Il Duomo di Orvieto nacque come monumento celebrativo del miracolo eucaristico di Bolsena, avvenuto nel 1263, quando un sacerdote boemo, dubitando della presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, vide gocce di sangue uscire da un’ostia consacrata durante la Messa. L’evento fu considerato segno divino e indusse papa Urbano IV a istituire la festa del Corpus Domini. Per custodire il corporale insanguinato, si decise la costruzione di una nuova grande cattedrale, che unificasse due chiese preesistenti e rispondesse alla crescente importanza religiosa di Orvieto.
La prima pietra fu posta nel 1290, sotto il pontificato di Niccolò IV. Il primo architetto fu Fra Bevignate da Gubbio, ma il progetto originale, ispirato al romanico, subì profonde trasformazioni grazie all’intervento di Lorenzo Maitani a partire dal 1309. Fu lui a imprimere al cantiere l’impronta gotica che ancora oggi caratterizza il duomo. I lavori si protrassero per oltre tre secoli, tra alterne fasi di slancio e stasi, coinvolgendo numerosi maestri e artisti, fino alla consacrazione definitiva nel 1591.
L’esterno colpisce immediatamente per la sua maestosa facciata, una delle più straordinarie d’Italia, che mescola elementi gotici francesi a decorazioni tipicamente italiane. La struttura a tre cuspidi è ornata da pinnacoli, statue, rilievi e mosaici dorati che raffigurano scene della vita della Vergine e di Cristo, culminando nell’Incoronazione della Madonna. Al centro spicca il grande rosone, realizzato da Andrea di Cione, detto l’Orcagna, contornato da sculture di profeti e dottori della Chiesa. Le tre porte principali, in bronzo, furono aggiunte nel 1970 dallo scultore Emilio Greco, con raffigurazioni delle opere di misericordia. Le pareti laterali alternano fasce orizzontali di basalto grigio e travertino chiaro, creando un effetto visivo sobrio ma potente, mentre la complessa decorazione della facciata impiega marmi bianchi e rossi, oro e vetro.
All’interno, la cattedrale si presenta a pianta basilicale, con tre navate divise da colonne binate di travertino e basalto. La navata centrale è più alta e termina in un’abside poligonale. Le superfici murarie alternano strisce bianche e nere, come a Siena e ad Assisi, secondo un gusto tipico dell’Italia centrale medievale. Il soffitto ligneo a capriate, le finestre ogivali e le ampie superfici murali donano all’ambiente una grande luminosità e spazialità.
L’abside conserva la splendida quadrifora in vetro colorato, opera di Giovanni di Bonino, realizzata tra il 1328 e il 1334, su probabile disegno di Maitani. Il coro ligneo, eseguito da Giovanni Ammannati nel Trecento, è riccamente intagliato e affrescato con scene della vita della Vergine ad opera di Ugolino di Prete Ilario. Fra le opere scultoree più importanti si trovano la Pietà di Ippolito Scalza, posta nella navata sinistra, e l’Annunciazione di Francesco Mochi, uno dei primi esempi di scultura barocca in Italia. Lungo le pareti sono collocate dodici statue lignee degli Apostoli, realizzate da celebri scultori come Giambologna, Mochi e Mosca. Nella zona inferiore dell’edificio si trovano la cripta, con sepolture vescovili e affreschi del XIV secolo, e un percorso archeologico che collega il duomo al Museo dell’Opera del Duomo.
Sul lato sinistro del transetto si apre la Cappella del Corporale, costruita tra il 1350 e il 1356 per custodire il lino miracoloso di Bolsena. L’ambiente è interamente decorato da affreschi di Ugolino di Prete Ilario, che rappresentano episodi dell’Antico Testamento legati al sacrificio eucaristico e la storia del miracolo. Il tabernacolo gotico, scolpito e dorato, contiene oggi una copia del corporale, mentre l’originale è conservato nel vicino museo. Di straordinario valore è anche il reliquiario d’argento dorato, opera di Ugolino di Vieri (1337–1338), un capolavoro dell’oreficeria medievale che raffigura ventiquattro scene della vita di Cristo e otto episodi del miracolo di Bolsena.
Sul lato destro del transetto si trova invece la Cappella di San Brizio, conosciuta anche come Cappella Nuova. I lavori di decorazione iniziarono nel 1447 con Beato Angelico e Benozzo Gozzoli, ma furono ripresi e completati da Luca Signorelli tra il 1499 e il 1504. Le pareti e la volta sono interamente coperte da un ciclo pittorico impressionante che raffigura l’Anticristo, il Giudizio Universale, la Risurrezione della carne, l’Inferno e il Paradiso. Le figure potenti e dinamiche di Signorelli, i nudi muscolosi, l’introspezione dei volti, e l’uso drammatico del colore e dello spazio rendono questo ciclo uno dei vertici assoluti della pittura rinascimentale italiana. La cappella fu concepita come un luogo di forte impatto spirituale, capace di trasmettere al fedele un senso di timore e speranza escatologica.
Il Duomo di Orvieto, nella sua unità architettonica e varietà decorativa, rappresenta uno dei massimi capolavori dell’arte italiana tra Medioevo e Rinascimento. Le sue cappelle, i suoi cicli pittorici, le sue sculture e le sue proporzioni armoniche lo rendono un tempio che ancora oggi incanta per equilibrio, bellezza e potenza spirituale.