Beata Giovanna Maria Bonomo

Beata Giovanna Maria Bonomo
Nome: Beata Giovanna Maria Bonomo
Titolo: Religiosa
Nome di battesimo: Giovanna Maria Bonomo
Nascita: 15 agosto 1606, Asiago, Veneto
Morte: 1 marzo 1670, Bassano, Veneto
Ricorrenza: 1 marzo
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Beatificazione:
9 giugno 1783, Roma, papa Pio VI


Maria Bonomo nacque il 15 agosto 1606 nella città di Asiago, capitale della Reggenza dei Sette Comuni in Lombardia. I suoi genitori, Giovanni e Virginia Ceschi di Valsugana, appartenevano entrambi alla nobiltà. Quando Maria aveva quattro anni, suo padre uccise un uomo, sospettandolo amante della moglie, e solo per riguardo alla figlia non fece altrettanto con la sposa; il padre passò dunque un certo periodo in prigione, e intanto nel 1612, quando la bambina non aveva ancora sei anni, Virginia morì.

Passarono tre anni e Maria venne mandata a studiare presso le clarisse di Trento dove a dodici anni scoprì la vocazione religiosa e chiese il permesso del padre per entrare in convento; Giovanni non solo lo negò immediatamente ed energicamente, ma, senza discutere, la portò via dal convento. Essa, tornata a casa, si trovò coinvolta in continue feste e distrazioni che, secondo i desideri del padre, avrebbero dovuto avvicinarla all'idea del matrimonio. Nel periodo in cui Maria era stata in convento, Giovanni si era sposato con Luisa Paurinfant. Luisa instaurò un buon rapporto con la figliastra verso la quale dimostrò grande comprensione, ma nemmeno la sua intercessione valse a convincere il marito.

Nel 1617, mentre Giovanni passava davanti a una chiesa, la folla raccolta all'esterno lo spinse a entrare: in quel momento un frate cappuccino stava predicando e rimproverava pubblicamente quei genitori che impedivano ai figli di seguire la vita monastica. 11 colpo andò a segno e Giovanni disse a sua figlia che se lo desiderava avrebbe potuto entrare in monastero; l'unica condizione che pose fu che la figlia non sarebbe dovuta andare fino a Trento, ma fermarsi in un monastero più vicino.

Fu così che venne scelto il monastero benedettino di S. Girolamo di Bassano, conosciuto all'epoca per la regola molto severa; Maria aveva quattordici anni e mezzo. Circa un secolo dopo il Concilio di Trento la maggior parte dei monasteri erano stati riformati secondo le direttive da esso imposte ed erano pochi quelli femminili che godevano dello stesso status di quelli maschili (e quei pochi dovevano appartenere a congregazioni che avessero sia frati sia suore).

I monasteri femminili che non rientravano in tale gruppo si trovavano quasi sempre sotto l'autorità del vescovo e questi poteva esercitare una fortissima influenza sulla vita interna del convento stesso; la cosa era particolarmente acuta specialmente quando avevano ampio potere il cappellano o il confessore, cioè non altri che gli incaricati del vescovo, che ben di rado erano monaci benedettini. Inoltre la carica di badessa aveva ben poco a che fare con la
tradizione di S. Benedetto. Per facilitare la riforma, papa Gregorio XIII aveva stabilito che la durata della carica di badessa non potesse essere superiore ai tre anni e questo periodo si rivelò troppo breve per portare a benefici: il passaggio di carica era così frequente da diffondere endemicamente la sensazione di un continuo rivolgimento.

Tali fattori ebbero un ruolo preponderante nella vita della nuova postulante.

Maria ricevette l'abito di novizia e il nome di Giovanna Maria nel giorno del suo quindicesimo compleanno e dopo appena dodici mesi, nel 1622, col voto unanime della sua comunità venne accolta la sua richiesta di professione. Aveva sedici anni, età minima consentita dal Concilio di Tremo: i suoi parenti e amici riempirono la chiesa per la funzione che si celebrò nel giorno della natività della Vergine Maria (8 set.). Con grande sgomento dell'assemblea, la novizia si interruppe bruscamente mentre leggeva la regola; avrebbe poi raccontato di essere entrata in estasi e di aver ricevuto l'apparizione di Nostro Signore, in compagnia di Maria, di S. Benedetto e di molti altri santi e angeli.

A tutto ciò seguirono una fase di grande consolazione spirituale e una, nel 1623, di bruciante aridità; all'inizio del 1631 iniziò a rivivere la passione di Cristo, spesso entrando in estasi dal giovedì fino al venerdì o anche al sabato. Si dice che sei anni dopo abbia ricevuto le stimmate e la grazia del matrimonio mistico. Fin quando le fu possibile, mantenne segrete le sue estasi, ma siccome queste si fecero sempre più frequenti e improvvise, tutti vennero a conoscenza del suo segreto e inevitabilmente Maria divenne causa di divisione sia all'interno che fuori della comunità. Molti la consideravano vittima di un inganno del diavolo, altri pensavano addirittura che fosse posseduta dal demonio e per di più la badessa venne coinvolta dall'inquisizione. La giovane suora pregò perché i doni straordinari le fossero tolti e le estasi controllabili, finché le sue preghiere vennero esaudite: i segni delle stimmate rimasero, ma le ferite si rimarginarono e le estasi del venerdì si confinarono nelle ore notturne. Poté così riprendere il suo posto nel coro e tornare all'anonimato. Spesso veniva chiamata in parlatorio per incontrare quelle persone che avevano bisogno delle sue preghiere e dei suoi consigli.

