelli di stoffa dei baldacchini da processione. Ed era proprio questa l'intenzione dell'artista: far sembrare la sua opera una provvisoria «artificiosissima macchina» processionale, «come se una folla di fedeli in processione - scrive l'Argan - l'avesse portata fin là e si fosse arrestata alla tomba dell'Apostolo».

Colonne Baldacchino di San Pietro
Le colonne del baldacchino


Splendida è la decorazione delle colonne, ornate da foglie di vite e dalle api barberiniane; anche Borromini, allora alle dipendenze del Bernini, partecipò alla fase decorativa del baldacchino, disegnando in bella copia gli schizzi del maestro e sorvegliando il lavoro degli artigiani. Il baldacchino è alto quasi trenta metri, come Palazzo Farnese, e ha un peso di circa 600 quintali. Per la sua realizzazione fu necessario rimediare un'enorme quantità di bronzo e, su suggerimento del Bernini, il papa fece fondere le travi del pronao del Pantheon. Si fece allora vivo Pasquino, l'arguta statua «parlante», con il famoso detto: «quod non fecerunt barbari fecerunt Barberini». Ma questa volta fu troppo cattivo: in effetti le travi bronzee tolte dal Pantheon non erano nè belle, nè utili, nè di valore, per cui fece bene il papa a utilizzarle per un'opera d'arte così importante. Infine una curiosità: sui basamenti marmorei delle colonne, ornati con lo stemma dei Barberini, è nata una curiosa leggenda. Si dice che Urbano VIII fece il voto di innalzare un grandioso ciborio in S. Pietro se il Signore avesse salvato una sua carissima nipote che stava morendo di parto. Tutto andò bene e il Bernini volle ricordare l'evento decorando gli stemmi papali in un modo assai singolare. Infatti ogni figura rappresenta, in maniera «stilizzata», le varie fasi di un parto che alla fine si conclude felicemente.

Stemma con volto di donna partoriente
Stemma con volto di donna partoriente


Nel 1633 il baldacchino era terminato e, nel giorno della festa di S. Pietro, fu solennemente inaugurato; era costato 200.000 scudi e il Bernini prese una parcella record di 10.000 scudi. Il grande artista, ormai riconfermato a vita nella carica di architetto della fabbrica di S. Pietro, continuò a portare avanti i lavori di decorazione della basilica. Nei quattro colossali pilastri che sorreggono la cupola, furono scavate altrettante nicchie, nelle quali vennero collocate delle statue gigantesche (alte 5 metri).

Esse raffigurano: S. Longino, scolpita dallo stesso Bernini, S. Elena di Andrea Bolgi, S. Veronica di Francesco Mochi e S. Andrea di Francesco Duquesnoy. In alto, sopra ogni nicchia, vi è una balconata ornata da due colonne marmoree tortili, provenienti dall'antico ciborio di Sisto IV.

Al centro della crociera, sotto il baldacchino, vi è l'altare papale, dove solo il pontetice può dir messa; più in basso si apre la ricca confessione, rischiarata dalle fiammelle di cento lampade perenni, ove riposano le spoglie di S. Pietro.

Nella zona absidale fa spicco un'altra grandiosa opera d'arte ideata da Gian Lorenzo Bernini: la Cattedra. Questa gli fu commissionata nel 1656 da Alessandro VII (1655-1667); doveva contenere i frammenti lignei dell'antica sedia episcopale sulla quale si sedeva, secondo la leggenda, S. Pietro.

Cattedra Basilica di San Pietro
Cattedra di San Pietro


L'enorme trono bronzeo si erge da un basamento formato da preziosi marmi policromi ed è fiancheggiato dalle statue, pure bronzee, dei quattro dottori della chiesa: S. Agostino e S. Ambrogio, davanti; S. Attanasio e S. Giovanni Crisostomo, più indietro. In alto un tripudio di angeli fa da corona a una grande vetrata policroma, che irradia di luce la cattedra, con al centro la colomba dello Spirito Santo. Anche in questo caso, le parti che compongono l'opera hanno dimensioni fuori dal comune: le statue dei dottori della chiesa ad esempio, sono alte quasi 5 metri e la colomba ha una apertura alare di m. 1,75; furono impiegate, così si dice, 120 tonnellate di bronzo, più di quelle occorse per il baldacchino. La cattedra, costata circa 100.000 scudi, fu compiuta in dieci anni e il papa andò più volte nel laboratorio del Bernini per vedere l'andamento dei lavori. Finalmente, nel gennaio del 1666, la grande «macchina» fu collocata nel coro della basilica.

