Sinforiano fu martirizzato ad Autun in Francia. A quell'epoca gli dèi preferiti nella città erano Cibele, Apollo e Diana. La statua di Cibele veniva portata in processione su un carro per le vie della città un giorno all'anno. Poiché Sinforiano si rifiutò di inchinarsi davanti alla statua, la folla lo circondò e lo portò da Eraclio, governatore della provincia. Eraclio gli chiese perché si rifiutasse di rendere omaggio a Cibele, madre degli dèi, e Sinforiano gli rispose che era cristiano, adorava l'unico vero Dio e che, se avesse avuto un martello, avrebbe distrutto i loro idoli.
Il giudice ritenne la risposta offensiva e sacrilega e chiese agli ufficiali se Sinforiano fosse un cittadino del luogo. Essi risposero che lo era e che proveniva da una famiglia nobile.
Il giudice chiese allora a Sinforiano se era troppo orgoglioso per obbedire o se non aveva sentito gli ordini dell'imperatore e gli fece leggere l'editto imperiale. Sinforiano però restò saldo nella sua posizione e venne fustigato e imprigionato; fu poi portato nuovamente davanti al tribuno, ma senza alcun risultato.
Eraclio allora lo condannò alla decapitazione per tradimento. Mentre veniva portato fuori dalla città, sua madre, dalle mura della città, gli gridò: «Figlio mio, figlio mio Sinforiano, ricordati del Dio vivente e sii coraggioso, Non temere. Stai per affrontare una morte che ti condurrà alla vita vera».
Fu decapitato e il suo corpo fu seppellito in una grotta vicino a una fontana. Alla metà del v secolo S. Eufronio, vescovo di Autun, costruì una chiesa sulla fontana in suo onore. Il villaggio e la chiesa di Veryan in Cornovaglia gli furono intitolate dopo il martirio.
MARTIROLOGIO ROMANO. A Autun nella Gallia lugdunense, ora in Francia, san Sinforiano, martire, che, mentre era condotto al supplizio, dal muro della città fu ammonito dalla madre con queste parole: «Figlio, figlio, Sinforiano, tieni a mente il Dio vivo. Oggi a te la vita non è tolta, ma trasformata in meglio».
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