Alvise Salviano, suo confessore e sua guida spirituale, fu inizialmente scettico nei confronti di Giovanna Maria, ma poi le chiese di scrivere un rapporto di tutte le sue esperienze spirituali; il manoscritto venne sottoposto allo studio di altri teologi che lo approvarono. Alvise, una volta convintosi dell'autenticità della vita mistica della sua discepola, divenne suo amico devoto, sua guida e padre. Per circa dieci anni Giovanna Maria fu perseguitata dalla paura: paura della dannazione, di diavoli deridenti, di pensieri cattivi, aridità e oscurità. Incapace di mangiare e di dormire si ammalò, ma infine si sentì accompagnata dall'intercessione di S. Gaetano (7 ago.), fondatore dei teatini. Quando poco tempo dopo Alvise morì, Giovanna Maria recuperò il proprio manoscritto e lo bruciò.

Ricevuto l'incarico di superiora delle novizie, carica che includeva la cura pastorale non solo delle novizie, ma anche delle fanciulle, la giovane suora portò alla vita religiosa più persone di quante il convento stesso potesse accogliere. Si legò particolarmente a Caterina Miozzi, che aveva aiutato in un periodo di crisi di fede e di cui, una volta che questa fu entrata nel monastero, divenne confidente. Caterina, avendo avuto accesso ad alcuni scritti autobiografici della santa, è la principale fonte di informazioni sulla vita spirituale di Giovanna Maria. Dagli appunti rimastici di Caterina si evince il dono della sua superiora di saper vedere nell'anima del prossimo e la capacità di sfruttare quella dote per esercitare un discernimento sicuro. Grazie a Caterina appare inoltre evidente che l'argomento principale dell'insegnamento di Giovanna era la virtù dell'umiltà, dote che essa considerava condizione determinante per la santità.

Giovanna Maria, ormai molto conosciuta, assediata da visitatori e da lettere, cominciò a desiderare di rimanere sola, al punto che chiese al suo confessore di potersi trasferire presso i cappuccini. Il suo destino fu in realtà una solitudine più sofferta che cominciò quando, coloro che all'interno della comunità le erano ostili, inizialmente quattro suore, si rafforzarono fino ad arrivare a sollecitare il sostegno del clero, del vescovo e del suo vicario generale. Nel 1643 il vicario arrivò presso il convento di Bassano per una visita pastorale e per presiedere all'elezione della badessa.

Venne eletta Giovanna Maria, ma il monsignore annullò la votazione sostenendo che essa non fosse eleggibile da un punto di vista canonico perché troppo giovane. Le sue consorelle riuscirono almeno a farla nominare assistente della badessa, ma a quel punto il vicario cominciò a legarle le mani. Le proibì qualsiasi corrispondenza a eccezione di quella con il padre, solo raramente le permise di recarsi in parlatorio per vedere i parenti e le concesse di aiutare la badessa per la corrispondenza a patto che dichiarasse ogni volta che stava scrivendo a nome della badessa e che non aggiungesse mai un posi scriptum personale.

In quell'occasione venne anche nominato il nuovo confessore, Domenico de Veglia; uomo retto, esemplare, ma presuntuoso e, forse involontariamente, crudele. Egli si immedesimò moltissimo nell'ostilità che il vicario generale aveva nei confronti della veggente: rifiutava di ascoltarla se parlava di se stessa, la trattava con disprezzo in pubblico e in privato, le negava il permesso di fare qualsiasi penitenza e la cacciava fuori dal confessionale. Giovanna Maria mantenne tuttavia un atteggiamento molto rispettoso nei confronti del confessore e scrisse al padre di non provare risentimento e di ritenersi privilegiata per la propria sofferenza: «La più grande pena per me sarebbe quella di non avere nessuna pena». La comunione le era ormai concessa solo due volte all'anno e così, sempre rivolgendosi al padre, scrisse: «Vivo come se stessi morendo, ma sono felice. Rassegnarmi alla volontà divina mi dona pace; lascio che tutto scorra sopra di me come l'acqua scorre verso il mare».

Giovanni Bonomo, che grazie all'influenza della figlia si era convertito a Dio, era ormai diventato uno dei suoi confidenti più fidati, ma fu costretto per sette anni a interrompere i contatti epistolari con la suora, che in quel periodo aveva ricevuto il divieto assoluto di scrivere e ricevere lettere.