Nella tribuna, ai lati dell'abside, vi sono altre due opere d'arte degne di nota: il monumento funebre di Urbano VIII, a destra, e quello di Paolo III, a sinistra. Il primo fu realizzato dal Bernini, su incarico dello stesso Urbano VIII; l'artista iniziò l'opera nel 1628, ma la terminò solo nel 1647, tre anni dopo la morte del papa. Da molti è considerata la più bella delle tombe barocche e senz'altro la prima di quel genere. «Il defunto non più, come nel Rinascimento, disteso sulla tomba nel sonno eterno o levato in un'immobilità ultraterrena, è colto in un gesto di viva presenza..» (Martinelli). Sopra il sarcofago la Morte rannicchiata scrive il nome del pontefice defunto. In alto statua bronzea del papa benedicente. Ai lati le statue allegoriche, raffiguranti la Carità e la Giustizia, «sono personifiazioni concrete di donne anzichè immagini stilizzate o eroicizzate...» (Martinelli).

Il monumento funebre di Paolo III fu realizzato, dopo la morte del papa (1549), da Guglielmo Della Porta; in origine doveva essere un'opera ben più maestosa, ornata da otto grandi statue. Il sepolcro fu poi costruito in forma più ridotta con quattro statue e fu posto nella cappella Gregoriana. Quando nel 1628 fu collocato nell'attuale sito, furono eliminate altre due statue. Il Della Porta ideò il monumento con l'assiduo controllo di Michelangelo, allora primo architetto della fabbrica di S. Pietro: «michelangiolesca, infatti, è la concezione della statua seduta del defunto e delle figure allegoriche sdraiate nelle sottostanti volute, come nelle tombe medicee della sacrestia nuova di S. Lorenzo a Firenze». (Galassi Paluzzi).

LE ALTRE OPERE D'ARTE PIÙ IMPORTANTI


Esaminiamo brevemente alcune delle numerose opere d'arte presenti all'interno della basilica partendo, come sempre, dalla navata destra. Nella prima cappella è conservato il celebre gruppo scultoreo della «Pietà», scolpito dal venticinquenne Michelangelo nel 1498-99. Il grande artista firmò allora la sua opera incidendo il proprio nome nella fascia davanti al seno della Madonna; è questa l'unica opera «firmata» di Michelangelo. Nel 1972 un pazzo sfregiò la celeberrima scultura prendendola a martellate; fu poi perfettamente restaurata e, da allora, è protetta da un vetro blindato. In questa cappella era un tempo conservata la Colonna Santa, alla quale, secondo la leggenda, si appoggiò Gesù nel Tempio di Salomone; ora è stata trasportata altrove. Un'altra curiosità: nella volta della cappella vi è l'unico affresco rimasto in S. Pietro; si tratta del «Trionfo della Croce», di Giovanni Lanfranco.

La Pietà di Michelangelo
La Pietà di Michelangelo


Nel primo passaggio da notare, a sinistra, il monumento a Cristina di Svezia, morta nel 1689, di Carlo Fontana; a destra statua di Leone XII (1823-1829), di Giuseppe de Fabris (1836). Si giunge quindi alla seconda cappella, dedicata a S. Sebastiano, in cui si trova il monumento di Pio XI (1922-1939), scolpito da Pietro Canonica (1949); di fronte monumento di Pio XII (1939-1958), di Francesco Messina. Nel secondo passaggio vi sono: a sinistra il monumento della contessa Matilde di Toscana, disegnato dal Bernini; a destra il monumento di Innocenzo XII (1691-1700), ideato da Ferdinando Fuga.

L'ingresso alla terza cappella, dedicata al SS. Sacramento, è consentito soltanto a coloro che vogliono raccogliersi in preghiera; un custode proibisce l'accesso a fotografi, a turisti chiassosi e a persone poco decorosamente vestite. La cancellata in ferro che chiude la cappella è opera di Borromini; all'interno il ciborio di bronzo dorato sull'altare maggiore fu realizzato dal Bernini nel 1674; la pala raffigurante la «Trinità» è di Pietro da Cortona.

Nel terzo passaggio, a destra, monumento a Gregorio XIII (1572-1585), elegante opera in marmo bianco di Camillo Rusconi (1723); su di un sarcofago istoriato siede il papa benedicente; le statue sedute ai lati raffigurano la Religione e la Fortezza. A sinistra tomba di Gregorio XVI, papa per dodici mesi e dieci giorni (1590-1591); la povertà di questa tomba, priva perfino della statua, è legata a una curiosa leggenda secondo la quale furono fatte enormi spese nel tentativo di tenere in vita il pontefice.

