Michele nacque a Torino nel giugno del 1837 da Giovanni e Giovanna Ferrero. Suo padre morì nel 1845, mentre ancora Michele frequentava la scuola elementare presso i Fratelli delle Scuole Cristiane, dove entrò in contatto con il cappellano, San Giovanni Bosco (31 gennaio), che lo impressionò profondamente. Su suggerimento di don Bosco, frequentò il ginnasio locale per due anni, dal 1850 al 1852, per poi entrare all’oratorio di Valdocco, a Torino, come convittore, cominciando a indossare l’abito da chierico.
Oratorio è il nome usato per indicare il complesso delle attività cresciute attorno all’originale attività giovanile fondata dal santo. Ai tempi di Michele, l’oratorio era usato per le classi serali, aveva anche una piccola cappella e lì don Bosco viveva. Con lo stesso nome oggi i salesiani indicano i centri giovanili gestiti insieme alle parrocchie o alle scuole, dove spesso vi è residente una comunità salesiana.
Nel 1854, Michele fu uno dei primi a operare con don Bosco per la fondazione della congregazione salesiana, dedicata alla «carità pratica verso il nostro prossimo» e ispirata alla dolce cordialità del suo protettore, San Francesco di Sales (24 gennaio). L’anno seguente pronunciò i voti religiosi. Durante l’epidemia di colera del 1855, si prese cura dei malati nelle zone più degradate della città, lavorò per un certo periodo come catechista e accompagnò San Giovanni Bosco nel suo primo viaggio a Roma. Nonostante fosse ancora solo suddiacono, fu nominato primo direttore spirituale dei salesiani; nel 1860 fu ordinato sacerdote e da allora in poi fu sempre a fianco di don Bosco, divenendo nel 1865 suo vicario ufficiale nell’opera di diffondere e guidare la nuova fondazione.
Nel 1863, ottenne un diploma di professore di ginnasio all’università di Torino e tali erano le sue capacità che l’abate Rayneri disse: «Se avessi sei uomini come don Rua, aprirei un’università». Era talmente efficiente nel ruolo di vicario che don Bosco chiese al papa, nel 1884, di dichiarare Michele suo successore alla guida dell’ordine, non solo per le sue doti amministrative. In un’occasione il santo affermò: «Se anche Dio mi avesse detto: "Immagina un giovane adorno di tutte le virtù e abilità maggiori che tu potresti desiderare, chiedimelo ed io te lo darò", io non sarei mai arrivato a immaginare don Rua». Nel 1888, alla morte di don Bosco, il papa confermò Michele come rettore maggiore dei salesiani.
All’epoca, la congregazione contava 64 case e 768 membri; alla morte di Michele, nel 1910, le case erano 341 e i membri oltre 4000. Fondò opere in 23 paesi, dalla Svizzera al Messico, alla Cina e al Sudafrica, sviluppando il lato missionario della congregazione e viaggiando instancabilmente in Europa, Egitto, Nord Africa e Palestina. Dopo uno di questi viaggi disse: «Ho visto la povertà ovunque ma grazie a Dio, nonostante ciò, ho visto anche migliaia di bambini tolti dalle strade e trasformati in onesti cittadini e buoni cristiani». I figli dei poveri erano la sua priorità, e secondo lui bastava poco per aiutarli: «Se desiderate salvare un quartiere povero, aprite un oratorio. Anche senza campi ed edifici, se siete veri salesiani, l’oratorio sarà dentro di voi».
Per la sua fedeltà alla regola dell’istituto e al fondatore fu soprannominato “regola vivente”. Passò gran parte della vita nell’amministrazione, e la sua esitazione, scrupolosità e perfezionismo lo rendevano a volte severo con i sacerdoti, ma era portato alla progettazione e all’innovazione educativa. Fondò gymnasia, circoli sociali, scuole professionali, corsi tecnici e commerciali, e ostelli. Don Bosco gli aveva detto: «Avrai molto lavoro da fare e molto da soffrire». In effetti, nel 1896 i salesiani furono espulsi dall’Ecuador, poi dalla Francia nel 1902. Nel 1907 a Varazze scoppiò una campagna diffamatoria contro di loro, che si concluse con un processo e l’espatrio dei calunniatori.
Questo episodio compromisse gravemente la salute di Michele. Nel 1908, un terremoto in Sicilia uccise nove sacerdoti salesiani e trenta alunni.
Fu sempre devotissimo di Maria Ausiliatrice, alla quale rimase legato tutta la vita.
Nel febbraio 1910 si ammalò gravemente e morì d’infarto il 6 aprile, a 73 anni. Fu sepolto a Torino accanto a don Bosco, e sulla sua tomba fu inciso: «Il secondo padre della famiglia Salesiana».
Alla sua beatificazione, avvenuta il 29 ottobre 1972, Paolo VI dichiarò:
«La famiglia Salesiana pone le sue origini in don Bosco e la sua continuazione in don Rua. Ha attinto tutto il proprio magistero dagli insegnamenti del santo, ha plasmato in profondità il comportamento sulla sua regola e ha fatto della sua santità un modello da seguire. Don Rua ha istituito una tradizione genuina».MARTIROLOGIO ROMANO. A Torino, beato Michele Rua, sacerdote, insigne propagatore della Società Salesiana.