Equizio visse in Abruzzo nel tempo in cui S. Benedetto stava scrivendo la Regula a Monte Cassino. Da giovane pare aver sofferto molto per ricorrenti tentazioni sessuali; divenne poi un eremita nella provincia di Valeria, mediante preghiera e disciplina riuscì a dominare le passioni, e infine si ritenne pronto per guidare altre persone.
Per prima cosa fondò un monastero ad Amiterno, poi altre case maschili e femminili. S. Gregorio Magno (3 set.) descrive Equizio basandosi sulle informazioni ricevute dal vescovo Albino di Rieti e da altri che lo conobbero personalmente. Quest'uomo visitava città, chiese, villaggi e case, predicando con successo, tanto che la sua fama arrivò fino a Roma. Vestiva poveramente e trasportava i libri (li preghiere in borse di cuoio appese a entrambi i lati di un cavallo piuttosto malconcio. Oltre a essere un ottimo oratore, Equizio aveva conservato la sua semplicità e, come molti altri abati dei primi tempi, non aveva ricevuto gli ordini sacri.
Quando un patrizio di nome Felice gli disse che non aveva il diritto di predicare senza specifico permesso, rispose che un giovane, durante una visione, gli aveva fatto un intervento divino alla lingua e da allora era obbligato a parlare di Dio.
Alcuni membri dell'alto clero romano si lamentarono della sua reputazione disdicevole e il pontefice decise di mandargli un presbitero di nome Giuliano a convocarlo.
Questi trovò Equizio con indosso gli stivali e intento a falciare il prato ma pronto a partire immediatamente; Giuliano, però, era stanco del viaggio e così i due si fermarono la notte. Il mattino seguente, tuttavia (così la storia racconta), un messaggero papale sopraggiunse per dire che il pontefice aveva avuto una visione nella quale Dio gli aveva fornito ottime informazioni su Equizio; egli era un uomo santo e non doveva essere disturbato. Equizio morì il 7 marzo dell'anno 560 circa, e in quello stesso giorno il suo corpo venne trasportato nella chiesa di S. Lorenzo a L'Aquila.
MARTIROLOGIO ROMANO. Nel territorio dell’odierna Umbria, sant’Equizio, abate, che, come scrive il papa san Gregorio Magno, per la sua santità fu padre di molti monasteri e, ovunque giungesse, schiudeva la fonte delle Sacre Scritture.
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