Nel 1652 si dovette votare una nuova badessa: venne eletta ancora una volta Giovanna Maria e questa volta il vicario generale non poté avanzare alcuna obiezione; fu invece la neoeletta che, sentendosi incapace di sostenere il peso dell'incarico, spinse per il rifiuto e solo dopo molte ore di preghiera iniziò ad accettare il fatto come volontà di Dio. Il modo con cui condusse l'abbazia fu la perfetta dimostrazione che non c'era incompatibilità tra l'unione mistica a Dio più elevata e l'amministrazione pratica. Giovanna Maria si dimostrò una grande badessa, riformatrice e perfettamente in linea con lo spirito del Concilio di Trento. Il modo che preferiva nel rapportarsi con la comunità era quello di comprendere e avere compassione, ma ciò che valeva di più era il suo esempio: fu ferma nell'insistere sull'osservanza monastica, nell'incoraggiare le consorelle nella preghiera, scacciò la mondanità penetrata nel monastero, ma mantenne sempre un atteggiamento gentile e pietoso nei confronti di qualsiasi necessità. La grande generosità che dimostrava verso i poveri spinse una suora che si occupava dell'amministrazione ad accusarla di sperperare i beni del monastero e tale voce giunse fino alle orecchie del vescovo; egli chiese di vedere i registri ma da essi risultò chiara l'infamia: il convento e la chiesa erano stati restaurati, tutti i debiti saldati, le monache ben accudite e vi erano ancora fondi a disposizione. La sua carica di badessa giunse a scadenza nel 1655 e siccome non poteva essere rieletta immediatamente, venne nominata priora. Il vicario generale tenne segreti i risultati della votazione e portò le urne elettorali al vescovo aspettandosi, a torto, che le annullasse.

Nel 1660 venne nominato un nuovo vescovo, ma le cose non cambiarono di molto perché anch'egli era assai scettico nei confronti dei mistici. Nel 1661 si recò a S. Girolamo per assistere all'elezione della badessa. La maggioranza dei voti fu ancora una volta a favore della badessa uscente, così il vescovo ordinò un nuovo scrutinio, che però non cambiò il risultato. Egli allora dichiarò nullo il voto; Giovanna Maria, per risolvere la situazione di stallo, ritirò la propria candidatura per aprire la strada a un'altra suora e tornò alla propria vita di isolamento: si riteneva ancora soggetta ai divieti della curia in materia di visite e corrispondenza visto che questi non erano ancora stati rimossi ufficialmente. Una badessa comprensiva riuscì a convincere la curia a eliminare il divieto di frequentare il parlatorio e così la santa poté ricominciare la sua opera di apostolato.

Nel 1664 ci furono nuove elezioni, ma questa volta non vi furono interferenze e il desiderio della maggioranza di scegliere Giovanna Maria venne rispettato. Sarebbe stato il suo secondo e ultimo mandato, quello sotto il quale S. Girolamo divenne casa di preghiere ferventi e modello di ortodossia.

L'inno della badessa alle virtù della fede era il frutto di una dura lotta contro tutti gli ostacoli immaginabili: «Senza fede tutto è vano, la fede è il rimedio a ogni male e tentazione, con la fede possiamo superare ogni difficoltà e senza fede niente può riuscire». La sua fede venne messa ancora a dura prova quando la curia diocesana diede l'incarico dí amministratrice a una delle suore che ancora le erano nemiche, Teresa Fava, per tenere sotto controllo la generosità della badessa. In quel periodo, però, in Lombardia vi fu una grande carestia e tutte le ricchezze furono prosciugate dalla guerra contro i turchi. Molti poveri si recavano al monastero in cerca di cibo e non venivano mai respinti dalla superiora: in un'occasione essa, per preparare loro del minestrone, fece anche utilizzare le ultime verdure rimaste in casa; la cosa suscitò l'ira della celleraria ma il giorno successivo arrivò al convento un carro pieno di verdure regalate.

Benché il fratello di Teresa Fava fosse stato ferito in guerra e la badessa avesse fatto di tutto per aiutarlo, nulla sembrava addolcire la posizione della consorella.

Nel 1667 venne incaricato un nuovo confessore, Giovanni Battista Freschi, che non si dimostrò più accomodante dei predecessori: quando a esempio la badessa decise di far erigere un muro di recinzione per assicurare maggior riservatezza alla vita monastica, il prete, che considerava tale decisione di propria pertinenza, lo fece abbattere immediatamente. Egli utilizzava il confessionale per insultarla e maltrattarla e tutte le suore in attesa potevano sentire le urla di rabbia dcl sacerdote. Giovanna Maria non si scompose e, quando ci furono le nuove elezioni, ricevette un'altra volta il posto di priora.

Nel 1670 si ammalò gravemente e l'1 marzo di quell'anno morì; Teresa Fava, l'ultima delle sue nemiche ad ammettere di aver sbagliato giudizio, cominciò a pregare ogni giorno per avere il perdono della santa. Giovanna Maria è stata beatificata il 9 giugno 1783 e quando nel 1810 venne distrutto il monastero, le sue reliquie sono state trasportate in una chiesa parrocchiale di Bassano.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Bassano in Veneto, beata Giovanna Maria Bonomo, badessa dell’Ordine di san Benedetto, che, ricca di doni mistici, fu partecipe nel corpo e nell’anima dei dolori della Passione del Signore.

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