La Concattedrale dei Santi Nicola, Donato e Bonaventura sorge nella piazza centrale di Bagnoregio, nel cuore della Tuscia viterbese, in un luogo che affonda le sue radici nel cristianesimo delle origini. Eretta sul sito di una più antica chiesa dedicata a Santa Maria della Neve, la sua storia si lega profondamente ai mutamenti politici, religiosi e culturali dell’Alto Lazio.
Dopo il declino della vicina Civita, causato da un devastante terremoto nel 1695, papa Innocenzo XII trasferì ufficialmente la sede vescovile a Bagnoregio nel 1699. La collegiata di San Nicola, fondata nel XVI secolo, fu così elevata a cattedrale, arricchita dal titolo di San Donato e consacrata solennemente nel luglio del 1700.
Nel secolo successivo, sotto il vescovo Giovanni Carlo Aluffi e l’architetto Clemente Orlandi, la cattedrale subì un importante rifacimento che la trasformò nell’edificio attuale. La consacrazione definitiva avvenne nel 1779, con l’aggiunta del terzo titolare, San Bonaventura, nato proprio a Bagnoregio nel 1217.
Sulla facciata, rimodellata nel 1841, spiccano linee neoclassiche scandite da lesene e un frontone triangolare che la sovrasta, mentre accanto si eleva il campanile quadrato, alto circa 27 metri, la cui base incorpora antichi sarcofagi etruschi.
L’interno della Concattedrale è a navata unica, con tre cappelle laterali per lato, ornate da decorazioni in stucco e dipinti ottocenteschi. Gli affreschi furono realizzati tra il 1881 e il 1882 da Achille Monti e fra Silvestro dei Carmelitani Scalzi, che raffigurò sull’abside la Sacra Famiglia, i santi Nicola e Donato, e le vergini Vittoria e Teresa, mentre nei medaglioni trovano posto santi locali, tra cui Bernardo Janni e Sant’Ansano.
L’altare maggiore in marmi policromi domina la scena liturgica, mentre sotto l’arco trionfale è visibile un sarcofago romano del II secolo d.C., adattato a mensa liturgica secondo le norme post-conciliari.
Ma la presenza più preziosa e simbolicamente potente all’interno della Concattedrale è il Braccio Santo di San Bonaventura. Si tratta dell’unica reliquia rimasta del grande teologo francescano, dottore della Chiesa, dopo che gli Ugonotti, nel 1562, devastarono la sua tomba a Lione, disperdendo quasi completamente le sue spoglie.
L’unico frammento superstite è appunto il braccio destro, estratto solennemente il 14 marzo 1490 durante una ricognizione nella chiesa dei Francescani a Lione. L’anno successivo, il 1º maggio 1491, il prezioso arto fu donato a Bagnoregio dal vescovo di Vienne e dal Ministro Generale dell’Ordine francescano, Francesco Sansone.
Il braccio è custodito in un raffinato reliquiario d’argento dorato a forma di braccio benedicente, un capolavoro dell’oreficeria francese tardogotica. Questo oggetto non è soltanto una teca sacra: rappresenta un punto d’unione tra arte, teologia e devozione popolare. È conservato nella terza cappella a destra della navata, in un luogo silenzioso e raccolto, dove i fedeli possono sostare in preghiera.
La comunità di Bagnoregio ne ha fatto un simbolo identitario: il reliquiario fu infatti arricchito con oro e argento donati dalla popolazione nei secoli successivi al suo arrivo.
Ogni anno, il 14 marzo – data della traslazione – e soprattutto il 15 luglio – giorno della festa liturgica del santo –, la reliquia viene esposta solennemente e portata in processione per le vie del paese. La sera del 15, una suggestiva fiaccolata notturna attraversa le vie del borgo, con la sacra reliquia portata a spalla, tra preghiere, canti e commozione.
È un rito carico di significato, che lega il passato al presente e rinsalda il legame tra Bagnoregio e il suo figlio più illustre.
Nel 1986, con la soppressione della diocesi di Bagnoregio e l’unificazione alla diocesi di Viterbo, la chiesa perse il titolo di cattedrale per diventare concattedrale. Nonostante ciò, ha continuato a custodire con dignità la sua funzione liturgica e spirituale.
Dopo un cedimento strutturale del tetto nel 2011, l’edificio è stato restaurato e riaperto al culto nel 2014, restituendo alla comunità un luogo di grande valore religioso e culturale.