Romano morì ad Antiochia durante la persecuzione di Diocleziano (284-305); in ogni caso, dato che era nato in Palestina, Eusebio, fonte delle informazioni su di lui, lo inserì nell'elenco dei martiri di Palestina. Romano è anche il soggetto di un panegirico di S. Giovanni Crisostomo (13 set.) e di un poema scritto da S. Prudenzio (6 apr.) in suo onore.
Diacono della Chiesa di Cesarea, quando iniziò la persecuzione, esortò i cristiani a rimanere saldi nella fede; vedendo che alcuni di loro, per paura, stavano per compiere sacrificio agli dèi pagani, li ammonì pubblicamente: perciò fu arrestato immediatamente, flagellato e condotto davanti al giudice, che lo condannò a essere arso vivo. Dato che il rogo venne spento da un forte acquazzone, l'imperatore, che si trovava ad Antiochia, ordinò di mozzargli la lingua; tuttavia Romano parlò ancora, lodando Dio, perciò fu legato al palo del rogo per un po' e poi strangolato in prigione. Prudenzio parla di un ragazzo di sette anni, di cui non dice il nome, che spinto da Romano, riconobbe il Dio dei cristiani e perciò fu decapitato. Eusebio non dice niente di lui, anche se tuttavia è citato con Romano nel Martirologio Romano, con il nome di Banda. Sembra molto più probabile che fosse un martire siriano chiamato Baralaha o Barlaam, che, attraverso alcune giustapposizioni in un antico elenco, è stato messo in relazione con Romano.
MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Antiochia in Siria, san Romano, martire, che, diacono della Chiesa di Cesarea, avendo visto durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano i cristiani obbedire alle disposizioni dei suoi decreti e affrettarsi verso i santuari degli idoli, li incitò ad alta voce a rimanere saldi nella fede e, dopo aver subito crudeli torture e il taglio della lingua, strangolato in carcere con un laccio fu coronato da un glorioso martirio.
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