Segue la ricca cappella Gregoriana, costruita da Giacomo Della Porta nel 1583 per Gregorio XIII; sull'altare «Madonna del Soccorso», un'immagine molto venerata risalente all'XI secolo; a destra tomba di Gregorio XIV (1831-1846), opera molto fredda di Luigi Amici (1854). Nel passaggio al transetto, tomba di Benedetto XIV (1740-1758), elegante opera di Pietro Bracci terminata nel 1769.

Nel passaggio tra il transetto destro e la cappella di S. Michele, da notare il monumento a Clemente XIII (1758-1676), splendida opera del Canova inaugurata nel 1792. In alto la statua del papa inginocchiato in preghiera; ai lati del sarcofago il Genio della Morte e la Religione. Bellissimi i due leoni; prima di scolpirli si dice che Canova si sia
recato a Napoli nei Giardini Reali a disegnare dal vero i leoni colà tenuti in gabbia. Tra la cappella di S. Michele e la tribuna absidale si trova, a destra, la tomba di Clemente X (1670-1676), progettata nel 1684 da Mattia de Rossi.

Nel passaggio tra la tribuna e la cappella della Colonna, da notare il sepolcro di Alessandro VIII (1689-1691), eseguito su disegno di Carlo Arrigo di S. Martino (1725); la statua del papa benedicente, quelle della Religione e della Prudenza, nonchè il bassorilievo del basamento, sono opera di Angelo de Rossi.

Nella cappella della Colonna si trova la tomba del papa S. Leone Magno (440-461); da notare la bellissima pala marmorea raffigurante «S. Leone che incontra Attila», opera di Alessandro Algardi.

Sepolcro di Alessandro VII
Sepolcro di Alessandro VII


Nel passaggio dalla cappella al transetto sinistro si trova, sulla destra, un altro splendido esempio di monumento funebre barocco: il sepolcro di Alessandro VII (1655-1667). Fu progettato dal Bernini, ormai ultrasettantenne e fu realizzato, in collaborazione con alcuni dei suoi allievi, tra il 1672 e il 1678. Su un alto basamento in marmi pregiati vi è la statua del papa inginocchiato in preghiera; più in basso, sopra la porta del sacello, la Morte, coperta da un drappo marmoreo, tiene in mano una clessidra, ad indicare che è giunta l'ora della fine. Le due statue in primo piano raffigurano simbolicamente la Carità e la Verità, quelle più indietro la Prudenza e la Giustizia.

Nel passaggio tra il transetto sinistro e la cappella Clementina vi è, sulla destra, l'ingresso alla sacrestia.

Sacrestia Basilica di San Pietro
La sacrestia


Questa fu costruita, durante il pontificato di Pio VI (1775-1799) su progetto di Carlo Marchionni, sull'area parzialmente occupata dalla chiesa di S. Stefano degli Ungari; è unita alla basilica da un cavalcavia. La sacrestia, coperta da un'altra cupola, ricorda vagamente la chiesa borrominiana di S. Ivo alla Sapienza; è una costruzione a pianta ottagonale, con otto colonne marmoree scanalate provenienti dalla Villa Adriana di Tivoli. Il gallo bronzeo che orna l'orologio proviene dal campanile dell'XI secolo.

In un altro ambiente denominato la sacrestia dei Beneficiati, è conservato un bellissimo tabernacolo di Donatello (1432-33).

Si può quindi accedere alle sale che conservano il tesoro: quel poco rimasto dopo i saccheggi e le ruberie dei Saraceni, di Carlo V e di Napoleone.

Ritornati nella basilica, si passa nella cappella Clementina, ultimata da Giacomo Della Porta durante il Pontificato di Clemente VIII (1592-1605), in essa si trova il gelido monumento tunebre di Pio VII (1800-1823), realizzato dal danese Alberto Thorvaldsen, unico artista di religione non cattolica che lavorò in S. Pietro.

Nel passaggio alla navata sinistra, da notare, sulla destra, il monumento funebre di Leone XI Medici, papa per soli 27 giorni nell'aprile del 1605. L'opera, sobria ed elegante, fu realizzata da Alessandro Algardi tra il 1642-1689, eseguito, alla fine del '600, su progetto di Carlo Maratta dal francese Pietro Stefano Monnot.

