Ignazio, soprannominato Teoforo (portatore di Dio), abbracciò la fede per opera degli apostoli è particolarmente di S. Giovanni, di cui fu discepolo prediletto.
Ricevuta la sacra ordinazione, si distinse per le sue rare doti apostoliche, per cui gli Apostoli lo consacrarono vescovo d'Antiochia. Fu pieno di Spirito Santo e la parola di lui era dai fedeli accolta quale oracolo del cielo. Zelantissimo pastore e padre di anime, ebbe molto da combattere contro la perfidia dei Giudei e il furore dei pagani; ma col digiuno, preghiera e soda dottrina che possedeva, riuscì a dissipare le tenebre dell'errore e dell'eresia.
Anelava al martirio e l'ora giunse quando infierì la persecuzione di Traiano, il quale conoscendo la fiorente Chiesa di Antiochia, venne col proposito di fare strage del pastore e del gregge. Chiamò pertanto a sè Ignazio e così lo apostrofò: - Sei tu quel demonio che infrangi le mie leggi e spingi gli altri ad infrangerle? - Nessuno diede mai questo nome ad un servo di Gesù Cristo, rispose Ignazio, ma sappi, o imperatore, che i demoni fuggono alla sua presenza. - Tu dunque adori Gesù Cristo che Pilato fece crocifiggere? - Di' piuttosto che Gesù crocifisse il peccato per dare a coloro che credono in Lui il potere di trionfare sui demoni e sul peccato.
Impotente a vincere il fedele servo di Cristo, Traiano pronunciò l'ingiusta sentenza. Comandiamo che Ignazio, il quale si gloria di adorare il Crocifisso, venga legato, condotto a Roma e dato in pasto alle fiere, dopo aver servito come trastullo della plebe.
Il santo Vescovo ringraziò il tiranno e, legato, partì per Roma scortato da soldati che lo tormentarono in tutte le maniere.
Passando per le città d'Asia e della Grecia, edificò le varie comunità cristiane colla parola e coll'esempio d'invitto coraggio.
Durante questo viaggio scrisse sei lettere ai Cristiani di Efeso, di Magnesia, di Smime, di Traila, a S. Policarpo, incitando tutti a rimanere fermi nella fede e umilmente soggetti ai proprii vescovi, perchè solo per essi riceviamo dal Signore le grazie.
Scrisse anche una lettera ai Romani, dai quali temeva, per l'affetto che gli portavano, che gli impetrassero la liberazione, mentre egli null'altro bramava che il martirio. Infatti così scrive: « Sono frumento di Cristo e debbo essere macinato dai denti dei leoni; se questi divenissero mansueti e volessero risparmiarmi, io stesso li aizzerò: le mie catene gridino a voi di stringervi in un'incrollabile armonia di fede e di preghiera ».
autore: Cesare Fracanzanoanno 600titolo Martirio di Sant'Ignazio di Antiochia
Giunse a Roma l'anno 107 e, gettato nell'anfiteatro, le fiere lo sbranarono. Le sue reliquie furono portate ad Antiochia.
PRATICA. S. Ignazio ci insegna e ci raccomanda la filiale ubbidienza e il rispetto dovuto ai ministri di Dio, perchè il Signore ha detto: « Chi ascolta voi, ascolta me; chi disprezza voi, disprezza me ».
PREGHIERA. Riguarda, o Signore, la nostra debolezza, e ci protegga dal cielo la potente intercessione del beato martire e vescovo Ignazio.
MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria di sant'Ignazio, vescovo e martire, che, discepolo di san Giovanni Apostolo, resse per secondo dopo san Pietro la Chiesa di Antiochia. Condannato alle fiere sotto l'imperatore Traiano, fu portato a Roma e qui coronato da un glorioso martirio: durante il viaggio, mentre sperimentava la ferocia delle guardie, simile a quella dei leopardi, scrisse sette lettere a Chiese diverse, nelle quali esortava i fratelli a servire Dio in comunione con i vescovi e a non impedire che egli fosse immolato come vittima per Cristo.
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