Segue la ricca cappella del Coro; da alcuni è attribuita a Giacomo Della Porta, ma molto probabilmente fu progettata nel 1607 da Carlo Maderno. Gli stalli lignei furono realizzati nella prima metà del '600 su disegno del Bernini. Nel passaggio alla cappella della Presentazione, sulla destra, monumento a Pio X (1903-1914) di Florestano di Fausto; a sinistra da notare la tomba di Innocenzo VIII (1484-1492). È una bellissima opera scultorea realizzata alla fine del secolo XV da Antonio del Pollaiolo, ed è l'unico monumento funebre dell'antica basilica ricomposto dopo il restauro seicentesco. La statua del papa adagiato sul letto di morte era al di sopra della statua del papa seduto in trono; quando il monumento fu rimontato, le due figure furono posposte. Splendidi i bassorilievi raffiguranti le «Virtù teologali» in alto, e le «Virtù cardinali» ai lati della statua di Innocenzo VIII.

Nella cappella della Presentazione vi sono: il monumento di Benedetto XV (1914-1922), a sinistra, opera di Pietro Canonica e, a destra, il monumento a Giovanni XXIII (1958-1963), di Emilio Greco. Nel passaggio seguente da notare la tomba degli ultimi Stuart, Giacomo III e i figli Carlo III e Enrico IX, realizzata dal Canova tra il 1817 e il 1819.

Fonte Battesimale
Fonte Battesimale


Nella prima cappella a sinistra, infine, si trova il fonte battesimale: la conca è formata dal coperchio dell'antico sarcofago di porfido che conteneva, nell'antica basilica, le spoglie dell'imperatore Ottone II, morto nel 983; il fastigio bronzeo fu realizzato su progetto di Carlo Fontana nel 1725.

10) LA CUPOLA
La degna conclusione di una visita alla basilica di S. Pietro è senz'altro la salita alla cupola. L'ingresso è nel passaggio tra la prima e la seconda cappella della navata sinistra, sotto il monumento di Maria Clementina Sobieski (moglie di Giacomo Stuart) opera di Filippo Barigioni (1745). Da qui si può prendere l'ascensore fino alla prima terrazza o, meglio, salire per un' ampia scala elicoidale che ricorda la salita alla cupola di vari personaggi importanti. Già dalla prima terrazza si gode un bel panorama di Roma e di Piazza S. Pietro. Si può meglio osservare, inoltre, la bellissima struttura architettonica della cupola, ideata da Michelangelo e compiuta dal Della Porta. Il tamburo, alto 20 metri, è diviso in sedici campate, ognuna con una gigantesca finestra, da coppie di colonne con capitello corinzio. Dalla sovrastante trabeazione, ornata da festoni, comincia a «voltarsi» la cupola, sostenuta da sedici costoloni e completamente ricoperta da lastre di piombo. La lanterna è alta 18 metri e la grande palla bronzea, oggi chiusa al pubblico, può comodamente contenere 16 persone. Alla sommità della croce la misura da terra è di metri 140.

La Cupola di San Pietro
La cupola


Dalla prima terrazza si accede al giro interno del tamburo, da dove si possono ammirare i mosaici della cupola e si ha l'impressionante visione della zona centrale della basilica vista dall'alto. Anche in questo caso è bene ricordare alcune misure «record»; il tamburo ha una circonferenza di 130 metri e dal primo ambulacro (il secondo è chiuso) ci si affaccia da un'altezza di 53 metri; tant'è vero che il baldacchino del Bernini, alto 30 metri, sembra microscopico. La scritta «Tu es Petrus et super hanc petram aedificabo ecclesiam meam / et dabo claves regni coelorum», è formata da lettere alte m. 1,40. I quattro medaglioni con le figure degli Evangelisti hanno un diametro di quasi 9 metri; la penna di S. Matteo è lunga m. 2,50. Tutti i mosaici, come s'è già detto, furono completati alla fine del XVI secolo e furono realizzati su progetto del Cavalier d'Arpino che preparò i cartoni.

Dal tamburo, attraverso un'interminabile serie di rampe, scalette a chiocciola strettissime e passaggi obbligati, si giunge infine alla terrazza superiore, che si trova alla base della lanterna, ad un'altezza di circa 120 metri. Da qui si gode uno stupendo panorama di Roma. Nelle giornate limpide la vista spazia dalle montagne innevate dei primi contrafforti dell'Appennino, fino al mare.

Lo spettacolo è straordinario, la sensazione che si prova è unica; si resta stupiti, ammirati, intimoriti quasi, di essere quassù, in cima alla cupola della chiesa costruita sul sepolcro di Pietro per essere il Tempio della Cristianità e di dominare Roma, una città la cui grandezza non ha pari nella storia del mondo.

fonte: Le Chiese di Roma

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IL BALDACCHINO




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